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Paradossi e lentezze per i bandi europei alla calabrese

LAMEZIA TERME C’è uno spettro che si aggira tra i disoccupati calabresi che vogliono partecipare al bando per l’autoimpiego. Non è il comunismo, sono i costi immateriali che – un po’ per via delle …

Pubblicato il: 18/05/2017 – 14:41
Paradossi e lentezze per i bandi europei alla calabrese

LAMEZIA TERME C’è uno spettro che si aggira tra i disoccupati calabresi che vogliono partecipare al bando per l’autoimpiego. Non è il comunismo, sono i costi immateriali che – un po’ per via delle direttive europee, un po’ grazie al contributo del dipartimento Programmazione della Regione – la fanno da padroni nelle spese da programmare e certificare. «Una volta scelto il progetto da portare avanti, i disoccupati dovranno inventarsi le spese», dice un consulente alla prese con quello che – da semplice bando – si è trasformato in un rebus complicato. La frase è un paradosso e «inventarsi le spese», nella regione delle sovraffatturazioni e delle truffe ai fondi europei, è un’espressione che può suonare sinistra. Spieghiamola meglio. Per farlo si deve considerare una delle caratteristiche del bando per l’autoimpiego (pensato dalla Regione per offrire possibilità soprattutto ai giovani disoccupati). Chi vorrà presentare un progetto – finanziabile fino a un massimo di 40mila euro, il 75% dei quali a fondo perduto – ha due possibili canali di spesa da utilizzare: quella immateriale (utenze telefoniche, affitti, attività di promozione e marketing, corsi di formazione) e quella materiale (ad esempio l’acquisto di attrezzature o la ristrutturazione di un locale). Le prime potrebbero coprire in teoria anche il 100% del finanziamento, le seconde devono fermarsi obbligatoriamente al 50%. Serve qualche esempio concreto: ammettiamo che un disoccupato (o un neolaureato) voglia avviare un’attività per la quale ha bisogno di un macchinario che sa già usare, uno strumento innovativo e costoso per il quale deve investire 20mila euro. Bene, una volta acquistato dovrà trovare il modo di impegnare altri 20mila euro. Sarà costretto a spendere in pubblicità, oppure a trovare un locale in affitto che non sia troppo conveniente. Siamo ai confini della filosofia: materiale e immateriale devono essere compensati (sempre nel caso in cui non si scelga di investire tutto sul secondo). Il punto – stando alle segnalazioni che ci sono arrivate – è se il bando così congegnato sia realmente ciò che serve ai disoccupati calabresi. «Si “rischia” di spendere migliaia di euro in corsi di formazione, tanto per fare un esempio», conferma il consulente che abbiamo interpellato, «e forse le priorità sono altre. Sarebbe tutto più facile se si cercasse di mettere in piedi un’attività come un negozio di abbigliamento: l’acquisto dei mobili costerebbe qualche migliaio di euro. E poi il resto in beni immateriali per una cifra “normale”: non ci sarebbe bisogno di inventarseli». Ma, di nuovo, è davvero questo che serve ai giovani senza lavoro? Ai risultati del bando la sentenza. 

I TEMPI STRINGONO Chi, invece, si aspetta risultati in tempi rapidi sono le aziende che hanno partecipato ai bandi più attesi degli ultimi tempi. Che sono quattro: per l’Ict, Macchinari e impianti (quello annullato per gli errori nel clic day), Ricerca e Sviluppo e Internazionalizzazione. Si tratta di aiuti sui quali le aziende calabresi contano molto, per rinnovarsi e tornare a investire dopo anni di crisi. La competizione tra i progetti è partita da diverse settimane: le domande sono state presentate tra il 17 febbraio e i primi di marzo. Ora è questione di tempo, ma ci sono limiti precisi che l’amministrazione regionale non può superare. L’iter, secondo le norme, «deve concludersi entro 90 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle istanze o dalla chiusura della finestra temporale nel caso di procedure a sportello». Per le prime due procedure – la presentazione delle domande che riguardano Macchinari e impianti e Ricerca e Sviluppo è avvenuta rispettivamente il 17 e il 28 febbraio – i termini canonici sono quasi scaduti. I 90 giorni nel primo caso sono già arrivati, nel secondo lo saranno presto. Per fortuna in Calabria l’eccezione del ritardo diventa la regola nel dipartimento gestito dal dg Paolo Praticò e «per la complessità del provvedimento il direttore generale dell’asse prioritario dell’intervento può fissare un termine più ampio e comunque non superiore a 180 giorni». La burocrazia può prendersi altri tre mesi di tempo. Certo, se iniziasse a fare qualcosa per concludere le gare molti imprenditori ringrazierebbero. 

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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