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Regione, il puzzle incompleto di Mario

REGGIO CALABRIA Non si può completare un puzzle se non si sa quante tessere mancano. L’ufficio di presidenza da rinnovare, le commissioni da ripensare; e se ci fosse anche qualche altra casella da …

Pubblicato il: 11/07/2017 – 9:49
Regione, il puzzle incompleto di Mario

REGGIO CALABRIA Non si può completare un puzzle se non si sa quante tessere mancano. L’ufficio di presidenza da rinnovare, le commissioni da ripensare; e se ci fosse anche qualche altra casella da riempire nella giunta Oliverio? Una, più di una, tutt’e sette, chi lo sa? Meglio, allora, prendere tempo e rinviare tutto ad agosto, quando il quadro e il disegno (del puzzle) sarà (forse) più chiaro. Certo è che le dimissioni di Carmen Barbalace hanno consigliato prudenza a tutti quei consiglieri di centrosinistra che, a torto o a ragione, pensano di avere carte da giocarsi per entrare nell’esecutivo regionale, ammesso che il governatore lo voglia davvero: sostituirà l’ex titolare delle Attività produttive con un politico? L’addio di Barbalace – e quello non proprio imminente di Francesco Russo, designato per la guida dell’Autorità portuale di Gioia Tauro – darà la stura a un rimpasto integrale, solo parziale? Nessuno sa niente. Oliverio non rilascia dichiarazioni alla stampa ma, cosa ancora più singolare, non comunica con i suoi consiglieri. Sicché forse in pochissimi possono vantarsi di conoscere la strategia del governatore per affrontare il giro di boa della legislatura e provocarne l’auspicabile rilancio. Non sorprende, dunque, la scelta del consiglio regionale di stare alla finestra per aspettare possibili sviluppi.      

IL PROGRAMMA L’attesa, però, non sarà ad libitum, perché – su input del presidente di Palazzo Campanella, Nicola Irto – nella riunione di ieri la Conferenza dei capigruppo ha deciso di fissare una scadenza improrogabile: entro il 4 agosto l’assemblea dovrà necessariamente, e in questo ordine rigoroso, rinnovare il suo ufficio di presidenza (forse il 31 luglio) e, in una seduta successiva, affrontare l’emergenza migranti, così come proposto inizialmente da Francesco Cannizzaro, poi supportato da tutti i vertici di Forza Italia.
Insomma, il centrosinistra si è concesso più di due settimane di tempo per cercare di ricomporre i pezzi e rinsaldare una maggioranza che traballa vistosamente, anche per via delle indecisioni e dei silenzi di Oliverio.   

LO SCHIAFFO Apparentemente sono questioni distinte e lontane, ma lo “schiaffo” che il governatore ha ricevuto dal governo, che – a differenza di quanto deciso per De Luca in Campania – non lo ha nominato commissario alla Sanità, rischia di avere appendici anche in politica interna. Oliverio crede che siano proprio il ministro della Salute Beatrice Lorenzin e il suo partito, Alternativa popolare – in Calabria rappresentata dal sottosegretario Tonino Gentile –, ad avergli messo i bastoni tra le ruote. E la possibile ritorsione potrebbe riguardare il fratello di Tonino, quel Pino Gentile che punta a una riconferma per la vicepresidenza del Consiglio. E mentre nel 2015 la sua elezione era stata favorita (a scapito di Mimmo Tallini) dai voti del centrosinistra, per ciò accusato di aver alterato le risoluzioni della minoranza, stavolta le cose potrebbero andare diversamente. Per quel ruolo salgono quindi le quotazioni dei berluscones Tallini e Wanda Ferro. Forza Italia, sull’onda lunga della vittoria a Catanzaro, sta attraversando un buon periodo all’insegna dell’unità. Ma, per adesso, i coordinatori Jole Santelli e Roberto Occhiuto non sono riusciti a trovare una sintesi tra i due politici catanzaresi, entrambi convinti di avere “diritto” alla poltrona di Gentile (per entrambi sarebbe una sorta di risarcimento: per Tallini perché la prima volta è stato gabbato dagli oliverio’s, per Ferro a causa dei due anni passati nei tribunali per farsi riconoscere il diritto a sedere nell’assemblea).

LA MAGGIORANZA In casa Fi è il solo nodo da sciogliere (pare che il segretario-questore Giuseppe Graziano sarà riconfermato). Diversa la situazione dalle parti del Pd. Qui le questioni aperte sono diverse. Irto sarà certo riconfermato alla guida di Palazzo Campanella, tutte le altre postazioni, invece, saranno discusse e valutate attentamente. Le più spinose riguardano la vicepresidenza del Consiglio e la presidenza della commissione Antindrangheta. Entrambe le caselle sono occupate da due politici “autosospesi”, rispettivamente Francesco D’Agostino (indagato per intestazione fittizia di beni nell’ambito dell’inchiesta “Alchemia”) e Arturo Bova (che non è indagato ma i cui precedenti rapporti d’affari con il presunto boss di Roccelletta di Borgia sono emersi dalle carte dell’operazione “Jonny”). Sia D’Agostino sia Bova non hanno ancora comunicato le loro intenzioni per il futuro, ma è ovvio che il riassetto del centrosinistra passa anche da queste decisioni. In alto mare anche le trattative per il rinnovo delle commissioni. L’unica indiscrezione insistente dà il presidente della Riforme, Baldo Esposito, in uscita. Anche lui è un pezzo grosso di Ap, e il Pd sembra ormai deciso a silurarlo per via del suo appoggio ad Abramo in occasione delle amministrative catanzaresi. L’altro schiaffo a Oliverio (e non solo a lui), per intendersi. 

Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it

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