Comincia con una descrizione di alcuni luoghi del Cantone dei Grigioni, in Svizzera, il reportage che il Fatto Quotidiano in edicola domenica dedica alla rete estera della cosca Papalia. La storia della nota famiglia di ‘ndrangheta di Platì, che già dagli anni ’70 aveva esteso i suoi interessi anche al Nord, in particolare nell’hinterland milanese, torna d’attualità dopo la scarcerazione del boss Rocco Papalia, festeggiato per il ritorno a casa dopo un quarto di secolo trascorso in galera. Una storia di sequestri, traffici di droga e collusioni con la politica.
Da Leggia, un centinaio di anime nella regione Moesa, il cronista Davide Milosa fa partire il suo “viaggio” nella galassia di società che ruotano attorno ai Papalia. A partire da un’azienda che produce macchine per il gelato – che in Svizzera ha la fiduciaria che la controlla – intestata a Rosanna Papalia, la figlia del boss che ha sposato il 37enne Giuseppe Pangallo. Su quest’ultimo, spiega il Fatto citando alcune informative di polizia giudiziaria, il clan punta per la gestione economica degli affari, in Svizzera come nel Milanese. «Noti sono i suoi contatti – scrive riguardo a Pangallo il giornale di Travaglio – con importanti personaggi della movida milanese, nonché con Domenico Schiavello, candidato alle comunali di Catanzaro nella lista del sindaco uscente Sergio Abramo». Schiavello, nato a Vibo Valentia e già candidato, sempre con Abramo, nel 2012, sarebbe attivo nel settore eolico. «Ha battezzato, era il 2009, il figlio di Pangallo e inoltre, negli anni, è risultato in contatto con Giuseppe Barbaro capobastone della cosca dei Nigri (recentemente deceduto)».
L’aspirante consigliere comunale catanzarese non è indagato, ma fino al 2015 sarebbe stato il proprietario di un appartamento nella cascina di via Gattinara 90 a Milano, la stessa che negli anni ’80 «veniva usata dal clan di Paolo Sergi (imparentato con i Papalia) per tagliare l’eroina», mentre la denuncia di cessione del fabbricato a favore di Schiavello «viene fatta a nome di Pietro Cerullo, storico prestanome dei Sergi».
Secondo il Fatto, in sostanza, sono proprio Pangallo e la moglie a portare avanti «gli affari di famiglia» attraverso una rete di società che da Platì passano per Buccinasco e conducono fino in Svizzera. Una possibile pista investigativa che potrebbe condurre al “tesoro” nascosto di un clan che «negli anni ’90 riciclava un miliardo di lire al mese». E che potrebbe creare qualche imbarazzo nella compagine che punta alla riconferma di Abramo quale primo cittadino del capoluogo della Calabria.
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