Ultimo aggiornamento alle 9:20
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

Gambling, i rinvii a giudizio sono 59

REGGIO CALABRIA Si dovranno presentare il prossimo 27 settembre di fronte ai giudici del Tribunale di Reggio Calabria i 59 imputati dell’inchiesta Gambling, scaturita dall’indagine coordinata dai p…

Pubblicato il: 20/07/2017 – 16:11
Gambling, i rinvii a giudizio sono 59

REGGIO CALABRIA Si dovranno presentare il prossimo 27 settembre di fronte ai giudici del Tribunale di Reggio Calabria i 59 imputati dell’inchiesta Gambling, scaturita dall’indagine coordinata dai pm Sara Amerio e Stefano Musolino che ha svelato come il gigantesco business del gaming online sia divenuto preda dei clan reggini. Tutti quanti – ha stabilito il gup – avrebbero dunque avuto un ruolo nel sistema che ha permesso alla ‘ndrangheta di lavare denaro sporco per milioni, reso utilizzabile grazie alle innumerevoli triangolazioni fra una serie di società schermo collocate tra l’Italia, Malta e diversi paradisi fiscali. Un settore “nuovo” per la ‘ndrangheta, ma aggredito con regole e meccanismi che – come svelato dall’operazione Meta – sono stati decisi ormai decenni fa e tali rimangono.
IL SISTEMA Il meccanismo utilizzato era fondamentalmente semplice, ma geniale nella sua meticolosa applicazione. Alla base, c’era una consistente schermatura dell’effettiva natura delle imprese di scommesse e giochi on line, garantita da una serie di società formalmente collocate all’estero, come pure dallo spostamento oltre confine dei server necessari per connettersi al sistema e giocare. Uno stratagemma semplice, che le norme oggi in vigore non sono stato di grado di bloccare, ma che ha permesso ai clan di ripulire enormi quantità di denaro e insistenti profitti, poi reinvestiti per l’acquisizione di ulteriori imprese e licenze estere e nazionali per l’esercizio ancora più esteso e remunerativo delle attività. A garantirne l’operatività era un rosario di Centri di trasmissione dati (Ctd), dove contrariamente a quanto impone la norma era possibile fare giocate e puntate in contanti.
IL VERTICE DELLA PIRAMIDE A diffondere a macchia d’olio le agenzie “infettate” dai clan sarebbe stata una rete piramidale e rigidamente strutturata che al suo vertice vedeva in primo luogo Mario Gennaro, oggi pentito. Definito nei brogliacci dell’inchiesta da Francesco Ripepi (alias Ciccio Tizmor) come uno che da ragazzo era «costretto a rubare i motorini perché non aveva neppure i soldi per comprarsi le calze», Gennaro ha saputo far del suo vizio – che per il pentito Carlo Mesiano lo aveva addirittura «spesso fatto finire sotto usura» –  la chiave del successo.
LA PARABOLA DI MARIOLINO Uomo di Franco Giorgio Benestare, uno dei cinque generi del boss Giovanni Tegano, ha saputo fare carriera nel settore delle scommesse, diventando non solo country manager della società maltese Betuniq, ma addirittura proprietario occulto della società. Un ruolo messo a disposizione del clan, che in cambio gli ha affidato la gestione dell’intero sistema. «La ‘ndrangheta – spiegava il gip bell’ordinanza  – promuove Mariolino da Archi, quello allevato dai Tegano, al manager Gennaro, dominus di Betuniq» in ragione di una strategia complessiva, propria dell’intera organizzazione, che punta a mettere le mani non solo su enormi potenziali profitti, ma su un business utile per movimentare e “lavare” quell’enorme mole di liquidità altrimenti ferma, perché frutto di attività illecite.
L’HOMO NOVUS DELLA NDRANGHETA REGGINA «Dietro Mario Gennaro – si legge nelle carte – c’è la ‘ndrangheta; la ‘ndrangheta che lo ha prima allevato, poi scelto ed elevato, in ragione delle caratteristiche personali di cui si è scritto e del suo profilo criminale di tutto rispetto, a referente e vertice dell’articolazione operativa dedita all’infiltrazione del mercato dei giochi e scommesse a distanza e della rete commerciale che fa capo alla predetta organizzazione». Una rete che si è imposta grazie a uomini e mezzi delle ‘ndrine, ma che stava per tentare il definitivo salto di qualità: «Una graduale ma inesorabile strutturazione dell’impresa Betuniq in termini rigorosamente aziendalistici, al chiaro fine di “ripulire” il marchio e la propria stessa immagine, in modo tale da conferire loro un notevole prestigio commerciale, dotandoli di una patente di apparente affidabilità imprenditoriale».
 
STRATEGIA FALLITA Un piano fatto saltare dall’indagine della Dda reggina, le cui risultanze sono state confermate dalle dettagliate dichiarazioni di Gennaro. A qualche mese dall’arresto, “Mariolino” ha iniziato a collaborare con la giustizia. In carcere ha iniziato a parlare con inquirenti ed investigatori, svelando ogni dettaglio del sistema che ha contribuito a costruire. Giudicato per sua scelta con il rito abbreviato, il collaboratore – per il quale è stata chiesta una condanna a tre anni – dovrà attendere fino al 31 luglio per la sentenza.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x