CATANZARO Uno dei (tanti) nodi dell’affaire Calabria Verde è la nomina di Gennarino Magnone, il tecnico che gli inquirenti considerano una sorta di consulente di fiducia di Paolo Furgiuele, ex dg dell’agenzia regionale. In uno dei suoi interrogatori, il manager prova a difendersi dalle accuse di aver assunto un professionista privo dei titoli necessari. E lo fa coinvolgendo pezzi della politica. Il succo del ragionamento svolto davanti agli inquirenti è: Magnone non l’ho scelto io, mi è stato segnalato. Anche in questo caso le parole di Furgiuele sono sottoposte a una scrupolosa verifica investigativa. L’ex direttore generale spiega: «Magnone mi è stato indicato da Franco Iacucci. Io andai da Iacucci con un elenco di professionisti che componevano la short list che era stata formata da una commissione al cui interno c’era anche Savio (Leandro, un altro dirigente di Calabria Verde, ndr), che all’epoca non aveva sollevato obiezioni sull’inserimento nella stessa di Magnone. Ho sottoposto questa short list a Iacucci, in qualità di capostruttura della Presidenza regionale, e al consigliere D’Acri, in qualità di delegato all’Agricoltura, affinché mi indicassero i nomi all’interno della short list da nominare». Furgiuele rappresenta un contesto nel quale non si muoveva proprio autonomamente. Un contesto in cui nulla si muove se la politica non vuole: «Anche per i successivi incarichi, di volta in volta avrei seguito sempre la stessa procedura di consultarmi con il mio assessore ovvero il presidente della giunta regionale per avere indicazioni sulle nomine». Il manager ribadisce che «Magnone mi è stato indicato separatamente, ma in maniera convergente, sia da Iacucci che da Mauro D’Acri», consigliere del gruppo “Oliverio presidente” e dunque la scelta «non era dovuta a mio interesse personale». Furgiuele conosceva Magnone e lo conferma ma nega che la nomina sia legata a questioni di «comunanza politica». Dice soltanto che si è «fatto consigliare da lui in alcune occasioni su questioni boschive».
Poi, in una dichiarazione spontanea, parla di un incontro con il capo di Gabinetto di Oliverio, Gaetano Pignanelli. Furgiuele lo aveva già chiamato in causa per le presunte pressioni sulla gara riguardante i mezzi antincendio, suscitando la sdegnata risposta del burocrate. Nell’interrogatorio, però, si riferisce a un altro scontro con il braccio destro del governatore. «Sono stato chiamato da (Carmelo, ndr) Salvino che è il direttore generale del dipartimento Agricoltura, il quale arrivato in dipartimento mi disse che Pignanelli voleva parlarmi; lì Pignanelli, alla presenza di (Mario, ndr) Caligiuri, capostruttura di Salvino, e uscito Salvino, mi chiese come mai avessi nominato Magnone, per cui subito ho ribattuto che me lo avevano indicato Iacucci e Mauro D’Acri, per cui doveva rivolgersi a loro. Pignanelli – continua Furgiuele – mi disse anche di cacciarlo perché aveva in mente un progetto diverso sull’argomento e aveva idee di cui mi avrebbe successivamente parlato». Quelle “indicazioni” restano parola morta: «Non ho dato seguito in quanto già in precedenza mi aveva fatto delle richieste per me contra legem». Un’accusa pesante, anche se sia Salvino che Caligiuri, sentiti dagli investigatori, negano addirittura che l’incontro chiarificatore sulla nomina di Magnone ci sia mai stato. Il dg dell’Agricoltura, in particolare, spiega di non aver «mai convocato Furgiuele per fargli incontrare Pignanelli». L’unico incontro di cui ha memoria è una circostanza in cui si discuteva «di pratiche connesse al pensionamento del personale delle ex Comunità montane».
(La nota con la quale l’Università Mediterranea specifica che Magnone non ha mai ottenuto la laurea in Scienze e Tecnologie agrarie a Reggio Calabria)
Nulla, dunque, che riguardasse Magnone. Sulle sue tracce, però, ci sono gli uomini della Guardia di finanza. Cercano di capire se la nomina sia regolare. Si imbattono in un’autocertificazione del perito: dice di essersi laureato in Scienze e Tecnologie agrarie all’Università Mediterranea nel luglio 2000. Completa il documento con il voto: 88 su 110. Peccato che dall’ateneo di Reggio Calabria non ne sappiano nulla. In una comunicazione del luglio 2016, infatti, «si informa che dalle ricerche effettuate nella Banca dati studenti non risulta il rilascio della laurea» a Magnone, che «è stato iscritto al corso di laurea in Architettura nell’anno accademico 1983-1984 e ha presentato rinuncia agli studi il 28 marzo 1990». Un mancato architetto assunto come agronomo. A Calabria Verde succedeva anche questo.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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