TORINO «I figli di ‘ndrangheta sono colti, laureati, fanno gli avvocati, i medici, gli ingegneri. Sono nella pubblica amministrazione. Ma rispondono sempre alle stesse regole. A quel metodo mafioso che non possono rinnegare». All’indomani dell’operazione della Dda torinese che ha portato all’arresto delle giovani leve dei clan di ‘ndrangheta ormai da tempo radicate in Piemonte, è un duro monito e un segnale d’allarme chiaro quello lanciato dal procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri.
IN PIEMONTE PRESENZA STORICA Intervistato da La Stampa, il magistrato spiega che, da tempo ormai, la ‘ndrangheta non è più un problema solo calabrese e «in Piemonte è abbastanza diffusa, anche per motivi storici. Mi riferisco agli Anni Settanta, con una preminenza nel 1975». In quegli anni, dice il procuratore, «le inchieste della procura di Torino assestarono un colpo mortale al clan dei catanesi, provocando un vuoto criminale sul territorio. Vuoto subito colmato dalla ‘ndrangheta che ha potuto espandersi e costruire i suoi “locali”, cioè le strutture criminali di base. Questo trend si è mantenuto inalterato».
CAMBIA LA FORMA, NON LA SOSTANZA Nel tempo le ‘ndrine hanno imparato a manifestarsi in modo diverso, spiega Gratteri «La ‘ndrangheta si prima sparava di più», adesso invece «le famiglie si dedicano di più agli affari, fanno investimenti. Comprano e vendono alberghi, ristoranti, negozi. Si dedicano al riciclaggio dei profitti del narcotraffico». La droga resta il core business. «Sono i detentori della vendita all’ingrosso. Il dettaglio lo lasciano ai nigeriani e ad altri. La ‘ndrangheta ha quasi il monopolio. Da decenni vende cocaina a Cosa Nostra e alla Camorra. Da sempre i grandi importatori di cocaina sono gli ‘ndranghetisti della zona ionica e della fascia tirrenica».
IMPRENDITORI STATE ATTENTI Ma sono tanti ormai i settori su cui la ‘ndrangheta ha messo le mani. «Nel mondo dell’edilizia le ‘ndrine sono sempre state molto presenti: offrendo manodopera a basso costo, garantendo lo smaltimento dei rifiuti, rifornendo cemento depotenziato – dice Gratteri – Gli imprenditori del Nord che si sono adeguati, oggi non possono dire di non sapere o di non aver capito. Spiego: se per anni i tuoi fornitori ti offrono un materiale a 100 e i nuovi arrivati tè lo danno a 60, c’è qualcosa che non va. È evidente». Alla fine il gioco si fa pericoloso. «I nuovi “partner” in genere entrano in società con quote di minoranza, poi finiscono per comandare, per prendere in mano l’azienda».
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