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«C'è un'antimafia che prospera nell'illegalità»

«Allora, signor Liggio, esiste o no questa mafia?».«Signor presidente, se esiste l’antimafia…».La riflessione che Giancarlo Costabile ci consegna dalle colonne del Corriere della Calabria (potete l…

Pubblicato il: 30/06/2017 – 15:11
«C'è un'antimafia che prospera nell'illegalità»

«Allora, signor Liggio, esiste o no questa mafia?».
«Signor presidente, se esiste l’antimafia…».
La riflessione che Giancarlo Costabile ci consegna dalle colonne del Corriere della Calabria (potete leggerla qui), ha richiamato alla mia memoria il celebre scambio di battute tra Alfonso Giordano, presidente della Corte d’assise chiamata a giudicare i vertici di Cosa Nostra in occasione del primo maxiprocesso di Palermo e il mammasantissima Luciano Liggio.
Era il 23 maggio del 1987 e solo cinque mesi prima, sul Corriere della Sera era apparsa la “clamorosa profezia” (il titolo è di Felice Cavallaro) di Leonardo Sciascia sui professionisti dell’antimafia.
Solo in pochi, a trent’anni di distanza, hanno dimostrato di aver compreso appieno il significato e la portata dei messaggi di chi, su fronti opposti, aveva già allora individuato l’erroneità, l’inutilità e la pericolosità degli strumenti posti a contrastare il fenomeno mafioso.
La proliferazione dell’associazionismo “antimafioso” a opera di magistrati, avvocati, sacerdoti  ed esponenti della borghesia, in uno con il “manifestazionismo” delle fiaccolate e dei convegni, altro non hanno prodotto se non il costante e ingente drenaggio di risorse pubbliche, senza neppure scalfire l’entità del fenomeno criminale. 
Queste “ nuove imposture” hanno assunto un ruolo di potere enorme nel Paese quali assoluti detentori dei principi morali e aedi privilegiati della legalità.
Eppure, le cronache di ogni giorno descrivono, come Costabile ricorda, episodi d’indebite locupletazioni, di sprechi, di connivenze tutti giocati sull’agevole terreno della “strumentalizzazione dell’emotività popolare”.
C’è chi, e sono in molti, attraverso la professione dell’antimafia, ha risolto seri problemi di sopravvivenza, e chi ha perseguito inimmaginabili ascese pubbliche, senza farsi scrupolo di dover ricorrere alla pubblica diffamazione di avversari e detrattori contando, in ciò, facendo leva sul tremendo bisogno di legalità e giustizia sociale che percorre la Nazione.
Ha ragione, dunque, Costabile, laddove ci consegna la sua proposta di inversione di rotta che presuppone la  messa al bando dei frequentatori dei “salotti dell’antimafia radical chic” e la definitiva chiusura di una stagione di rappresentazioni sceniche inutili e costose, aprendo, nel contempo, lo spazio per una nuova cultura, non “parlata” ma agita con concretezza, che ponga al centro dell’interesse sociale il disagio di interi territori.
È vero, la partita non è persa e ci sono margini per la resistenza e per la vittoria. Grave sarebbe, però, continuare a combattere la criminalità mafiosa con le armi dell’illegalità antimafiosa. 

*avvocato

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