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FILO ROSSO | Gratteri: «I lametini non hanno più alibi» – VIDEO INTERCETTAZIONI

CATANZARO «Sono qui da un anno e in questo arco di tempo sono state arrestate a Lamezia Terme 137 persone appartenenti alle cosche Cerra-Torcasio-Gualtieri e Giampà», ha detto il procuratore capo d…

Pubblicato il: 28/06/2017 – 11:12
FILO ROSSO | Gratteri: «I lametini non hanno più alibi» – VIDEO INTERCETTAZIONI

CATANZARO «Sono qui da un anno e in questo arco di tempo sono state arrestate a Lamezia Terme 137 persone appartenenti alle cosche Cerra-Torcasio-Gualtieri e Giampà», ha detto il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa relativa all’operazione “Filo Rosso” che ha portato al fermo di nove persone appartenenti alla cosca Giampà. Sono giovanissimi, un’età compresa tra i 20 e 33 anni, come ha fatto notare il questore del capoluogo, Amalia Di Ruocco, accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso e soprattutto di numerosi episodi di estorsione a danno di commercianti e imprenditori. Vittime delle angherie della cosca che in diversi casi non hanno pagato ma che non hanno mai denunciato il racket subìto. «Io penso che il circondario di Lamezia Terme a questo punto debba farsi un esame di coscienza – ha detto il procuratore –, io ritengo che non ci siano più alibi per commercianti, imprenditori, per i cittadini. È necessario iniziare ad essere coerenti. Noi stiamo recidendo anche i germogli di queste famiglie di ‘ndrangheta. È ora che i cittadini facciano la loro parte perché noi la nostra la stiamo facendo». «Io non so cosa dobbiamo fare di più su Lamezia Terme – ha proseguito Gratteri – per non meritare la credibilità di un solo commerciante. La base di questi arresti riguarda l’associazione di stampo mafioso e poi il reato di estorsione, quel reato tipico che suggella, certifica, il vincolo mafioso e la forza di intimidazione. Un reato che a Lamezia Terme è sistematico. Io ritengo che oggi non ci siano più alibi per i commercianti, per gli imprenditori per i cittadini comuni». Il procuratore si rivolge «a tutti quelli che a parole dicono di essere dalla parte della legalità», a quelli, numerosi, che l’altra sera al festival dei libri contro le mafie Trame, erano presenti per ascoltarlo e applaudirlo. «Cos’è l’antimafia? – si chiede il procuratore – convegni, dibattiti e presentazione di libri? O, piuttosto, cominciare ad essere coerenti, consequenziali rispetto a questi comportamenti?», dice riferendosi al comportamento omertoso delle vittime di estorsione.

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(Intervista a Nicola Gratteri)

LE NUOVE LEVE E LE FRIZIONI INTERNE ALLE COSCHE «Siamo arrivati ad arrestare gente che è uscita dal carcere e che ha ripreso a delinquere unendosi e trovando intorno a sé dei ragazzi che si sono accoscati con appartenenti alle famiglie storiche di ‘ndrangheta di Lamezia Terme», ha aggiunto il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri. «Abbiamo i figli dei vertici della cosca Giampà, come il figlio di Aldo Notarianni, di Saverio Giampà, di Pasquale Notarianni. Giovanni Notarianni, intercettato, dice: “Io non devo dare conto a nessuno” perché ho il padre all’ergastolo. È un titolo nell’ambito della supremazia ‘ndranghetista. L’appartenenza ad una famiglia che può vantare un pedigree di tale portata lo legittima a dire “io non devo dare conto a nessuno”», spiega Bombardieri. E il fatto che non si tratti di ragazzi che delinquono semplicemente ma che si tratti di attività di tipo ‘ndranghtetista lo dimostrano, dice Bombardieri, «anche le frizioni tra cosca Giampà e cosca Torcasio. Sono ragazzi che si preoccupano all’indomani di un arresto per il rinvenimento di un arsenale, nel novembre 2016, riferibile alla cosca Torcasio, e che dicono “io non ho dormito” perché ritengono che quelle armi fossero destinate a una nuova guerra contro di loro”. Così cercano di recuperare capitali per potersi dotare di un arsenale e poter affrontare i rivali. Abbiamo potuto ricostruire le stesse tensioni che animavano il gruppo e che hanno visto l’esplosione di un ordigno davanti casa di Saverio Giampà. La reazione, registrata dagli agenti di polizia, è stata il pestaggio di Fabio Vescio che era ritenuto il responsabile. Un pestaggio fermato in tempo dall’intervento della polizia di Lamezia Terme prima che degenerasse, una faida dovuta a contrasti interni alla cosca. Caratteristiche tipiche dei gruppi di ‘ndrangheta. «Abbiamo registrato – prosegue Bombardieri – gente che va dai commercianti a chiedere persino le tute per i detenuti». «Il periodo delle bottigliette e dei messaggi intimidatori è il periodo in cui la cosca sta tentando di riaffermarsi sul territorio», conclude il procuratore aggiunto «e se non ci sarà un cambiamento in seno alla comunità, tra qualche mese ci troveremo ad arrestare le nuove leve delle nuove leve».

IL CRINALE DELLA GUERRA DI MAFIA «Quello che il gruppo cercava – ha ribadito il dirigente della Squadra mobile, Nino De Santis – era un arricchimento funzionale alla riorganizzazione della cosca. Diversi reati sono di tentata estorsione. Un piccolo passo avanti, quello di rifiutarsi di pagare, ma nessuno ha denunciato. Ad essere presi di mira erano tutti, in via del Progresso, dal piccolo commerciante al quale andavano a chiedere la merce gratis ad imprenditori significativi. Non c’è stata una contrapposizione di fuoco ma siamo sempre su quel crinale: le armi erano destinate a contrastare la cosca rivale. E le frizioni all’interno della cosca potevano sfociare in azioni molto violente».

IL SALUTO DI BORELLI L’invito del dirigente del commissariato di Lamezia Terme, Antonio Borelli, agli imprenditori lametini è stato quello di fare squadra con le istituzioni. Il dirigente, che a luglio lascerà il suo posto per ricoprire l’incarico di vice questore a Macerata, ha ribadito: «In questi sei anni lo Stato ha saputo fare squadra sul territorio di Lamezia Terme. Questa è l’unica ricetta vincente».

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it