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L’ultimo "sforzo" per aiutare una madre

All’indomani della pubblicazione del mio articolo “Da oggi mi chiamo Rosita” ho ricevuto moltissimi “like” e complimenti per aver illustrato un caso drammatico. Tra l’altro, due telefonate. Una del…

Pubblicato il: 30/05/2017 – 12:09

All’indomani della pubblicazione del mio articolo “Da oggi mi chiamo Rosita” ho ricevuto moltissimi “like” e complimenti per aver illustrato un caso drammatico. Tra l’altro, due telefonate. Una della parlamentare Jole Santelli e l’altra del delegato alla sanità della Regione, Franco Pacenza. Anzi, Santelli prima mi scrive e cerca di chiarirmi la situazione, dopo qualche giorno, pur essendo amici da anni, mi telefona,per la prima volta.
Lo fa mentre stavo guardando “Falcone e Borsellino” l’ottima trasmissione di Rai Uno, sui nostri due eroi. Ero commosso, lo confesso, e le ho detto: «Jole, ti chiamo domani io, sto seguendo la storia di Falcone e Borsellino in tv e non voglio perdermi una battuta. È troppo bella. Lei comprende benissimo, tra l’altro aveva scritto un pezzo su Falcone, degno del massimo rilievo». «No problem – mi dice, gentilissima – ci sentiamo domani perché ho notizie da darti sulla signora Terranova». Bene, mi dico, speriamo che il mio articolo sia servito a risolvere questo caso che definire drammatico, credetemi, è poco. Franco Pacenza mi chiede «cosa possiamo fare per risolvere questo caso?». Gli rispondo: ne parliamo appena possibile. Ero in zona. Passo dalla Regione e non faccio altro, dopo averlo ringraziato perché anche lui aveva letto il mio articolo invogliato dal titolo “Da oggi mi chiamo Rosita”, che dargli il numero di telefono della mamma di Antonio Maria, il bambino gravemente disabile e  handicappato, che ha bisogno di… tutto. Finanche dell’aria per respirare. Sette anni e dimostra tre mesi. Non so cosa abbiano concordato insieme Franco Pacenza e Rosita Terranova. Jole Santelli, invece, la chiamo l’indomani mattina. Era a Roma, ma impegnata alla Camera dei deputati. Vede la telefonata sul cellulare ed appena possibile mi richiama, con una cortesia che solo donne come lei hanno e sanno avere. Credetemi. «Gregò, abbiamo risolto il caso della signora, interverrà l’Amaco, l’azienda di trasporto pubblico»: La interrompo, «non mi dire nulla, parla con la signora». «No, diglielo tu». «Ok», le dico. Nel frattempo, due giorni prima avevo conosciuto la signora Rosita, casualmente. La chiamo per aver notizie e lei mi dice di raggiungerla, se avessi potuto, a Corso Mazzini, a Cosenza, perché stava facendo fare una passeggiata al bambino. Così, a distanza di quattro giorni dal mio “Da oggi mi chiamo Rosita” conosco la signora col bambino.
Con un nodo alla gola, cercando di non farmi capire, l’accompagno un po’, ci prendiamo un succo di frutta al Pop, e trovo che aveva già pagato. Costringo letteralmente il proprietario del locale a restituirle i soldi, pago e andiamo via, con un po’ di allegria in più, rispetto al primo impatto con un bambino su una sedia a rotelle, che dopo la madre, è la sua “vita”: casa, letto, sala da biberon, pranzo e cena, e tutto quel che si può intuire.
Il discorso con Jole Santelli, non c’era stato ancora. Era impegnata, ne ho le prove, al Comune, per occuparsi anche di Rosita e Antonio Maria, come si conviene ad una signora politicamente e seriamente impegnata. La mattina che  comunico alla Terranova dell’intervento dell’Amaco, cioè martedì 23, mi sento rispondere – molto contento, a dire il vero, – che l’Amaco l’aveva già informata. Confermando l’impegno della Santelli.
Ma cosa è accaduto? Purtroppo, nonostante ogni ben volere, anche del sindaco Occhiuto, due dipendenti dell’Amaco  che si sono presentati a casa Terranova per cercare di risolvere il problema del trasporto scolastico, devono rendersi conto di non avere un mezzo idoneo alla esigenze del bambino.  
Ahiahiahi! Sotto casa Terranova non c’è lo spazio sufficiente per far sostare il mezzo dell’Amaco, che è ingombrante, in attesa che madre e figlio scendano da casa. Lo stesso mezzo, in caso di pioggia, non potrebbe scendere nel garage coperto, che tutti i condomini hanno messo a disposizione del bambino. Che dire? Nulla, se la mala sorte si mette in mezzo. Anche trovando un altro mezzo idoneo, come il Comune, grazie alla Santelli, avrebbe voluto, la scuola, a fine maggio, non avrebbe potuto trovare e ordinare i c.d. ausili posturali che sono necessari per il piccolo perché possa reggersi.
Non c’è stata cattiva volontà, solo un’accelerazione della “vexata quaestio”, che ha commosso la Calabria ed in tanti mi hanno scritto “anch’io mi chiamo Rosita”. Nessun rifiuto di Rosita Terranova della collaborazione  verso gli organi preposti. Ci sarebbe stato qualcuno che avrebbe osato di parlar male di Rosita  dicendo che non è una buona madre. Questo è troppo. Chi, eventualmente dovesse parlar male, sa, ha idea di che vita conduce Rosita? Credo di no. Credo. Lei non vuole, comunque, che suo figlio sia considerato “un caso da risolvere”, una pratica, ma come una persona che la sorte ha voluto disabile e handicappato. E gravemente, assai più di quanto mente umana possa immaginare. Son passati due anni. Ed ancora siamo al punto di partenza, per quanto riguarda la scuola che avrebbe potuto considerare Rosita “una madre negligente” perché non aveva iscritto il figlio a scuola, disobbedendo agli obblighi di legge. Ma non l’ha fatto. Anzi, la dirigente si è compenetrata a fondo del problema, anche più del suo dovere. Resta la situazione, a distanza di otto giorni, dall’uscita prima del mio articolo su Rosita. Ormai, occorre lavorare per il prossimo anno. Almeno per quanto riguarda la scuola. Per altro,non so. Non sono un esperto. Sono solo uno che si commuove. E come ha scritto Valerio ( o Riccardo?) Giacoia, sono un romantico. Forse l’ultimo.
Dai! uno sforzo ancora e cela faremo, forse (il dubitativo è obbligatorio), perché non mi pare che si facciano passi avanti, almeno fino ad ora, visto che sono trascorsi due anni. Uno sforzo per Antonio Maria, per altri e per la vita.

 

*giornalista

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