LAMEZIA TERME Il gip distrettuale di Catanzaro Pietro Scuteri ha emesso l’ordinanza riguardante l’inchiesta “Crisalide”, che lo scorso 23 maggio portò al fermo di 52 persone considerate sodali della cosca “Cerra-Torcasio-Gualtieri” di Lamezia Terme. Sei dei fermati sono stati scarcerati, per venti di loro il giudice ha disposto i domiciliari ma sette nuovi soggetti sono stati raggiunti da ordinanza di custodia in carcere. Si tratta di Luigi Vincenzini, Pietro De Sarro, Cosimo Marco Passalacqua, Antonio Stella, Francesco Gigliotti, Davide Belville e Saverio Torcasio classe ’86. Ai sette nuovi indagati, che erano reclusi per altra causa, viene contestata l’associazione a delinquere, traffico illecito di stupefacenti, possesso illegale di armi ed esplosivi ricettazione e rapina.
La scarcerazione è stata notificata a Emmanule Fiorino, Daniele Grande, Daniele Amato, Concetto Pasquale Franceschi, Guglielmo Mastroianni e Flavio Bevilacqua. Sono stati destinati alla custodia cautelare ai domiciliari Mattia Mancuso, Salvatore Luca Torchia, Paolo Strangis, Carlo Alberto Gigliotti, Vincenzo Brizzi, Alessandro Gualtieri, Vincenzo Strangis, Alex Morelli, Antonio Torcasio, Davide Cosentino, Alfonso Calfa, Di Bello Ivan, Pino Isaac Esposito, Esmeraldo Davoli, Antonio Perri, Antonio Muoio, Giuseppe De Fazio, Francesca De Biase, Giuseppe Costanzo, Maurizio Caruso.
Dei fermati a maggio in 26 restano in carcere.
L’OPERAZIONE L’operazione “Crisalide”, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Catanzaro e della compagnia di Lamezia Terme, coordinati dalla Dda del capoluogo, ha portato il 23 maggio fa all’arresto di 52 persone considerate sodali della cosca “Cerra-Torcasio-Gualtieri”. Al vertice della consorteria vi sarebbe Antonio Miceli che organizzava, secondo l’accusa, le nuove leve nelle varie attività illecite. Partita con lo spaccio di sostanze stupefacenti, la cosca avrebbe poi allargato le proprie attività alle estorsioni e alle intimidazioni contro gli esercizi commerciali del quartiere di Nicastro, a Lamezia Terme. Per poter mantenere in città una strategia del terrore, Miceli e i suoi avevano fatto sì in modo di procurarsi un vero e proprio arsenale, costituito da materiale esplosivo e armi tra cui kalashnikov e bazooka. Fare “tremare tutta Nicastro” era l’obbiettivo del clan che nel corso dei mesi aveva eseguito diversi atti intimidatori quali bombe di piccolo e medio potenziale, incendio di auto e vetrine, minacce tramite cartucce e “pizzini”.
Senza contare che la cosca si era organizzata nel corso delle amministrative 2015 per sostenere due candidati. Secondo la Dda, che li ha indagati, si tratta di Pasqualino Ruberto, ex consigliere comunale, e Giuseppe Paladino, ex vicepresidente del consiglio comunale. Indagato anche il padre di quest’ultimo, Giovanni.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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