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Estorsione ai dipendenti, indagato Statti

LAMEZIA TERME Il gruppo della Guardia di finanza di Lamezia Terme ha eseguito un’ordinanza applicativa di misura cautelare interdittiva e reale, emessa dal gip Valentina Gallo del tribunale lametin…

Pubblicato il: 03/06/2017 – 6:26
Estorsione ai dipendenti, indagato Statti

LAMEZIA TERME Il gruppo della Guardia di finanza di Lamezia Terme ha eseguito un’ordinanza applicativa di misura cautelare interdittiva e reale, emessa dal gip Valentina Gallo del tribunale lametino, su richiesta del procuratore Salvatore Curcio e del sostituto Luigi Maffia, nei confronti del noto imprenditore agricolo Alberto Statti, presidente di Confagricoltura, per il reato di estorsione continuata in danno di 23 propri dipendenti. Ventitré “vittime” che non hanno, però, mai sporto denuncia. L’indagine, infatti, parte a febbraio del 2016 in seguito a una serie controlli per la prevenzione del fenomeno del caporalato. 
All’indagato, in forza del provvedimento, è stato temporaneamente imposto il divieto di esercitare l’attività di impresa e gli uffici direttivi di persone giuridiche e di imprese. Secondo quanto ricostruito dai militari, l’imprenditore da anni costringeva sistematicamente i propri dipendenti ad accettare retribuzioni minori (ridotte di circa un terzo) rispetto a quanto riportato in busta paga oppure non corrispondenti a quelle previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro ed a rinunciare, di fatto, alle somme di trattamento di fine rapporto previste, con la minaccia dell’immediato licenziamento o, prima dell’instaurazione del rapporto lavorativo, con l’esplicito rigetto della richiesta di assunzione avanzata da coloro che aspiravano all’impiego secondo le regole.
Le condizioni di lavoro imposte riguardavano, in particolare, la sottoscrizione di una lettera di dimissioni in bianco, la corresponsione di una retribuzione inferiore a quella risultante dalla busta paga, nonché un prolungamento non dichiarato dell’orario di lavoro.

«UN QUADRO DI GENERALE TIMORE» Il gip sottolinea come la particolare situazione del mercato del lavoro, in cui l’offerta supera di gran lunga la domanda, «hanno dato vita a un quadro generale di timore nei dipendenti» che, in un quadro general di timore, «accettavano e/o accettano tutt’ora».
Il gip ha ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione del reato, portato avanti dall’indagato, ininterrottamente dal 1996, ossia da quando è legale rappresentante dell’azienda agricola Lenti soc. coop srl. Questo ha portato all’applicazione della misura interdittiva.

SEQUESTRO PREVENTIVO Le indagini – informa una nota della Guardia di finanza – nonostante la ritrosia di quasi tutte le vittime nel riferire le reali condizioni lavorative per il timore di essere subito licenziate, consentivano comunque di verificare la reale estensione del fenomeno illecito, risultato tale da rappresentare una sostanziale fonte di arricchimento per l’imprenditore stesso, quantificato in circa 290mila euro. Per tale motivo, le somme quantificate quale illecito profitto derivante dall’attività estorsiva, circa 290mila euro, sono state oggetto di sequestro preventivo disposto dalla magistratura ed immediatamente eseguito dai militari del gruppo della Guardia di finanza.

OPERAZIONE SPARTACO L’operazione, eseguita dal Nucleo mobile e denominata “Spartaco”, si inserisce in un più vasto dispositivo delle Fiamme gialle, guidate dal colonnello Fabio Bianco, attuato sotto il coordinamento della Procura, mirato a reprimere ogni forma di sfruttamento dei lavoratori che inquina il mercato del lavoro. Già lo scorso mese di gennaio, infatti, nel corso della stessa operazione, un analogo provvedimento era stato adottato nei confronti dell’imprenditore Mario Fazio, operante nel settore della ristorazione. 
Per quanto riguarda l’ordinanza odierna, l’inchiesta è scaturita da controlli effettuati negli scorsi mesi dai finanzieri in diverse località delle campagne lametine, attraverso il monitoraggio di automezzi, sopralluoghi, appostamenti, pedinamenti e riscontri cinefotografici, effettuata anche col supporto dei mezzi aerei del corpo. Sin dalle prime indagini i finanzieri, acquisendo una serie di elementi indiziari circa il presunto illecito sistema retributivo adottato dall’imprenditore indagato, informavano l’ufficio di Procura, che delegava alle stesse Fiamme gialle l’esecuzione di specifiche attività investigative. 
Le conseguenti indagini hanno permesso di far luce su un più vasto fenomeno di sfruttamento illecito dei dipendenti, sfociante in vere e proprie estorsioni, attuato nel corso degli anni, dal 1996 secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, in maniera sistematica. 

COME NASCONO LE INDAGINI Le indagini sono partite da un esposto della Guardia di finanza presentato il 21 gennaio 2016 da un uomo che denunciava una presunta attività di caporalato esistente a Lamezia Terme. Dalle prime osservazioni emerge in effetti che ogni mattina da piazza Fiorentino a Sambiase, numerosi lavoratori cittadini stranieri venivano caricati su dei furgoncini e condotti verso diverse aziende agricole dove venivano impiegati come braccianti. Ma nel corso delle indagini eseguite dal Nucleo mobile emerge anche dell’altro. Il 27 gennaio 2016, mentre i militari effettuavano operazione di osservazione controllo e pedinamento nel territorio di Curinga e si mettono sulle tracce di quattro furgoni, uno dei quali alle sette del mattino entra nella sede dell’azienda Statti srl e Lenti soc. coop. Il lavoro sui dipendenti dell’azienda Statti parte da qui e arriva a controlli incrociati con i dati acquisiti dal centro per l’impiego di Lamezia.

LE TESTIMONIANZE DEGLI EX DIPENDENTI Uno dei più anziani dipendenti, tra i 23 sui quali sarebbe stata esercitata l’estorsione, ha riferito ai finanzieri: «L’unica volta nella mia vita in cui ho firmato buste paga corrispondenti all’effettivo salario percepito è stato allorquando lavoravo in Germania negli anni ’79, ’80 e ’81; in Calabria ciò non è mai accaduto». Un’affermazione che abbraccia lo stato dei lavoratori nella regione. Un altro operaio ora in pensione, dopo 30 anni nelle aziende Statti, ha riferito agli inquirenti: «Ho accettato le condizioni retributive impostemi dallo Statti Alberto in quanto avevo assoluta necessità di lavorare, essendo che a casa mia sono l’unico ad esercitare un mestiere; quindi non lavorare significava lasciare la mia famiglia senza reddito; quindi ho lavorato fino alla fine nella consapevolezza di essere sfruttato. Nel corso del mio rapporto di lavoro ho avuto il coraggio di ribellarmi ottenendo come effetto il licenziamento, per cui ho dovuto per forza accettare di lavorare alle condizioni ingiuste imposte dallo Statti Alberto; tra l’altro, a Lamezia Terme e credo dappertutto, nessun lavoratore può permettersi il lusso di pretendere i propri diritti, altrimenti non trova lavoro da nessuna parte; ciò in quanto, qualsiasi imprenditore, prima di assumere una persona chiede le referenze presso le aziende dove il lavoratore stesso ha lavorato precedentemente e se viene a sapere che questi ha creato problemi in tal senso, non viene certamente assunto; io, infatti, vi sto riferendo quanto è a mia conoscenza solo perché sono in pensione poiché non ho più nulla da temere; qualora fossi stato ancora alle dipendenze del mio datore di lavoro non vi avrei mai riferito la verità». Alcuni tra i 27 dipendenti sono stranieri. Ci sono madri lontane 3000 chilometri da casa con figli da sistemare. Madri che non fanno domande e accettano le condizioni che gli vengono imposte.

NON FINISCE QUI L’attività di repressione dello sfruttamento del lavoro non si ferma qui. Le indagini della Procura e della Guardia di finanza potrebbero riguardare anche altri imprenditori agricoli dei quali al momento non si conoscono i nomi. 

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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