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Don Giorgio agli aggressori: «Dio perdonali, non sanno ciò che fanno»

REGGIO CALABRIA «Cosa posso dire di questi giovani? Posso soltanto ripetere le parole di Gesù sulla Croce: “Dio perdonali perché non sanno quello che fanno”». Lo ha detto in un’intervista al Tg3 de…

Pubblicato il: 31/05/2017 – 6:37
Don Giorgio agli aggressori: «Dio perdonali, non sanno ciò che fanno»

REGGIO CALABRIA «Cosa posso dire di questi giovani? Posso soltanto ripetere le parole di Gesù sulla Croce: “Dio perdonali perché non sanno quello che fanno”». Lo ha detto in un’intervista al Tg3 della Calabria il sacerdote don Giorgio Costantino, di 74 anni, facendo riferimento ai giovani responsabili della sua aggressione, avvenuta la sera del 24 maggio scorso a Reggio Calabria. Per l’aggressione a don Giorgio, giornalista pubblicista e impegnato da sempre nel sociale, i carabinieri hanno arrestato il responsabile, Giacomo Gattuso, di 25 anni, e i suoi quattro presunti favoreggiatori. Il sacerdote, nelle dichiarazioni fatte dal suo lettino degli “Ospedali riuniti” di Reggio Calabria, dove si trova ancora ricoverato, ha rievocato le fasi dell’aggressione ai suoi danni, avvenuta davanti all’ingresso della canonica della parrocchia di Santa Maria del Divin Soccorso. «Giocavano a calcio – ha detto don Giorgio nell’intervista – e data l’ora tarda, sono sceso e mi sono affacciato per invitarli a non gridare e non usare il cancello della canonica come porta. La loro reazione violenta mi ha ferito, nel corpo e nell’animo. Adesso, per fortuna, sto meglio, ma ho vissuto davvero un brutto momento».
«Quei ragazzi, che ho sempre cercato di aiutare – ha detto ancora don Giorgio Costantino nell’intervista alla Tgr Calabria – mi hanno colpito in testa con quelle stesse scarpe che gli abbiamo regalato noi». «Prima – ha aggiunto il sacerdote – mi hanno preso il cellulare, distruggendolo, e poi hanno cominciato a picchiarmi. Ho creduto di non farcela, tant’è che anche uno di loro ha detto al “branco” di smetterla perché pensava che mi avessero già ammazzato. Questi ragazzi crescono con la cultura della violenza, abituati a fare tutto quello che vogliono, senza rispetto per nessuno».

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