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Il doppio binario del governatore

Carmen Barbalace ha deciso per le dimissioni. Lo ha fatto non perché lo ritenga giusto ma perché valuta che sia opportuno, specialmente dopo avere atteso per qualche giorno un segnale del president…

Pubblicato il: 09/07/2017 – 20:46
Il doppio binario del governatore

Carmen Barbalace ha deciso per le dimissioni. Lo ha fatto non perché lo ritenga giusto ma perché valuta che sia opportuno, specialmente dopo avere atteso per qualche giorno un segnale del presidente Oliverio che la incoraggiasse a restare al suo posto. Il segnale non arriva e a quel punto lei capisce bene che non si tratta tanto di chiarire la questione sotto il profilo giudiziario, quanto di affrontarla sotto quello politico.
Sul piano giudiziario non nutre timori: è oggetto di indagini da ben prima che entrasse in giunta, la vicenda riguarda un verbale sottoscritto insieme a diversi altri colleghi dirigenti regionali, molti di grado più elevato. È venuta fuori oggi solo perché oggi sono arrivati gli arresti dell’“operazione mandamento”, rispetto alla quale ben altri soggetti politici hanno da temere che non lei.
Sul piano politico, invece, la Barbalace ha colto puzza di strumentalizzazione e allora prima ha steso le dimissioni, poi le ha rese pubbliche e infine, nel torrido pomeriggio domenicale, ha raggiunto Mario Oliverio e gli ha detto un paio di cose in faccia. Un colloquio durato qualche ora e del quale prima o dopo se ne saprà abbastanza.
Qui ci fermiamo perché incrociamo quel rimpasto di giunta che Oliverio annuncia da sedici mesi senza venirne a capo.
Apriamo, invece, la riflessione sulle strumentalizzazioni giudiziarie. Esistono, e come se esistono. Fin qui siamo tutti d’accordo ma alcuni cadono nel tranello di caricarle ai magistrati inquirenti, laddove, sempre più spesso, è la peggiore politica a fare un uso strumentale delle inchieste giudiziarie.
E qui il caso di Carmen Barbalace diventa paradigmatico.
È indagata per fatti e comportamenti che non riguardano il suo assessorato e non riguardano il suo lavoro di assessore. Ciò nonostante viene spinta alle dimissioni dal silenzio del suo presidente. Se fosse, questa, una regola ferrea scelta da Mario Oliverio nessun problema, il fatto però sta nella disinvolta elasticità con la quale il governatore affronta le questioni giudiziarie regionali.
È di poche settimane fa la notizia che due diverse indagini riguardano Gaetano Pignanelli, capo di gabinetto del presidente Oliverio, e lo riguardano proprio per fatti che Pignanelli avrebbe commesso nella qualità di uomo di fiducia di Oliverio. Paolo Furgiuele, lasciati gli arresti, racconta le traversie di un manager alla guida di Calabria Verde e dice di avere avuto pressioni e segnalazioni in favore di “una ditta” proprio ad opera di Pignanelli. Il pm, stando al verbale, non ha ritenuto di dirgli di fare il nome della “ditta”. Il cronista amico copre con un “omissis” tutto suo il nome di Pignanelli. Quest’ultimo annuncia di querelare Furgiuele. Ma tutti i protagonisti, a differenza della Barbalace, restano tranquilli al loro posto.
È un caso isolato? Assolutamente no. Carlo Guccione ed Enzo Ciconte vengono mandati a casa per Rimborsopoli, tempo di smettere di fare ombra al governatore, ed eccoli candidati a sindaco, il primo di Cosenza e il secondo di Catanzaro. Neanche al gioco dell’oca è ammessa tanta disinvoltura. E Franck Benedetto? Manager dell’ospedale del quale è dipendente? Appena ricevuto il mandato di comparizione dai pm di Reggio, Oliverio corse in riva allo Stretto per ribadire fiducia e invitarlo a restare al suo posto. Si dirà che Benedetto nelle scorse settimane è stato prosciolto. Vero, ma con una formula che qualcuno farebbe bene a leggere alla signora Carmela perché la spieghi a Oliverio: non capisce, Benedetto, una mazza di diritto e di leggi. Per cui è vero che ha nominato chi non poteva nominare, ma manca il dolo. Come dire che l’inettitudine non è punibile… anche se fa danni. Vedremo come andrà a finire la vicenda reggina, comunque destinata a fare giurisprudenza visto che per la prima volta viene sovvertito il vecchio monito: la legge non ammette ignoranza. Intanto, resta il doppio binario con il quale Oliverio affronta le vicende giudiziarie di chi lo circonda. Specialmente se chi lo circonda si occupa di sanità. In questo è magistrale la figura di Raffaele Mauro, manager dell’Asp di Cosenza la cui solidità è direttamente proporzionale al numero di iscrizioni che rimedia sul registro degli indagati.
Cara dottoressa Barbalace, come confessava l’ispettore Rock nel mitico “Carosello”, anche lei, però, ha commesso un errore. Lo ha fatto quando non ha capito che piegare la purezza della tecnica alle contaminazioni della politica le avrebbe fatto perdere la qualità della prima senza incassare l’“appartenenza” che è tipica della seconda. Le “strumentalizzazioni giudiziarie” sono utili per abbattere i reprobi ma non scalfiscono chi vanta una solida “appartenenza”.

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