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«No al Centro di accoglienza nel cuore della Sila»

Un Centro di accoglienza per migranti nel cuore del Parco nazionale della Sila, a quasi 1500 metri di altezza. L’ipotesi sembra suscitare più di una preoccupazione in un comitato spontaneo di resid…

Pubblicato il: 03/07/2017 – 11:34
«No al Centro di accoglienza nel cuore della Sila»

Un Centro di accoglienza per migranti nel cuore del Parco nazionale della Sila, a quasi 1500 metri di altezza. L’ipotesi sembra suscitare più di una preoccupazione in un comitato spontaneo di residenti e villeggianti di Silvana Mansio, località ricadente prima nel Comune di Serra Pedace e oggi nei Casali del Manco. Le persone che vivono nel villaggio durante tutto l’anno sono 13, di cui 3 bambini, mentre al massimo un centinaio sarebbero gli abitanti che vi risiedono tra luglio e agosto. Alcuni di questi, circa una cinquantina, hanno sottoscritto una lettera inviata al commissario prefettizio di Casali del Manco, Maria Vercillo, esprimendo le ragioni della propria contrarietà all’ipotesi della creazione di un Cas e chiedendo un incontro con il prefetto di Cosenza Gianfranco Tomao.
L’iniziativa è nata quando si è appreso che l’associazione Penelope, con sede a Bisignano, ha presentato una manifestazione di interesse relativa all’accoglienza di migranti richiedenti protezione internazionale, individuando tra le strutture potenzialmente idonee un albergo che si trova proprio a Silvana Mansio. Il villaggio, spiegano i firmatari della lettera, «è una delle più prestigiose e storiche località turistiche dell’intero altopiano silano», adagiata in una fitta pineta secolare e nata «in epoca romana come stazione di sosta lungo l’antica “strada degli eserciti” per ospitare il transito dei soldati che dovevano spostarsi con rapidità dalla costa ionica a quella tirrenica». L’attuale villaggio è invece stato realizzato negli anni ’30 e, a distanza di oltre 80 anni, «ha pienamente conservato lo spirito delle sue origini». Per queste ragioni, i componenti del comitato spontaneo osservano che «sarebbe opportuno vietare che le strutture ricettive private possano essere destinate a siti quand’anche provvisori di accoglienza, considerato, altresì, che la presenza di profughi, a causa di retaggi culturali e implicazioni di natura antropologica, avrebbe un effetto immediato e negativo sul valore del luogo». La costituzione di un Cas, secondo gli abitanti, «escluderebbe Silvana Mansio dai circuiti turistici che, proprio in questo momento, le stanno conferendo un ruolo centrale tra i diversi siti del Prco nazionale della Sila». Va poi considerato che si tratta di un luogo caratterizzato da temperature basse e frequenti nevicate, dunque «particolarmente inadatto» per ospitare chi proviene da Paesi dal clima torrido. E ancora: non esistono farmacie, negozi, guardie mediche, uffici postali, servizi di trasporto e altri servizi pubblici. Non c’è nemmeno un presidio delle forze dell’ordine, per cui secondo i firmatari della lettera l’ipotesi della creazione di un Cas sarebbe «incompatibile con quanto prescritto nel “Vademecum per l’accoglienza dei profughi” licenziato dalla Conefernza delle Regioni e delle Province autonome». Insomma, i cittadini sono consapevoli del fatto che accoglienza significhi anche integrazione e inserimento sociale e osservano che «è difficile immaginare che tutto questa possa verificarsi a Silvana Mansio». I richiedenti asilo «sarebbero del tutto isolati per 11 mesi all’anno», e quindi «pur condividendo i principi civili e cristiani di accoglienza e solidarietà», i componenti del comitato sostengono che il Cas qui «comporterebbe una ghettizzazione dei migranti e un inevitabile stravolgimento della realtà naturalistica e turistica della “perla della Sila”, che va assolutamente scongiurato».

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