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«La ‘ndrangheta di Vibo sottovalutata per anni, anche dai magistrati»

VIBO VALENTIA Per molti anni la pericolosità delle cosche del Vibonese non sarebbe stata compresa del tutto, o addirittura sarebbe stata minimizzata. Una «ndrangheta di serie A», insomma, che «per …

Pubblicato il: 14/07/2017 – 11:55
«La ‘ndrangheta di Vibo sottovalutata per anni, anche dai magistrati»

VIBO VALENTIA Per molti anni la pericolosità delle cosche del Vibonese non sarebbe stata compresa del tutto, o addirittura sarebbe stata minimizzata. Una «ndrangheta di serie A», insomma, che «per decenni è stata colpevolmente sottovalutata o non capita, anche dalla magistratura e dalle forze dell’ordine». Parole di Nicola Gratteri, che commenta così l’operazione “Outset” che la Dda di Catanzaro ha portato a termine facendo luce su due omicidi avvenuti a Vibo e nell’hinterland tra il 2002 e il 2006 e su un tentato omicidio.
Commentando i nuovi innesti alle squadre mobili di Vibo e Catanzaro – che assieme allo Sco hanno condotto sul campo l’attività investigativa che ha portato agli 8 arresti di oggi contro il clan Lo Bianco-Barba e quello dei Piscopisani – il procuratore del capoluogo pronuncia la frase tutt’altro che sibillina che fa capire quale sia la linea della Dda rispetto alle sfide da affrontare nel Vibonese. «C’è necessità di dare risposte al territorio – ha infatti aggiunto il procuratore di Catanzaro –, vogliamo un recupero fiducia e di credibilità e questo può avvenire solo con i risultati». E quello conseguito con l’operazione “Outset” – che non a caso vuol dire “inizio”, “esordio” – è secondo Gratteri «un risultato fondamentale», perché ha permesso di chiudere il cerchio su tre gravi fatti di sangue che finora erano rimasti insoluti.
Ad affiancare il procuratore in conferenza stampa c’era il Questore di Vibo, Filippo Bonfiglio, con cui Gratteri ha già lavorato a stretto contatto negli anni della Locride, l’aggiunto Giovanni Bombardieri, i dirigenti delle squadre mobili di Vibo e Catanzaro, Giorgio Grasso e Nino De Santis, e il dottor Garofalo del Servizio Centrale Operativo.
Gli inquirenti hanno ripercorso alcuni elementi emersi dall’indagine, scaturita da vecchie risultanze investigative e arricchita dalle dichiarazioni di alcuni pentiti, in particolare i vibonesi Andrea Mantella e Raffaele Moscato. Proprio dai racconti di Mantella, che ha avviato la collaborazione con la giustizia il giorno dopo l’insediamento di Gratteri alla Dda, emergono circostanze inquietanti che per gli inquirenti hanno trovato nelle nuove indagini dei «riscontri granitici». In particolare l’inchiesta racconta di anni di “collaborazione” tra le cosche vibonesi e quelle lametine: una “sinergia” che portava i clan a scambiarsi i killer a cui venivano affidate le azioni di fuoco nei rispettivi territori. Ma oltre alle “collaborazioni” vi sarebbe anche un quadro di presunte collusioni da cui emerge, per esempio, che durante la costruzione delle due villette date come ricompensa a Mantella per l’organizzazione di un omicidio , i vigili urbani di Vibo avrebbero chiuso un occhio su evidenti pratiche di abusivismo commesse dai “prestanome” del pentito. E lo stesso Mantella ha raccontato agli inquirenti che la riunione tra gli esponenti di vertice del clan Lo Bianco-Barba per decidere di eliminare Mario Franzoni – che andava punito per aver puntato la pistola in faccia ai figli di Franco Barba – durante la quale fu stabilita la “ricompensa” delle due villette, si sarebbe tenuta al 501, uno dei più noti hotel di Vibo.   

Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it