Il documento che definisce il livello dei servizi minimi di Trasporto Pubblico Locale (Tpl) elaborato dalla Regione Calabria, alquanto tecnico ed articolato, non si presta ad agevole lettura. Sarà forse per questa ragione che gran parte degli attori sociali (ivi compresi i maggiori sindacati come Cgil e Cisl ed alcuni rappresentanti di enti locali), poco addentrati in materia, lo hanno avallato senza proferire osservazioni. A mio parere, il documento presenta invece rilevanti limiti tecnici e politici. Ed è opportuno che la comunità calabrese assuma consapevolezza in merito, dato che le ricadute delle strategie adottate dal governo regionale potranno essere negative sotto diversi punti di vista, ma in particolare sulla mobilità dei pendolari e delle fasce deboli della popolazione. Di seguito alcune osservazioni.
Il contesto di riferimento da cui prende le mosse lo studio appare debole per diverse ragioni, quali la disomogeneità delle base dati dal punto di vista temporale, la disomogeneità di trattamento dei servizi ferroviari e automobilistici, il ricorso a dati di mobilità Istat datati e parziali, l’assenza di riferimenti ad approcci metodologici consolidati in paesi europei avanzati.
Riguardo alla domanda di trasporto, l’analisi è molto debole: manca il dato globale sull’utenza su gomma, che viene invece esplicitato nel caso ferroviario; mancano del tutto i dati di frequentazione per società/azienda/linea. Come si fa ad elaborare un dimensionamento dell’offerta dei servizi che non sia fondato su una analisi seria della domanda di mobilità?
I dati relativi all’offerta fanno emergere diversi dubbi:
La esplicitazione dei principi e criteri per il calcolo dei servizi minimi risulta di difficile interpretazione (sensazione di una “black box”); non si capisce come siano tenuti in conto ad esempio criteri relativi alle tariffe, all’informazione o alle modalità più idonee. Gli indicatori riportati sono parziali ed insoddisfacenti e si prestano a facili critiche. Non è comprensibile che le percorrenze siano rapportate globalmente (gomma+ferro) alla superficie territoriale e alla popolazione, mentre quelle parziali (separatamente ferro e gomma) siano invece rapportate ad un indice di pendolarismo di scarso affidamento (Istat). A parte il fatto che le percorrenze su ferro sono relative al 2016 per la ferrovia (anche se i dati di FC a monte sono relativi al 2013) e quelle su gomma addirittura al 2011 (Anav), i risultati delle analisi esposte risultano alquanto fuorvianti e non evidenziano la forte discriminazione sociale a vantaggio delle regioni del Nord Italia.
Si propone qui di seguito un breve prospetto, limitato alle Regioni più rappresentative, da cui emerge nettamente un favoritismo di Stato a danno delle Regioni meridionali e della Calabria in particolare. Cosa che dovrebbe indurre a richiedere sostanziali forme di riequilibrio nella distribuzione delle risorse pubbliche. Gli indicatori di dotazione relativi alle Regioni del Nord sono sensibilmente più elevati rispetto a quelli del Sud come può evincersi dalla seguente tabella, sia in rapporto alla popolazione che all’estensione territoriale.
Ma ciò che sorprende, a leggere il documento, è la mancata quantificazione attesa a conclusione dell’applicazione della metodologia di calcolo dei livelli minimi. Non sono proposti nel paragrafo specifico, in modo esplicito, i parametri oggetto dell’intero lavoro, ovvero i valori di bus-km e treno-km minimi essenziali. I valori sono riportati in un paragrafo successivo, ma non è chiara la modalità di determinazione degli stessi e non sono esplicitate le componenti modali ferro/gomma e di ambito urbano/extraurbano – FS/FC.
La tabella seguente, ricostruita a partire da dati ripresi dal documento, mette in luce anche una differenza di trattamento fra i maggiori comuni calabresi. L’indicatore assunto a comparazione è la dotazione in termini di bus-km urbani per abitante e di bus-km urbani per superficie unitaria (ovvero superficie rapportata alla popolazione, che esprime bene la dispersione della popolazione sul territorio); in entrambi i casi emerge la forte sotto-dotazione dei comuni di Lamezia e di Crotone. Stranamente non è emersa alcuna protesta da parte delle relative amministrazioni locali.
Si rileva peraltro una riduzione delle percorrenze chilometriche relative ai servizi urbani nei comuni capoluogo di Provincia e nella Città Metropolitana di Reggio C.; la riduzione è probabilmente legata alla prevista attivazione di nuovi servizi nei comuni con almeno 15.000 abitanti; l’effetto finale però è intuitivo: vi sarà un aumento della quota di trasporto privato (autovetture/moto) nelle principali città calabresi, ovvero dei fenomeni di congestione, in barba alle politiche dichiarate in tutti i documenti di programmazione. Anche in questo caso silenzio-assenso degli amministratori?
Il capitolo relativo alla stima dei costi dei servizi non appare molto chiaro; a parte il diverso riferimento temporale, non emerge il costo corrispondente ai relativi livelli di servizio minimo. Emerge un aumento del costo chilometrico unitario; ma se il budget rimane invariato (o addirittura sarà ridotto in ragione delle politiche di taglio lineari governative), è matematico che le percorrenze si ridurranno.
La contrazione dei servizi appare anche in forte contrasto con gli ultimi investimenti prefigurati in Calabria (ad esempio 500-600 milioni per la Ferrovia Ionica e il potenziamento del parco treni); a che servono veicoli ed infrastrutture se non si potenzia l’esercizio? Solo qualche settimana addietro il ministro dei Trasporti Delrio ha dichiarato pubblicamente che solo migliorando l’offerta di trasporto pubblico si potrà attirare utenza su mezzi per loro natura più ecologici ed economici, sottraendoli al trasporto privato. Contraddizione e confusione ai piani alti della Cittadella.
Sarebbe a
ssai più coerente una politica dell’Assessorato ai Trasporti, volta a rivendicare ed ottenere dal Governo amico, livelli di servizio minimo di Tpl più robusti di quelli adottati. Giova peraltro richiamare la circostanza dettata dal legislatore, e citata per inciso nello stesso documento della Regione, nel non assumere «un limite nella disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio». Invece nel documento si va in direzione opposta, ci si mena la zappa sui piedi, e non si fa alcun cenno ad eventuali contrattazioni a livello nazionale circa la quota di risorse del Fondo nazionale trasporti attribuita alla Regione Calabria. La quantità di risorse destinata alla nostra Regione è storicamente inferiore rispetto a quella delle altre Regioni italiane; i recenti criteri connessi all’introduzione dei costi standard e alle premialità in base al rapporto ricavi/costi, aumenteranno i divari tra Nord e Sud del Paese. È lecito pertanto chiedere, al presidente della Regione e all’assessore al ramo, quali iniziative intendano assumere per contrastare la costante riduzione di risorse destinate ai servizi di Tpl ed evitare l’ennesima crisi sulla pelle dei cittadini.
* ordinario di Trasporti Università Mediterranea di Reggio Calabria e coordinatore regionale Movimento Altra Calabria
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