Oggi, il nostro Antonio Maria compie sette anni. Lui non lo sa, né può leggere la lettera che Rosita, la madre, gli ha scritto. Che noi gli abbiamo scritto. Anche io che, da quando ho vergato, di getto, il mio primo pezzo, gli ho scritto e gli scrivo. Lui non lo sa, non ne capisce il senso, ma tutte le Rosite della Calabria gli facciamo gli auguri con le nostre parole, con quelle che sappiamo mettere una dopo l’altra. Dice la Rosita, «number one», che il buon Dio ha concesso ad Antonio Maria tantissime cose, ma non gli ha potuto – evidentemente – concedere la possibilità-dono di camminare, di correre, di parlare, di vedere bene e di giocare come tanti bimbi della sua età fanno.
Il buon Dio, però, scrive mamma Rosita, «ti ha dato la possibilità di vivere circondato di quell’amore che colora tutti i giorni della tua vita che il destino, o chi per esso, ti ha privato di tantissime cose, però non ti ha tolto sorrisi e carezze e, forse, questo è il regalo più bello che potesse farti».
Come nella poesia che tutti abbiamo letto, riletto e imparato a memoria, scritta da Edmondo De Amicis alla mamma, Rosita dice al suo unico figlio che gli regalerebbe la sua di vita pur di saperlo felice e gioioso, che farebbe qualsiasi cosa pur di preservarlo dal dolore e dal senso di sconfitta che, un giorno, inevitabilmente, vivrà anche il piccolo Antonio Maria. Non si ferma qui, la madre combattente che continua a far emozionare, spesso, piangere tutti. «Regalerei immediatamente la mia vita pur di saperti sempre amato e al sicuro». E come no? È così! Amato, al sicuro? Certo da tutti noi che abbiamo detto che ci chiamiamo Rosita e che veniamo, molto, dopo di lei, davvero.
Un conto sono le parole, un conto, diverso assai, è vivere di, con, per ed accanto ad un bimbo che oggi compie sette anni, ma che dimostra tre… mesi, perché gravemente disabile ed handicappato. Rosita Terranova, da ottima madre, non vuole dire al suo Antonio Maria che è un bimbo speciale, perché – dice – tutti bambini lo sono e, giustamente, non gli vuole dire che tutto per il piccolo andrà bene, né che presto guarirà. Non glielo può dire.
Gli manda a dire, col pensiero che si trasferisce nella mente di Antonio Maria, che «non passerà giorno, ora o minuto in cui io non sarò al tuo fianco». Lacrime amare. Come le freni? Ed ancora: «parlerò per te, camminerò per te, correrò per te, inventerò giochi meravigliosi per regalarti la serenità che meriti».
Arriva, Rosita Terranova, a chiedere scusa al suo bambino, perché non può far nulla per dargli una vita in cui tutti rispettino la sua normalità, scusa perché non potrà scartare i regalini di compleanno, scusa perché non potrà spegnere le candeline, scusa perché non potrà mai regalargli una bicicletta. E, naturalmente, scusa perché, ancora, non riesce a garantirgli la possibilità di andare a scuola o di farlo giocare in compagnia di altri bambini.
E questo perché «sono solo tua madre, non il Padreterno». Non siamo riusciti a vincere la battaglia della scuola, anche se non bisogna perdere la speranza, pur tenue, che c’è, ci deve essere.
E Rosita Terranova chiede perdono al figlio e chiede al figlio di perdonare quanti ancora non hanno fatto, non sono riusciti, non hanno potuto o voluto fare per il piccolo Antonio Maria. Per non precipitare, Rosita continuerà a lottare e noi con lei. Dice di essere per lui il suo regalo eterno. «Non hai colpe, Antonio Maria. Ti amo per tutta la vita, perché tu sei la mia vita!». Cosa si deve aggiungere? Nulla. Si spera ed in silenzio che, come diceva Anton Cechov, appare la suprema espressione della felicità o dell’infelicità.
*giornalista
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