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Il paladino dell’antindrangheta era socio di un boss

CATANZARO Nei brogliacci dell’inchiesta “Jonny” ci sono passaggi imbarazzanti per il presidente della commissione Antindrangheta del consiglio regionale Arturo Bova. Svelano i suoi rapporti d’affar…

Pubblicato il: 29/05/2017 – 20:36
Il paladino dell’antindrangheta era socio di un boss

CATANZARO Nei brogliacci dell’inchiesta “Jonny” ci sono passaggi imbarazzanti per il presidente della commissione Antindrangheta del consiglio regionale Arturo Bova. Svelano i suoi rapporti d’affari con un uomo, Leonardo Catarisano, 63 anni, che gli investigatori dell’antimafia catanzarese ritengono uno dei vertici del clan di Roccelletta di Borgia, finito nel mirino dell’operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro. Legata agli Arena di Isola Capo Rizzuto, la famiglia, secondo quanto ricostruito in maniera capillare dalla Direzione distrettuale antimafia e dai militari del Nucleo investigativo, sarebbe impegnata in reati «contro il patrimonio, in materia di armi, stupefacenti, estorsioni, nonché acquisire in modo diretto o indiretto, la gestione o comunque il controllo, di attività economiche, infiltrandosi nella relativa gestione nei diversi ambiti commerciali e imprenditoriali, anche nel settore i villaggi turistici e delle attività recettive, forniture per la realizzazione di opere pubbliche o private, forniture per servizi vari sul territorio». L’organizzazione è stata peraltro riconosciuta da due procedimenti penali: 3563/2009 e 3968/2011.

L’IMPRESA GIFE Ma le indagini di Jonny ci mostrano anche un Leonardo Catarisano imprenditore. L’esponente di vertice della cosca viene indicato anche quale amministratore della Gife sas di Catarisano e C, un’azienda di rivendita di materiali edili che subirà dei cambiamenti nel corso del tempo. Istituita il 27 gennaio 1997 – «(socio accomandatario Leonardo Catarisano, soci accomandanti Antonio Severini e Teresa Pilò, Leonardo Catarisano) con sede in via Risorgimento di Roccelletta di Borgia» –, il 5 gennaio 2001 la Gife sas cede l’impresa alla Gife srl (appositamente costituita a novembre del 2000) e passa da società di persone a società di capitali la cui caratteristica principale è quella di avere un patrimonio separato rispetto quello dei singoli soci. La Gife srl risulta attiva nel commercio all’ingros­so e/o al dettaglio del settore non alim­entare; nonché la co­struzione e l’acquis­to di edifici civili, commerciali e indu­striali e di opere connesse; movimento terra, costruzione, gestione di strutture turistico alberghie­re; noleggio a caldo e/o a freddo di automezzi, macchinari ed attrezzature edile. Attualmente la Gife risulta composta da due soci, il socio di maggioranza Antonio Severini, 50 anni, che detiene il 66,67% delle quote e Leonardo Catarisano che ne detiene il 33,33%.

GLI AMMINISTRATORI E IL RUOLO DI ARTURO BOVA La Gife srl da gennaio 2001 a settembre dello stesso anno ha avuto come amministratore unico Giovanni Bova il quale è stato poi sostituito in questo ruolo da Arturo Bova, attuale consigliere regionale di maggioranza in quota Dp e presidente della commissione regionale Antindrangheta. Le visure camerali conducono gli inquirenti al politico, che da settembre 2001 ha ricoperto il ruolo di amministratore unico della Gife srl, ruolo confermato nel 2005 e rimasto invariato fino ad aprile 2008. Bova risulterebbe inoltre già titolare di 6.800,12 quote nominali pari ad un terzo dell’in­tero capitale della Gife srl. Secondo quanto si è potuto apprendere da fonti investigative, il politico avrebbe donato le proprie quote al socio Antonio Severini nel marzo 2012.

CHI È LEONARDO CATARISANO Leonardo Catarisano viene considerato dagli inquirenti «esponente di vertice della cosca di ndrangheta sinteticamente denominata come cosca Catarisano». L’epicentro del territorio controllato dal clan è Roccelletta di Borgia. Per Leonardo Catarisano, 63 anni, detto Nando, il percorso per salire al vertice della cosca non è stato facile e non è avvenuto in tempi brevi ma al termine di una sanguinosa guerra di una «sanguinosa faida scatenatesi tra Borgia e Roccelletta di Borgia, consumatasi negli anni 2000».
Ma il sangue a Borgia ha radici lontane, in un territorio sottomesso alla violenza. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Nucleo investigativo «storicamente, il comune di Borgia ricadeva sotto l’influenza criminale di Antonino Giacobbe, classe 1920, che era coadiuvato nella sua attività criminale da Saverio Barbieri, alias “u tirannu”». I due vennero arrestati per omicidio nel 1975 e nel corso della loro assenza le redini della cosca vennero rette da Virgilio La Cava. Quando, nel 1989, i due ottennero la semilibertà e cercarono di riprendere la guida della compagine ‘ndraghetistica, trovarono l’opposizione di La Cava che creò una scissione coi vecchi capi. Nel 1989 si registra la prima faida interna alla cosca che lasciò sul campo i corpi senza vita di otto persone, compreso Virgilio La Cava e suo figlio Antonio. In questo contesto sanguinoso e violento era emersa la figura di Salvatore Pilò, ritenuto vicino alla cosca Arena, che aveva cementato il suo legame col vecchio Giacobbe grazie a matrimoni e vincoli di parentela. La sua presenza e l’influenza che Pilò aveva col boss non piacevano a Barbieri “u tirannu”. Nel 1993 le armi riprendono a farla da padrone nel territorio di Borgia e fino al 1998 si contano otto morti. Nel frattempo, all’interno del gruppo di Salvatore Pilò emergono i nomi di Salvatore Abruzzo e Leonardo Catarisano il quale aveva sposato una nipote di Salvatore Pilò, figlia di suo fratello Francesco, cementando a doppia mandata il suo rapporto con la cosca e avviandosi a diventarne il reggente. Dalle indagini dei carabinieri, coordinati dalla Dda di Catanzaro, emerge che Catarisano «a seguito della sanguinosa faida scatenatesi tra Borgia e Roccelletta di Borgia, consumatasi negli anni 2000, assumeva la reggenza del sodalizio di Roccelletta di Borgia».

LA FAIDA CON I COSSARI A contendere il potere a Salvatore Pilò, soprattutto per assumere il controllo di attività illecite come estorsioni e traffico di droga, c’è un gruppo nel quale emerge il gruppo dei Cossari di cui è a capo Salvatore Cossari. È questa la ragione che farà scoppiare la terza faida, quella degli anni 2000, nella quale il 28 maggio del 2004 verrà assassinato, nel parcheggio del centro commerciale “Le fornaci”, di Catanzaro Lido lo stesso Salvatore Pilò. Non solo. Nel rosario di morti che si susseguono lo stesso Nando Catarisano ha subito un attentato mentre accompagna la figlia a scuola il 23 maggio 2008. Erano le 7:30 del mattino quando, a bordo della sua Nissan Micra viene affiancato da due soggetti a bordo di una moto di cui uno indossava un casco nero. Gli esplodono contro diversi colpi di pistola calibro 9×21. Catarisano rimane ferito e ricoverato all’ospedale Pugliese di Catanzaro mentre sua figlia riporterà lievi ferite a un braccio. I killer non avevano usato particolari “riguardi”  con la loro raffica di proiettili. Sarà comunque il 2008 l’anno decisivo. Pochi giorno dopo l’attentato a Catarisano, il 31 maggio 2008, verrà assassinato Salvatore Cossari e partirà l’ascesa di Nando Catarisano. A quel tempo, quando le pallottole mietono vittime nella jonica catanzarese, il futuro presidente della Commissione antindrangheta Arturo Bova condivide con Catarisano un posto nella compagine sociale della Gife. E ha una carriera politica in rampa di lancio: confermato consigliere comunale ad Amaroni nel 2004, ne diventerà sindaco cinque anni dopo. È il suo trampolino verso lo scranno in consiglio regionale conquistato nel 2014.  

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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