Che si parli dei veti che gli avrebbero impedito di diventare ministro della Giustizia o che si faccia cenno ai corteggiamenti – veri o presunti – di alcuni dei principali leader politici italiani, la risposta di Nicola Gratteri non cambia: «Sono felice di essere a Catanzaro. In un anno ho trasformato l’Ufficio e adesso vi assicuro che nulla rimarrà come prima». Così il procuratore capo della Dda del capoluogo ha risposto a Guido Ruotolo, che lo ha intervistato per tiscali.it.
Alla domanda sull’attuale “stato di salute” della ‘ndrangheta, Gratteri risponde con amara determinazione: «È più forte di prima. Ha saputo trasformarsi. Non spara più, discute alla pari con la politica, anzi sono i politici, ripeto, che vanno a trovare i mafiosi. Non sparano ma nello stesso tempo il loro potere di intimidazione ė intatto».
Ma l’argomento tornato ormai da mesi prepotentemente d’attualità è quello dei presunti rapporti tra cosche, politica e massoneria. «Stiamo parlando della massoneria deviata – è la precisazione del magistrato – cioè di quelle logge massoniche non riconosciute da Palazzo Giustiniani dove convivono quadri della pubblica amministrazione, professionisti, e gli esponenti della Santa, quel grado di affiliazione alla Ndrangheta che autorizza i suoi vertici anche a una doppia affiliazione, alla massoneria appunto. Ecco tracce di queste presenze ci sono. È vero che in quarant’anni o poco meno non è stato celebrato un processo con sentenza foss’anche solo di primo grado che certificasse questi rapporti. Dei fascicoli sono stati aperti in passato. Le indagini vanno fatte in silenzio».
E se il discorso si focalizza su Catanzaro come capoluogo di Regione, e quindi sede della giunta regionale, la risposta è tutta un programma: «Vedo una autoreferenzialità dei gruppi dirigenti, delle famiglie che gestiscono il potere. Vedo ambigui rapporti amicali tra più figure istituzionali diverse. Frequentazioni che non dovrebbero essere coltivate nel rispetto delle diverse competenze istituzionali».
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