“Cambiare tutto per non cambiare niente”. Già durante il tempo del Gattopardo le idee sulla politica erano chiare. E Tomasi di Lampedusa certamente non conosceva il sindaco Abramo né aveva potuto sentire parlare dei suoi trascorsi politici; tantomeno aveva potuto prevedere le sue future acrobazie per garantire ad un consigliere di una coalizione che lo ha appoggiato di ottenere la presidenza del consiglio comunale. È vero, invece, che nella vita tutto ritorna a prescindere dalla volontà degli uomini. Sono le cosiddette coincidenze. Perché se Tomasi di Lampedusa avesse avuta la ventura di imbattersi nell’attuale sindaco di Catanzaro, sia pure solo per averne sentito parlare, chi può immaginare cosa avrebbe potuto partorire dalla sua fervida mente.
È quella, comunque, una frase che a quanto pare sta bene per ogni tipo di stagione. Al tempo in cui fu scritta faceva riferimento alla formazione del Governo dell’epoca che, a dire dell’autore, avrebbe ingannato gli italiani onesti, quelli che si erano recati ai seggi con onestà di intenti, che lavoravano con onestà, che rispettavano le leggi e pagavano le tasse. Insomma quegli italiani che allora come oggi rappresentano la maggioranza del Paese.
Trasferita per metafora in Calabria avrebbe trovato terreno fertile nell’aula rossa di Palazzo De Nobili nella quale si riunisce il consiglio comunale del Capoluogo di regione e nella quale si dovrebbero trattare le questioni esclusivamente nell’interesse generale della popolazione rappresentata. Dunque nell’interesse di tutti i catanzaresi e non soltanto di quelli che hanno votato Abramo e la sua maggioranza. Invece così sembra non essere: il presidente dell’Assemblea, figura di garanzia istituzionale che rappresenta il Consiglio, garante di tutti, anche delle minoranze e non solo di chi ha vinto le elezioni, è stato eletto alla terza votazione con la maggioranza semplice perché è stato deciso di non accogliere le richieste dell’opposizione che optava per una soluzione condivisa. E, per quanto si è tentato di invertire una tendenza, non si è trovata una mediazione che potesse accontentare maggioranza e opposizione.
Anche in questa occasione il Consiglio, nell’immaginario collettivo, sarà per i prossimi cinque anni nelle mani di chi ha vinto. Si è, dunque, preferito un cliché vecchio come vecchia è stata la campagna elettorale imperniata prevalentemente sul clientelismo, quando agire al contrario sarebbe stato una dimostrazione di volontà nel ricercare la ricomposizione dei rapporti in favore di una città che ne ha bisogno; un atto di maturità politica se solo la volontà di Abramo e della sua maggioranza avesse valicato i confini dell’egoismo e avesse fatto ricadere su una figura concordata la scelta del presidente dell’assemblea.
Queste cose è bene che si sappiano così come chi lo nega dimostra di essere rimasto fermo al palo e gli si dovrebbe ricordare che il pensiero unico, post elettorale, difficilmente porta a soluzioni sostenibili. Catanzaro più di qualsiasi altra città calabrese ha bisogno di scelte coraggiose perché si realizzi un programma complessivo di sviluppo che incida positivamente nei vari settori della vita di tutti i giorni, a cominciare dal promuovere il lavoro che manca soprattutto tra i giovani ma anche tra gli over cinquanta, fino ad individuare progetti a sostegno della piccola e media impresa capaci di favorire una svolta positiva alla città per farla riprendere a sperare facendole abbandonare l’abulica tendenza della rassegnazione.
Catanzaro ha bisogno di una bonifica profonda, che si lavori seriamente per liberarla della delinquenza comune, dallo spaccio di droghe che interessa interi quartieri, da un certo bullismo giovanile che, se attecchisce, può diventare causa di ben più gravi conseguenze soprattutto perché alimentato dall’alta percentuale di disoccupazione esistente. La Scuola in tutto questo deve esercitare più incisivamente il compito che le compete.
Sono tutte condizioni che per essere contrastate hanno bisogno di maggioranze di coalizione guidate da leaderschip forti. Altro che sistemi clientelari; i partiti, ed è questo il vero problema, debbono intendere che sono finiti i tempi in cui si viveva di rendita, di ideologie, ma che è giunta l’ora in cui si devono fare funzionare le meningi per proporre una classe dirigente adeguata ai tempi. Se questa è la soluzione, è veramente poca cosa che si continui ad assistere alla riproposizione di schemi obsoleti spolverati da una classe dirigente che non sa rinnovarsi e che ritiene sia sufficiente proporre ciclicamente l’ “elenco della spesa” per dimostrare quanto è stata brava pur avendo davanti una città che, è sotto gli occhi di tutti, regredisce giorno dopo giorno.
*giornalista
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