REGGIO CALABRIA Primo problema: risolvere il “caso Marcianò”. Secondo problema: trovare il modo di parlarsi – e magari trovare una linea comune – all’interno di una maggioranza che conta otto gruppi. E dunque andiamo con ordine. Almeno all’interno dello schieramento principale tra quelli che supportano il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomata, la quadra è stata trovata nella giornata di lunedì. Il Partito democratico è arrivato a una conclusione: le “incomprensioni” con l’assessore vanno risolte e il compito spetta al sindaco. Nella road map che dovrebbe portare a una situazione più serena, i consiglieri dem non escludono alcuna soluzione dal ventaglio delle possibilità. Il primo cittadino deve muoversi per risolvere i contrasti e appianare le divergenze; qualora non ci riuscisse potrebbe pensare a una revoca del mandato per la titolare della delega alla Legalità e alle Politiche della casa. Il Pd non sta chiedendo a Falcomatà di estromettere Marcianò, ma non gli sta neppure chiedendo di non farlo. È in questo senso che la posizione appare anomala: i dem non escludono di vedere un membro della loro segreteria nazionale – recentemente nominato da Matteo Renzi – fuori dalla giunta reggina a trazione Pd.
Ma i problemi sono (anche) altri. E dunque si è discusso dei rapporti complicati tra la giunta nel suo complesso e il consiglio, facendo riferimento a una fastidiosa «mancanza d’ascolto». Altro compito – questa volta di carattere generale – affidato a Falcomatà. Basterà (si fa per dire) fare il giro delle sette chiese (che in questo caso sono otto): più che un primo cittadino servirebbe un vigile urbano per mettere tutti d’accordo.
Ma il dossier più spinoso rimane quello del rapporto conflittuale tra Marcianò e la maggioranza. Riesploso, di recente, sul regolamento per l’assegnazione degli alloggi popolari. L’assessore si è lamentata perché segmenti della maggioranza si sarebbero messi di traverso, contestando questioni che a lei paiono essenziali nella road map che porterà all’approvazione. E il capogruppo del Pd Nino Castorina ha risposto per le rime: «Non siamo i suoi passacarte, tende a personalizzare la vicenda: non è un attacco alla sua linea ma la conferma di un principio generale. Siamo stati eletti, il nostro ruolo è anche quello di proporre emendamenti». Proprio su due emendamenti, infatti, si gioca lo scontro.
Ma ai più maliziosi – e, parafrasando Andreotti, a essere maliziosi in politica spesso ci si azzecca – basta mettere in fila una sequenza di fatti per coinvolgere nella tenzone il sindaco. Marcianò è (ri)diventata un caso dopo la sua nomina nella segreteria. Nomina che, secondo ricostruzioni mai smentite, non sarebbe andata giù a Falcomatà, riportando il rapporto con l’assessore – sempre giocato su una leggera tensione di fondo – ai tempi difficili in cui il primo cittadino pensava di estrometterla dalla sua giunta bis. Oggi il Pd non gli ha chiesto di farlo. Ma neppure di non farlo.
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