Condivido totalmente quanto ha scritto Mimmo Nunnari circa la mancanza di un progetto culturale della Regione. Ogni anno, e fino a quando dureranno i fondi europei, si distribuiscono a pioggia contributi a Comuni, associazioni, fondazioni e soggetti vari – tutti considerati alla pari senza distinzione tra enti pubblici e associazioni di volontariato o pseudo tali – per iniziative e progetti di “qualificazione e rafforzamento dell’offerta culturale” (?): sagre, kermesse, festival. In gran parte “pacchetti vuoti”, come giustamente li definisce Nunnari, ma costosi.
Per queste attività, ogni anno la Regione eroga contributi per circa 7 milioni di euro.
Si osservano certo le formalità imposte dall’Ue (bandi), ma manca qualsivoglia linea, un quadro di riferimento culturale cui agganciare i progetti provenienti dal territorio, a meno che non si intenda contrabbandare come tale “l’avviso”, deliberato dalla giunta regionale, contenente generiche finalità articolate per Azioni.
Per come è congegnato “l’avviso” è possibile proporre e finanziare di tutto e le graduatorie, anno dopo anno, tremendamente si somigliano.
Nella tarda primavera si pubblica un “avviso” e si raccolgono le richieste accompagnate da “progetti”.
Dalla scadenza dei termini, tutto avviene nelle segrete stanze del Dipartimento regionale che fa capo al presidente della giunta. Non c’è una Commissione terza, fatta magari di esperti esterni all’apparato della Regione. A valutare i progetti, che propongono sagre, concerti, kermesse, festival di libri, spettacoli teatrali, mostre, sono quasi sempre gli stessi funzionari che hanno redatto l’avviso pubblico.
La trasparenza e l’assenza di eventuali “conflitti di interessi” si possono inutilmente rilevare solo dopo la pubblicazione delle graduatorie riferite alle diverse “Azioni”.
I criteri ed i parametri di valutazione di ogni singolo progetto sono di natura numerica. Mancando gli indirizzi di politica culturale e il conseguente programma della Regione, la qualità dei progetti ed il loro grado di coerenza con i contenuti, le scelte e gli obiettivi regionali, non possono costituire, come sarebbe indispensabile, l’elemento fondamentale per accogliere o meno le richieste presentate dai diversi soggetti.
L’anno scorso si è verificato che, dopo avere redatta la prima graduatoria e attribuita l’entità del contributo a ciascun soggetto, si è provveduto a modificare i criteri di accesso ai contributi. Erano rimasti fuori i progetti sostenuti da un assessore e da una componente lo “staff” del presidente. Da qui un contenzioso conclusosi a favore della Regione ma sol perché nel “bando” era prevista la possibilità di modificare i criteri di valutazione dopo il primo esame dei progetti. Una riserva di discrezionalità eccessiva se non addirittura scandalosa.
Le sagre, almeno alcune, potrebbero andar bene se non si limitassero solo in occasioni per degustare i prodotti tipici locali. Se, cioè, si concepissero come momenti di incontro per far conoscere il valore storico culturale dei prodotti che si esibiscono. Lo stesso si può dire per i festival e le kermesse che non possono essere contenitori nei quali ci si mette di tutto al solo scopo di fare “rumore” ospitando personalità esterne alla Calabria, ma i cui contenuti rimangono avulsi alla realtà circostante.
Passata l’estate, nessuna riflessione sui risultati ottenuti (e poi rispetto a cosa?). Si danno i numeri. E può capitare che ad un “festival” o una “kermesse” che durano alcuni giorni si sostiene abbiano partecipato 15/20mila cittadini. Balle di dimensioni stratosferiche. Se le cifre che si annunciano fossero reali, la Calabria, da giugno a settembre, dovrebbe raddoppiare la popolazione e il Pil notevolmente aumentare. Invece…!
Credo che non bisogna più oltre tollerare questo modo di procedere della Regione.
Il presidente della giunta reginale, un anno fa, dopo le polemiche seguite alla riduzione dell’entità dei contributi in un primo momento attribuiti ai soggetti titolari dei progetti, aveva annunciato che ad ottobre avrebbe reso noto il programma culturale della Regione. Era sembrato di capire che per la sua elaborazione aveva nominato una apposita “Commissione”.
È passato un anno, ma il programma ancora non c’è e della Commissione non si hanno notizie. Si continua con improvvisazioni prive di finalità perciò inefficaci per la crescita complessiva della Calabria e per la sua promozione nel resto del Paese. E ciò è grave perché segnala una imperdonabile sottovalutazione di cosa possono rappresentare le risorse culturali regionali ai fini di un innovativo sviluppo complessivo della Calabria.
Non ci può essere sviluppo separando quello economico-produttivo da quello culturale. Per il primo aspetto, si pensa a dotare il territorio di infrastrutture o si ipotizzano incentivi di varia natura. Per il secondo, quello culturale, si procede con contributi per la realizzazione di iniziative estemporanee che lasciano il tempo che trovano.
È giunto il tempo di mettere assieme le forze culturali della Calabria per impegnarle sul terreno della elaborazione di un serio e concreto programma culturale, teso a valorizzare i nostri beni archeologici, paesaggistici, monumentali e museali; al recupero delle nostre tradizioni; al sostegno alle attività musicali, polifoniche, teatrali e via descrivendo. Un programma aperto alle novità che pure maturano nella Regione e alle possibili contaminazioni positive provenienti dall’esterno.
Una sorta di “stati generali della cultura calabrese” ai quali aggregare le tante personalità calabresi che vivono fuori dalla nostra Regione e che spesso si sono dichiarati disponibili a dare una mano per l’avvio di un processo di crescita e di sviluppo della Calabria.
In autunno, penso, ad una tale iniziativa bisognerà dare vita. Io ci sono e credo che anche i tanti, come Mimmo Nunnari, ci potranno essere. Proviamoci.
*Ex deputato del Pci
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