REGGIO CALABRIA Una sentenza tombale. La Corte di Cassazione ha dichiarato la «totale inammissibilità» dei ricorsi presentati da Giorgio De Stefano e da Alberto Sarra avverso l’ordinanza di custodia di cautelare di cui sono stati destinatari nell’ambito dell’indagine Mammasantissima, coordinata dal pm Giuseppe Lombardo.
Difesi rispettivamente dagli avvocati Carlo Taormina e Paolo Tommasini, e dai legali Alessandro Sammarco e Danilo Sarra, i due imputati sono stati anche condannati al pagamento delle spese – 1.000 euro per De Stefano, 1.500 per l’ex sottosegretario Sarra – da versare nella cassa delle ammende. Una sentenza cristallina – e durissima – per De Stefano e Sarra, oggi inchiodati da un impianto accusatorio che la Suprema Corte considera corretto e credibile.
Un punto importante per la Dda di Reggio Calabria, che con il maxi- processo Gotha – scaturito dall’unificazione di più di sei inchieste – ha innovato e riscritto la concezione della ‘ndrangheta, provando l’esistenza di una nuova struttura, diversa dall’ala militare, e dall’enorme valore strategico.
Già emersa nel procedimento Meta come livello necessario, in Gotha la ‘ndrangheta invisibile viene non solo fotografata nella sua complessa strutturazione, ma anche messa a nudo, con l’individuazione dei suoi organismi di vertice. Una “cupola” di cui farebbe parte anche l’avvocato De Stefano, per il quale – dice chiaramente oggi la Cassazione – ci sono gravi indizi di colpevolezza. Stesso lapidario giudizio arriva per l’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra, considerato dagli inquirenti in rapporti con la direzione strategica della ‘ndrangheta tutta.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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