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Un Cas nel cuore della Sila, Penelope: «Accuse infondate»

Parla di «accuse infondate» e «false notizie» l’associazione Penelope per ribattere alla posizione espressa da un comitato spontaneo di residenti e villeggianti di Silvana Mansio che si è detto con…

Pubblicato il: 04/07/2017 – 13:41
Un Cas nel cuore della Sila, Penelope: «Accuse infondate»

Parla di «accuse infondate» e «false notizie» l’associazione Penelope per ribattere alla posizione espressa da un comitato spontaneo di residenti e villeggianti di Silvana Mansio che si è detto contrario all’ipotesi di un Cas per richiedenti asilo proprio nella località silana situata a quasi 1500 metri di altitudine. «In primo luogo – si legge in una nota dell’associazione – si intende tranquillizzare i cittadini che avrebbero a cuore lo stato di conservazione dei luoghi, precisando che la ghettizzazione è solo frutto di una mente stratificata da retaggi culturali proprio come viene affermato nell’articolo. La precisazione dell’assenza di servizi basilari quali farmacie, negozi e uffici stride con la stessa definizione di “perla turistica” nei confronti di un territorio vissuto solo da pochi appassionati, per un brevissimo periodo ogni anno». Penelope precisa poi che «nessuno ha mai chiesto di vedere il progetto di integrazione posto a base dell’apertura del Centro di accoglienza», spiegando che in esso «sono previsti corsi di lingua italiana, laboratori artigianali su arti e mestieri, attività di gruppo con associazioni sportive, laboratori teatrali, corsi di formazione professionale». Tutto ciò avrebbe quindi lo scopo di impedire agli ospiti di essere vittime dell’isolamento paventato dal comitato di cittadini.
«Ma non solo. Stante l’incognita della garanzia di un trasporto, la stessa Prefettura – si legge ancora nella nota dell’associazione Penelope – ha imposto che l’associazione si dotasse di un sistema di viabilità proprio per il trasporto dei migranti presso gli uffici preposti (Commissione Territoriale, Questura etc) nonché per le normali esigenze di vita quotidiana presso il Centro abitato più prossimo, distante 10 km e non 25, dove sono incardinati i presidi basilari. Prevista anche una convenzione con medico/infermiere, con un monte ore previsto da svolgersi presso la stessa struttura». L’associazione specifica infine di non avere «nessuna preclusione» anzi «auspica un incontro con i cittadini per avviare una collaborazione al fine di elaborare un modello di eccellenza per quanto riguarda l’integrazione».

D’ALESSANDRO: SCELTA INOPPORTUNA Intanto però si registra un’altra voce contraria rispetto all’ipotesi del Cas nel cuore della Sila. È quella del sindaco di Rovito e consigliere provinciale Felice D’Alessandro, che giudica l’eventuale scelta «inopportuna e inadeguata» e si schiera a fianco del comitato. «Inadeguata – argomenta il primo cittadino centro silano – perché la zona, a 1500 metri di altezza è priva di qualunque tipo di servizio pubblico e agenzie del territorio (scuole, uffici postali, strutture sanitarie etc), per cui significherebbe seppellire vivi questi eventuali immigrati o, peggio ancora, lasciarli liberi di poter fare ciò che vogliono, senza alcuna regola e nessun controllo. Inopportuna, perché la presenza – prosegue D’Alessandro – di un cospicuo numero di extracomunitari, portatori di usi, costumi e tradizioni assai differenti dalle nostre, in un luogo turistico abitato da poche famiglie durante tutto l’arco dell’anno e da un centinaio di villeggianti stabili nei mesi estivi, mal si sposa con qualunque idea di integrazione seria e coerente, che dovrebbe essere graduale e, soprattutto, non imposta». Secondo il sindaco di Rovito, inoltre, la presenza di un Cas rappresenterebbe «un deterrente per il villeggiante che desidera trascorrere un periodo di vacanza in tranquillità e serenità». «D’altro canto, solo pochi giorni fa abbiamo assistito impotenti alla protesta inscenata dagli ospiti del Cas di Camigliatello silano, che hanno bloccato per ore la strada statale. Quella protesta, giusta o sbagliata che fosse, non voglio entrare nel merito della vicenda in questa sede, ha sicuramente penalizzato l’immagine della località turistica silana. Per cui, creare un altro centro a qualche km di distanza, significherebbe dare un colpo mortale al nostro turismo, senza risolvere il problema dell’immigrazione, che è serio e deve essere affrontato con responsabilità. Ritenendo, quindi, necessaria la solidarietà tra i popoli, sono convinto che l’accoglienza – prosegue D’Alessandro – non possa essere lasciata al caso, ma debba rispondere a criteri di civiltà e portatrice di benessere, sia per l’immigrato che per le popolazioni ospitanti. Mi auguro, pertanto, che il Prefetto di Cosenza ed il commissario prefettizio di Casali del Manco, riflettano – è la conclusione – sull’opportunità di consentire o meno l’istituzione del nuovo centro di accoglienza a Silvana Mansio, ascoltando anche gli altri rappresentanti istituzionali del territorio, ed in primis i sindaci dei diversi Comuni circostanti, perché le eventuali conseguenze di tale scelta ricadrebbero sull’intero comprensorio. A tal fine auspico l’apertura di un tavolo di confronto con il coinvolgimento anche di una delegazione del comitato spontaneo di cittadini e villeggianti di Silvana Mansio».

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