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«La mia ricetta per le fusioni (necessarie) dei Comuni»

RENDE Francesco Aiello, docente Politica economica all’Unical, è uno dei fondatori di Opencalabria, portale di divulgazione economica che – partendo dai big data – prova ad aprire la scatola della …

Pubblicato il: 26/05/2017 – 9:20
«La mia ricetta per le fusioni (necessarie) dei Comuni»

RENDE Francesco Aiello, docente Politica economica all’Unical, è uno dei fondatori di Opencalabria, portale di divulgazione economica che – partendo dai big data – prova ad aprire la scatola della regione per elaborare proposte di sviluppo locale. L’idea è quella di costruire un laboratorio di idee e di offrire tracce utili a capire cosa c’è di buono da valorizzare in un territorio così difficile. Un compito complicato, che docenti e collaboratori del portale portano avanti da quasi due anni. E che si àncora all’attualità. La politica dibatte (e si accapiglia) sulle fusioni dei comuni? I prof e i redattori del sito analizzano dati, propongono strade, segnalano possibili soluzioni. Proprio delle fusioni abbiamo discusso con Aiello.  

Spesso gli esempi di efficienza amministrativa – a livello locale – riguardano i piccoli Comuni. Pensiamo alla raccolta differenziata, che ha percentuali altissime in centri di dimensioni ridotte. La percezione comune è che aumentando le dimensioni dei centri i problemi diventino più vasti e ingovernabili. Siamo proprio sicuri che le fusioni convengano?
Considerate le attuali condizioni macroeconomiche orientate alla razionalizzazione della spesa pubblica, non ci sono dubbi che, in media, le fusioni convengano, in particolare per i comuni con meno di 4-5 mila residenti. Sebbene non abbia senso concentrarsi solo su un singolo servizio, supponiamo che la fusione avvenga tra 3 comuni, di cui uno virtuosissimo nella gestione della differenziata, ma con pochissimi abitanti, e gli altri due meno virtuosi, ma più grandi. Immaginiamo che qualche buona pratica del comune virtuoso nella gestione della differenziata sia fatta propria dal Nuovo Comune (cosa auspicabile per tutti i servizi). Avremo un Nuovo Comune con un tasso di raccolta della differenziata che sarà più basso di quello che osservavamo nel comune virtuoso e più alto di quello degli altri due comuni. Non è detto che sia una cosa cattiva, poiché l’incremento che osserviamo nei due ex comuni non virtuosi interessa un numero elevato di persone rispetto ai pochissimi residenti del virtuoso ex-nano comune. Nel tempo la buona pratica dell’ex comune virtuoso potrebbe essere un “credo” per il Nuovo Comune. La sintesi: dipende da come vengono gestite le cose. Peraltro, la regola generale, per rimanere sulla raccolta differenziata, è che in Calabria i tassi di raccolta sono bassissimi nei piccoli comuni, a parte qualche puntiforme esperienza molto positiva di pochi comuni, che potrebbero, però, essere inefficienti in altre attività o basarsi su un modello di governance non sostenibile in termini finanziari nel medio periodo. Il mio orientamento, ampiamente condivisibile, è che la valutazione debba interessare tutti gli aspetti dell’efficienza amministrativa e non solo una questione.

La nascita dei Casali del Manco è diventata una polemica sull’autodeterminazione dei cittadini di Spezzano Piccolo. Cosa pensa di come è stato gestito quel processo di fusione? Crede che l’approccio legislativo debba essere modificato?
È un tema che va oltre il perimetro della mia specializzazione. Quello che ho osservato è che le modifiche introdotte dal consiglio regionale a fine 2016 si sono rilevate un errore perché non hanno fissato i dettagli normativi su ciascuna specifica fattispecie di esito referendario. In tale direzione, quelle modifiche hanno consentito di trattare la materia così come disciplinato dalle norme più generali. Ho anche osservato, con molta curiosità, come gli “esperti” di fusioni abbiano preso coscienza della questione dopo il referendum consultivo, mentre potevano attivarsi in consiglio regionale e sul territorio nei mesi intercorsi tra novembre 2016 e fine marzo 2017. Sull’ultimo punto della sua domanda, posso dire con fermezza che non esiste dubbio alcuno che il riassetto istituzionale del governo locale debba essere meglio indirizzato rispetto a questo fatto finora. La Regione Calabria deve riappropriarsi del ruolo che le compete in materia e assumersi la responsabilità di affiancare e sostenere i comuni sia nella fase pre-fusione sia in quella post-fusione. Qua, invece, si stanno concentrando le energie e gli interessi solo sulla dimensione legislativa che compete al consiglio regionale. La mia opinione è che nella filiera istituzionale e decisionale di un processo di fusione tra comuni, l’aspetto legislativo sia non solo quello meno importante, ma anche quello più veloce da risolvere rispetto alle cose da fare sul territorio nel periodo che intercorre tra la nascita di un progetto di fusione e l’elezione del nuovo consiglio comunale.

Tracciamo uno scenario possibile. Cosenza, Rende e Castrolibero (e magari anche Montalto) decidono di fondersi: cosa potrebbe accadere – in termini di tributi, servizi, infrastrutture e possibilità di intercettare finanziamenti – alla nuova città nel giro di cinque-dieci anni? 
Per almeno due motivi non credo molto che si possa realizzare nel breve periodo un’area urbana così estesa. In primo ruolo, perché è ancora molto diffusa la cultura che i grandi schiacciano i piccoli (soprattutto nel supermercato della politica). Inoltre, un passaggio molto delicato è di capire come impostare, per il futuro, una corretta gestione delle condizioni finanziarie pregresse. Accetto, tuttavia, la sfida di accennare una possibile risposta. I quattro comuni potrebbero contare su un bacino di 132mila residenti e una superficie di poco superiore a 181Kmq. Si tratta di numeri che potrebbero consentire al nuovo comune di pensare in “grande”, aumentando, per esempio, la possibilità di intercettare più facilmente opportunità di finanziamento non altrimenti attivabili con le attuali dimensioni. Conoscendo lo stato di salute attuale dei bilanci comunali, l’eventuale nuova progettualità restituirebbe alla figura del sindaco la possibilità di esercitare il suo ruolo di indirizzo dell’azione amministrativa sul territorio senza limitarsi ad essere un mero esecutore di ragioneristiche regole di tenuta dei conti in ordine. Peraltro, oggi, fare spesa, soprattutto quella più “allegra”, è una missione molto più difficile rispetto al passato dato che le nuove regole impongono ai comuni di avere “i soldi in cassa”. La finanza sui grandi progetti, laddove gestita in modo efficace, sarebbe, quindi, l’elemento su cui puntare per (a) aumentare la varietà e migliorare la qualità dei servizi offerti ai cittadini, quali, per esempio, i servizi idrici, il trasporto locale, la gestione dei rifiuti, l’accessibilità. Servirebbe anche per abbassare la tensione sui bilanci, riducendo il macigno degli attuali tassi e livelli di indebitamento. È anche certo che ci sarebbe un recupero di efficienza della macchina amministrativa, in cui, per esempio, salvaguardando i quattro municipi, la centralizzazione delle attività uniformerebbe a bassi costi le procedure ed esalterebbe le specializzazioni delle varie professionalità oggi disperse nei 4 comuni. A regime, una gestione più efficiente della spesa consentirebbe di distribuirne i vantaggi sui cittadini, abbattendo anche il carico dei tributi locali.

Le analisi di OpenCalabria dimostrano numeri alla mano che, in certi casi, unirsi conviene. Le fusioni, in scala ridotta, potrebbero però avere un “effetto Unione europea”, cioè quello di mettere assieme – su basi puramente numeriche – città che non si “sentono” troppo simili. Penso alla polemica, già sorta prima dell’inizio del vero e proprio iter di aggregazione, sul nome da dare alla città che potrebbe nascere dall’unione tra Cosenza e Rende. C’è qualche rischio in un approccio che metta i numeri davanti al rapporto sentimentale delle persone con i “loro” luoghi?
Al momento, escluderei questi rischi. Stiamo parlando di aggregazioni che devono essere promosse dalle comunità e dalle istituzioni che desiderano accettare la sfida della fusione. È un progetto certamente tortuoso
e difficile, ma che alla fine – allo stato attuale delle condizioni macroeconomiche – può essere l’unica soluzione per consentire di avere una buona amministrazione delle comunità di provenienza. Queste ultime, ovviamente, manterranno le loro identità. L’analisi economica delle convenienze ad aggregarsi deve limitarsi a svolgere il mero compito di informare su cosa potrebbe succedere in caso di mantenimento dei comuni indipendenti e in caso di fusione. Studiando caso per caso, confrontando i vantaggi e gli svantaggi relativi alle varie opzioni. In molti casi che riguardano numerosi piccoli comuni calabresi, penso che la fusione sia un percorso necessario, ma sono anche molto convinto che l’avvio debba essere promosso e stimolato dalle comunità dei singoli comuni. Non siamo ancora giunti allo scenario di avere fusioni imposte per legge. 

A parte quelle già in cantiere o deliberate, quali sono le fusioni tra Comuni più “convenienti” nel panorama calabrese?
Domanda difficile. Per rispondere in modo puntuale, occorrerebbe conoscere e avere informazione sull’intera mappa delle criticità e delle opportunità di tutti i comuni calabresi e non è una cosa banale. Dalle richieste di informazioni che ricevo con frequenza quasi quotidiana, so che esiste molto fermento in tutte le provincie. In alcuni casi replico che non ha senso pensarci. In molti altri casi suggerisco di stare sul pezzo. Ora, a valle di molte valutazioni “numeriche”, una regola generale che mi sentirei di proporre per ragionare sulla convenienza è la seguente: la prossimità geografica di comuni di piccola dimensione con caratteristiche orografiche simili è l’elemento su cui basare l’avvio di una riflessione sulla fusione. Se la riflessione e la valutazione partono dal basso è meglio. Aggiungo che l’avvio della partecipazione attiva e democratica è quasi fisiologica in caso di preesistenti forme di integrazione sociale e culturale. Se applichi queste semplici quattro regole (prossimità, piccola dimensione, similitudini, integrazione reale) al caso calabrese, otterrai un elevatissimo numero di potenziali e auspicabili fusioni. Direi, anche necessarie. 

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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