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Un sit-in per difendere l'Agenzia dei beni confiscati

REGGIO CALABRIA Un abbraccio ideale all’intero edificio che ospita la sede nazionale dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Così un gruppo di citta…

Pubblicato il: 10/06/2017 – 16:49
Un sit-in per difendere l'Agenzia dei beni confiscati

REGGIO CALABRIA Un abbraccio ideale all’intero edificio che ospita la sede nazionale dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Così un gruppo di cittadini reggini, presenti in rappresentanza di numerose associazioni e movimenti, hanno manifestato a Reggio Calabria contro il paventato declassamento della struttura da sede centrale a sede periferica. Martedì al Senato è in calendario il voto che determinerà questo declassamento. Da qui la presa di posizione di numerose associazioni che si sono autoconvocate in viale Giovanni Amendola per manifestare il dissenso della città. «Siamo solo associazioni – ha affermato una delle partecipanti all’iniziativa – e non ci sono qui colori o bandiere politiche». Non sono mancate presenze istituzionali, dal sindaco della Città metropolitana di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, presente con diversi assessori e consiglieri comunali, e anche consiglieri regionali di maggioranza. Successivamente una delegazione è stata ricevuta negli uffici dell’Agenzia, dal vice prefetto Matilde Pirrera, responsabile per i beni confiscati, e dal responsabile amministrativo Massimo Nicolò. Ad entrambi è stato affidato l’appello della città di Reggio Calabria da recapitare nella capitale. Durante il sit-in si sono susseguiti gli interventi. Pasquale Amato, dell’associazione “Nosside”, tra i promotori della manifestazione, ha affermato che «il declassamento dell’Agenzia è solo il prologo della definitiva chiusura di una struttura assegnata a suo tempo da un leghista e da un lombardo doc, l’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, e oggi tradita da un insieme di rappresentanti nati e cresciuti in Calabria o eletti in Calabria».

SINISTRA ITALIANA: SAREBBE UNA RESA «L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (acronimo Anbsc) verrà spostata secondo i piani del governo da Reggio a Roma rappresentando una vera e propria resa dello Stato». È quanto si afferma in una nota della Federazione metropolitana di Sinistra Italiana Reggio Calabria. «La discussione in Senato è chiara, così come è chiaro l’intendimento del governo – aggiunge Si – e sono chiari i tentativi posti in essere durante la sua recente esistenza (2010) per spostare la sede nazionale lontano da Reggio Calabria. È paradossale che nel giorno in cui viene arrestato in Brasile il boss Vincenzo Macrì, figlio del “boss dei due mondi”, Antonio Macrì, e nei giorni in cui viene posta fine alla quasi trentennale latitanza di Giuseppe Giorgi, due uomini che in diverso modo hanno potuto gestire a distanza e in casa propria imperi intercontinentali, lo Stato ammetta di non volere e di non poter garantire in Calabria la dislocazione primaria di una delle sue più importanti ed efficaci strutture di contrasto alla criminalità organizzata. Ciò proprio nel momento in cui un reggino, Minniti, ricopre la carica di ministro dell’Interno». 
«Fu lo stesso Minniti, che qualche anno fa durante una trasmissione televisiva su La7 ebbe a dire, spiegando alcune sue concomitanti dichiarazioni stampa in merito – riporta ancora il comunicato –: “Se lo Stato non è in grado di gestire la situazione in provincia di Reggio Calabria ammetta la resa e dichiari ufficialmente quel territorio come protettorato della ‘ndrangheta”. Oggi lo Stato decide di rendere più difficile agli amministratori del Sud, e in particolare a quelli siciliani e calabresi dove è presente la maggior parte dei beni confiscati, l’accesso diretto ai servizi e al coordinamento dell’Anbsc. E lo fa incurante dei maggiori costi aggregati per le istituzioni e non considerando il segnale di resa verso cittadini e para stato. Una decisione che sarebbe frutto, soprattutto, dell’ammissione di non poter garantire il diritto universale alla mobilità ai dipendenti della stessa agenzia che negli anni hanno più volte lamentato il quasi totale isolamento di Reggio Calabria rispetto al resto del mondo rendendo loro più difficili, se non impossibili, come per tutti i calabresi, gli spostamenti da e verso le proprie zone di origine. Un segnale di resa, lo ribadiamo, inaccettabile». 

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