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In Calabria per la musica classica siamo al “requiem”?

«Mi piace pensare alla musica come a una scienza delle emozioni», è George Gershwin – visionario del suo tempo capace di superare i confini tra gli stili musicali – ad indicare, forse compiutamente…

Pubblicato il: 28/06/2017 – 10:41
In Calabria per la musica classica siamo al “requiem”?

«Mi piace pensare alla musica come a una scienza delle emozioni», è George Gershwin – visionario del suo tempo capace di superare i confini tra gli stili musicali – ad indicare, forse compiutamente, quanto esemplare e complessa sia nei suoi tre diversi momenti, composizione, esecuzione ed ascolto, la musica.
Purtroppo e per molto tempo, quella definita classica è stata considerata come qualcosa di riservato a un pubblico attento e formato, insomma un piacevole godimento sì ma limitato ad un ascolto che dovesse essere tecnicamente competente.
Ma per la musica classica, e lo dico da musicista, nulla è stato ed è più sbagliato!
Le emozioni che suscita e gli stati d’animo che genera, infatti, non sono l’effetto di una conoscenza tecnica ma rappresentano la conseguenza inevitabile per chi, molto più semplicemente, si predispone all’ascolto.
Il resto lo fa il danzare delle note, l’incrociarsi e il susseguirsi della composizione musicale, l’estro e il genio del compositore, la capacità tecnica di chi dà fiato e voce ad una complessità artistica spesso notevole.
Non mi sorprendono, dunque, i dati che indicano una crescente attenzione dei giovani italiani proprio verso la musica classica; sempre più under 30 occupano le poltrone rosse dei teatri e secondo la Federazione industria musicale italiana le vendite di cd del repertorio classico aumentano con percentuali a due cifre.
Per non dire poi dell’impareggiabile Mozart che ha scalzato miti della musica pop ed è ri-divenuto star delle vendite mondiali piazzandosi, per lungo tempo, al primo posto della classifica BillBoard.
Sintetizzando, e seguendo le definizioni canoniche, potrei sottolineare anch’io che «la musica classica non è stata mai così leggera».
Fatta salva l’immensità artistica, tecnica, emotiva e passionale dei grandi compositori, il merito di questa autentica primavera va senz’altro riconosciuto a chi da direttore d’orchestra, musicista, insegnante, direttore artistico di teatri ha compreso come e quanto la musica classica sia in grado di essere “universale” ma anche e soprattutto “trasversale”.
Per dirla in parole povere non una cosa per “vecchi”, non un divertissement intellettuale per illuminati, non un esercizio stilistico dove la tecnica debba prevalere sull’emozione; insomma la musica classica intesa come espressione d’arte capace di raggiungere e coinvolgere tutti.
Se volessimo “dissacrare” potremmo fare un parallelismo; è come un bicchiere del miglior vino al mondo, difficile trovare molte persone che, al di là di chi è addetto ai lavori, appassionato o competente,  potrebbero fornirne un’esaustiva definizione sensoriale; impossibile trovare qualcuno che, pur privo di nozioni tecniche, assaggiandolo non ne rimanga coinvolto ed estasiato.
Ma se i giovani in tutta Italia riservano questa crescente attenzione, in Calabria per la musica classica siamo al “requiem”?
È una domanda più che legittima se si pensa che nella nostra regione non esistono programmazioni stabili, che i luoghi dove eseguirla e ascoltarla non sono molti, che non si apprezzano strategie di valorizzazione né – tantomeno – di sostegno a chi cerca di promuoverne la conoscenza e l’ascolto.
Il quadro calabrese è, per parafrasare termini tecnici e musicali, né andante, né allegro ma, come spesso accade, proprio nelle difficoltà e nel continuo confrontarsi con un contesto poco recettivo lo spazio e il tempo sono occupati dalla passione, dal coraggio, dall’intraprendenza e dai sacrifici di pochi.
Potremmo chiederci perché questo accade e la risposta sarebbe la medesima di quelle fornite per altre circostanze e altri dati che posizionano la Calabria in coda alle classifiche economiche, sociali, di servizi e di qualità della vita.
C’è stata e c’è, non giriamoci intorno, una disattenzione istituzionale, chi ha l’onere e l’onore del governo della cosa pubblica, salvo qualche rara eccezione, non ha mai approfondito lo straordinario percorso di formazione umana, civica e sociale che la musica classica è in grado di garantire.
Antonin Artaud opportunamente scrisse che «la musica è il solo passaggio che unisca l’astratto al concreto», chissà se – e questa vuole essere una deliberata provocazione – una volta tanto ed attraverso la musica qualcuno tra i decisori pubblici non unisca l’astratto di parole sempre sollecite e favorevoli al concreto di qualche azione effettivamente apprezzabile.

*direttore dell’Istituto superiore di studi musicali “P. I. Tchaikovsky” di Nocera Terinese

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