Ha fatto bene Matteo Renzi ad annunciare i congressi cittadini e provinciali del Pd. Se avesse aggiunto anche la celebrazione dei congressi regionali sarebbe stato perfetto. Tuttavia non credo, ed è da un bel po’ di tempo che non ci credo più, che i congressi così concepiti e organizzati, possano servire a rilanciare il partito. Questi modelli di congressi, con questi riti vecchi e anacronistici, sono ormai del tutto superati, fuori dal tempo e dalla sensibilità politica corrente (che è pari allo zero).
Ma è soprattutto il modello di partito, quello nato a metà ‘900, a essere del tutto superato, a non incidere più su nulla.
Il Pd, se vuole segnare una svolta vera, deve chiudere con il passato e affrontare i problemi del presente con uno stile e una organizzazione nuovi, con metodi e criteri fortemente di rottura nella scelta della classe dirigente locale, regionale e nazionale. Se facciamo finta di non capire questo, prepariamoci a momenti assai difficili, non solo per il Pd ma soprattutto per il sistema democratico del Paese.
C’è voglia di politica, di sana politica, soprattutto nelle nuove generazioni, Ma non ci sono più i luoghi. Meglio: i ragazzi non sanno dove incontrarla la politica! Non esistono più i momenti di confronto, di discussione, di analisi. I partiti storici hanno esaurito la loro forza sin dagli anni 90. E, per tutto questo tempo, abbiamo fatto finta di tenerli in vita, finta di farli funzionare, finta di credere che fossero ancora utili ai tempi moderni.
Poi è venuto Berlusconi e in tre mesi ha stampato il primo partito d’Italia, con il quale ha governato e sgovernato per un ventennio, e che oggi torna ad essere determinante per i futuri equilibri politici.
Poi è venuto Grillo è ha fatto un non-partito, con fortissimi richiami alla destra fascista, un movimento che vive “fuori dal mondo” e che si candida a guidare il Paese (avendo già conquistato Roma, la Capitale, e Torino, con risultati disastrosi)
Davanti a uno scenario assai preoccupante, com’è quello attuale, che senso ha perpetuare una struttura di partito, così pesante, così vecchia e così superata com’è quella attuale? Una struttura ormai del tutto inadeguata a individuare i gruppi dirigenti nei territori, a programmare e progettare, che si tiene in piedi con un sistema di tesseramento del tutto illogico. Ma che senso ha oggi il tesseramento al partito? Un partito così debole e così privo di forza, come fa a sostenere i sindaci e le amministrazioni locali e quelle regionali espressioni del centrosinistra?
I tempi richiedono altre forze, altre energie, altre esperienze. Il Pd, per fare un esempio, non sa stare sulla rete, non sa discutere con le nuove generazioni, non fa cultura, non attrae nuove e qualificate forze sociali, appare lontano dalle sfide dei tempi.
Eppure è l’unica forza politica nazionale che può garantire un futuro a questo paese. Ma deve saper cambiare radicalmente, prima che sia troppo tardi.
Le recenti sconfitte (ma sono due anni che il pd perde comuni e regioni in tutta Italia) dovrebbe far scattare un forte campanello d’allarme: o si cambia o si muore. Invece tutto rimane fermo com’era, come sempre. Pensare di chiudere la partita sui territori con la campagna tesseramento a Ferragosto è semplicemente suicida.
*ex deputato del Pd
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