VIBO VALENTIA Quattro colpi di fucile caricato a pallettoni calibro 12, trentasei pallini da caccia esplosi alle 11 di mattina in mezzo a diverse abitazioni. Il centro storico di Sorianello, paesino di circa un migliaio di abitanti aggrappato alle colline che cingono le Serre vibonesi, è fatto di case collegate l’una all’altra in un intreccio di scalette di pietra e vicoli molto stretti. Nonostante la caratteristica conformazione di questa zona del paese, però, nessuno degli abitanti del centro storico avrebbe visto né sentito nulla dell’omicidio di Salvatore Inzillo, pregiudicato 46enne ucciso a fucilate mercoledì mentre era a bordo del suo scooter.
Non si tratta certo di una sorpresa per i carabinieri guidati dal maresciallo Barbaro Sciacca e dal capitano Mattia Losciale, che conducono le indagini: tra il centro del paese e la frazione Savini, confinante con Ariola di Gerocarne, l’aria che si respira è pesantissima da troppo tempo. La gente ha paura, perché sa che il sangue versato negli ultimi quindici anni durante la faida tra i clan Emanuele e Loielo non fa che provocare altro sangue. E i tre agguati avvenuti tra marzo e giugno (a partire dall’omicidio di Domenico Stambè) nel triangolo Soriano-Sorianello-Gerocarne sono lì a testimoniarlo.
Sebbene non lascino trapelare molto delle prime ipotesi investigative, gli inquirenti – il caso è all’attenzione della Dda di Catanzaro – temono che anche l’omicidio di Inzillo sia da ricondurre alla faida tra le “famiglie” della zona. La vittima del delitto di mercoledì, infatti, è considerata in qualche modo nell’orbita degli Emanuele, mentre l’ultimo fatto di sangue registrato nella zona aveva visto scampare a un agguato a colpi d’arma da fuoco, il 2 aprile scorso, un 27enne che sarebbe invece legato ai Loielo. È ovviamente presto per dire se i due fatti siano collegati tra loro, ma è chiaro che queste ipotesi, e soprattutto la possibilità di un’ulteriore risposta di sangue al delitto Inzillo, sono tra le più impellenti preoccupazioni delle forze dell’ordine.
Il 46enne, che già era scampato a un agguato nel 2009, viveva proprio nel centro storico con la madre e non era molto distante da casa sua quando il fuoco dei pallettoni lo ha investito non lasciandogli scampo. Stava percorrendo con lo scooter una stradina in discesa, a pochi passi dalla chiesa, dall’ufficio postale e dal bar. Secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti uno o più killer avrebbero sparato, colpendo la vittima dalla sua sinistra, da un pianerottolo poco distante. I sicari entrati in azione in pieno giorno, dunque, probabilmente conoscevano molto bene il groviglio di vicoli attraverso cui si sono poi dileguati. Infine – dettaglio abbastanza inquietante – secondo gli inquirenti chi ha sparato sarebbe fuggito a piedi, anche perché quei vicoli oggi macchiati di sangue sono pressoché inaccessibili alle automobili.
Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it
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