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La cricca degli appalti che ha monopolizzato le coste

Per anni l’erosione costiera nel reggino non è stato un problema da risolvere. Ma un business, con il cuore a palazzo San Giorgio. Lo ha scoperto il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo che nei g…

Pubblicato il: 10/07/2017 – 22:32
La cricca degli appalti che ha monopolizzato le coste

Per anni l’erosione costiera nel reggino non è stato un problema da risolvere. Ma un business, con il cuore a palazzo San Giorgio. Lo ha scoperto il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo che nei giorni scorsi ha fatto recapitare l’avviso di chiusura indagini all’ex dirigente comunale Pasquale Crucitti, all’imprenditore Giuseppe Cutrupi, al suo factotum Antonio Modafferi, i dipendenti del Genio civile Paolo Abagnato e Marcello Sterrantino.

PRESCRIZIONE LIBERA (QUASI) TUTTI Per loro ed altri indagati, nel 2013 il pm aveva chiesto l’arresto, ma quando – tre anni dopo – la richiesta è stata esaminata dal gip, le esigenze cautelari non c’erano più. E molti degli indagati – inclusi comandanti di stazioni del corpo forestale, funzionari della Capitaneria di porto, dirigenti della Provincia di Reggio Calabria – erano stati “salvati” dalla prescrizione. Gli associati invece no.

IL SISTEMA Per la procura, dal 2008 al 2011 c’è stato «collaudato sistema affaristico» gestito da «un’associazione per delinquere costituita da imprenditori operanti nel settore della realizzazione e manutenzione di opere marittime, dipendenti pubblici e privati infedeli e corrotti che hanno costituito un vero e proprio cartello di imprese in cui i legali rappresentanti o referenti si accordavano tra loro per scambiarsi preventivamente le informazioni relative alle singole gare d’appalto».

DUE IMPRESE, UN UNICO DOMINUS In sostanza, tra il 2008 e il 2011 c’è stato un vero e proprio sistema grazie al quale a vincere le gare o ad eseguire materialmente i lavori erano sempre le ditte direttamente o indirettamente riconducibili all’imprenditore Giuseppe Cutrupi, la Mareco e la Impresud. Due imprese formalmente diverse, con sedi legali diverse, ma con unico ufficio amministrativo ed entrambe riconducibili a Cutrupi e ai suoi cognati. Ed entrambe, per anni, inondate dei milioni grazie alla miopia di funzionari pubblici.

LA MIOPIA DI CRUCITTI Fra loro c’è anche l’ex dirigente Pasquale Crucitti, che da Rup curiosamente non si è mai accorto «della illecita partecipazione alle gare di più imprese sostanzialmente collegate, della fraudolenta esecuzione delle opere appaltate e dell’esecuzione di opere in violazione alla disciplina del subappPasqalto”. Anzi, addirittura ha fatto di tutto per boicottare quei funzionari integerrimi, come l’architetto Napolitano, che mettevano in luce tutte le mancanze delle ditte riconducibili a Cutrupi.

MACCHINA DEL FANGO CONTRO GLI ONESTI «Di fronte al corretto svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori (Napolitano ndr) che sovrintendeva affinché le opere appaltate fossero eseguite a regola d’arte e secondo quanto stabilito nel capitolato – spiega il pm nella richiesta di misura cautelare –  (Crucitti) si mostra irritato e scontento “facendo comunella” con l’appaltatore e, addirittura, ponendo in essere una serie di comportamenti finalizzati al boicottaggio del direttore dei lavori, coinvolgendo anche gli altri tecnici, attraverso la messa in opera di una vera e propria macchina del fango».

GARANTI ISTITUZIONALI Traduzione, per Reggio città è stato Crucitti il garante del sistema che a Cutrupi e ai suoi ha permesso di mantenere un monopolio di fatto sulla «fornitura e posa in opera di massi naturali di differenti grandezze e volumetrie per la formazione di barriere frangiflutti e soffolte». Altrove, lo stesso ruolo lo hanno avuto altri funzionari pubblici.

FUNZIONARI INFEDELI Da Bova a Reggio Calabria, quale che fosse il luogo in cui le opere venissero realizzate, sul cantiere c’erano sempre e solo le sue ditte. Le strade erano due. In alcuni casi, grazie a quei funzionari infedeli che gli permettevano di conoscere in anticipo i ribassi proposti dalle concorrenti, Cutrupi era in grado di presentare l’offerta migliore. In altri, l’imprenditore si limitava ad accordarsi con le altre partecipanti alla gara, che in caso di vittoria subappaltavano tutto alla Mareco e all’Impresud, senza che nessuno preposto ai controlli avesse alcunché da ridire. Per la procura, diversi pubblici funzionari hanno infatti «autorizzato illegittimi e generici subappalti», ma anche «falsamente attestato che i lavori fossero stati eseguiti dall’impresa formale aggiudicataria» nonostante fossero «perfettamente a conoscenza che gli stessi erano stati materialmente eseguiti dalla Mareco costruzioni o dalla Impresud».

MATERIALE INADEGUATO In più, quei lavori non erano neanche eseguiti a regola d’arte. Secondo quanto emerso dalle indagini, il materiale utilizzato da Cutrupi proveniva da una cava abusiva e per questo già sequestrata. E della quale l’imprenditore era custode giudiziario. Su quel terreno era stato autorizzato solo lo “spietramento” per convertire l’area ad uso agricolo, ma l’imprenditore ha deciso di non buttar via niente e massimizzare il profitto. Il materiale eliminato è stato usato a mare, a prescindere da forma e dimensioni, e in barba alla legge che prevede l’utilizzo di massi di specifiche dimensioni e quantità. In altri casi invece, per i frangiflutti sono stati usati materiali «già presenti nelle vicinanze dei luoghi di cantiere e ivi posti in esecuzione di precedenti lavori di difesa costiera» o «sottratti illecitamente da altre scogliere realizzate in passato».

LAVORI PUBBLICI A BENEFICIO PRIVATO Almeno in un caso invece, la realizzazione di opere pubbliche è stata subordinata alla tutela di interessi privati. Tra Motta San Giovanni e Reggio Calabria, i soldi stanziati da Bruxelles per proteggere la linea ferroviaria da mareggiate e inondazioni sono serviti in realtà per realizzare «una protezione scogliera a difesa dell’abitazione di Antonio Casile», un ingegnere “amico” delle ditte di Cutrupi.

 

CONDOTTE SPREGIUDICATE Violazioni, illeciti e reati commessi da personaggi «particolarmente spregiudicati, che hanno improntato la loro attività all’elusione della normativa in materia di appalti pubblici al solo fine di lucrare i notevoli vantaggi economici da essa derivanti». Il loro – sottolinea il procuratore – è «uno stile di vita aduso ad illecite attività». Ma l’accumulo di procedimenti sulle scrivanie dei gip ha fatto sì che passassero troppi anni perché certe condotte fossero punibili e certe richieste attuali. Nessuno è stato sottoposto a misura cautelare, ma adesso per capi e gregari della cricca degli appalti, la procura vuole il processo.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it 

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