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Lo spopolamento del Sud e il rammarico di un tempo lontano

  Man mano che l’estate entra nel vivo, ecco che gli “indignados” ma “aficionados” tornano a casa. Certo ci sono quelli che sono partiti per le lontane Americhe, o per la Germania che difficilmente…

Pubblicato il: 24/07/2017 – 12:50

 

Man mano che l’estate entra nel vivo, ecco che gli “indignados” ma “aficionados” tornano a casa. Certo ci sono quelli che sono partiti per le lontane Americhe, o per la Germania che difficilmente torneranno. Se parliamo di Australia, poi, è meglio non pensarci. Son partiti tutti con il biglietto di sola andata. Una battuta per dire che, non sapendo, una data di possibile, ma voluto rientro, hanno scelto, pur costando di più, il biglietto Lamezia-Roma-Dusseldorf. Se va male, gli euro per tornare, bene o male, si trovano. La verità, però, è un’altra. Una volta presa la decisione di partire, e a malincuore, è difficile che si torni, anche se il cuore è rimasto in Calabria. Difficile perché il tempo che si impiega per trovare un posto di lavoro non è breve e, soprattutto, deve compensare le spese di viaggio, specialmente se l’emigrato si è portato con sé la famiglia. Qualche anno fa, sono stato in Australia. Mi hanno fatto incontrare gruppi di emigrati calabresi, più o meno della mia età, altri più anziani. Ricordavano tutto ed anche di più. Sia perché, dovunque vadano costituiscono delle “little Calabries”, sia perché il loro tempo libero trascorre all’insegna del “ ti ricordi…” La nonna, i parenti, le feste, la Chiesa, la Piazza. Ma non c’è soluzione. Un volta accasato nel nuovo mondo – sia esso Europa o America – è difficile che si possa prendere la decisione di tornare. Solo se non si ha successo, si è costretti a riprendere la via del Paese, altrimenti, si rimane nella nuova Patria, con la pena nel cuore. A Perth, per esempio, rifacevano, ogni anno, la festa del Paese – Mamma Nostra -, a Sidney si incontravano al club, facendo finta di giocare al biliardo, ma invece usavano le carte napoletane per la scopa o il tressette, in altri posti, ballavano, anche tra uomini o tra donne. Finanche! Da qualche tempo, però, dopo un periodo di fermo, sembra essere ripreso lo spopolamento del Mezzogiorno. In meno di dieci anni sono emigrati, dal Sud verso il Nord, ben 400 mila cittadini. Quasi 40 mila persone all’anno, senza contare gli emigrati all’estero, che, rispetto al passato, sono tutti più acculturati. In entrambi i casi, si tratta, per la maggior parte, di persone che quasi mai, come dicevamo, faranno ritorno nei paesi di origine. E quel che più conta, sono persone che faranno mancare ai paesi di origine, non solo il contributo numerico – l’unione fa la forza – ma apporto della loro attività riproduttiva. «Soffre pertanto il presente per la loro mancanza – ha sostenuto lo storico Giuseppe Galasso – ma soffrirà il bilancio demografico di quei paesi che si vanno spopolando». Paesi che diventano sempre più anziani, anche perché, per l’emigrazione, si ridurranno i consumi, chiudono negozi, le case vengono abbandonate, cambiano i numeri civici. E qualche volta, quando l’abbandono delle case, dura a lungo, queste diventano “res nullius” e , se non ci sono eredi, la proprietà passa di mano. Una cosa del genere è avvenuta, negli anni, alle Isola Eolie, dove si parla il dialetto calabrese. Abbandonate le case, queste sono diventate proprietà di chi, per primo, se ne è appropriato, per poi, magari, costruire la villa al mare. A Stromboli piuttosto che a Panarea o a Salina. E quando, qualche lontano erede si è ricordato di aver avuto parenti, con casa, povera quanto si vuole, è rimasto con un palmo di naso. Anche andando al catasto di Lipari. Quella casa era già di proprietà altrui. Mio zio era di Filicudi e mia nonna, la madre di mio padre, di Stromboli. Sapevo tutto, ma ero andato per curiosità. Mi è rimasta la gita! Emigrazione, dunque. Ma riduzione di vitalità, che non è poco. Per l’assenza d giovani, inoltre, di figli non ne nascono, in centri, nei quali ormai, non si fanno, pur potendo, figli. Ecco perché, un politico presbite (ma ce ne sono, ancora?) occorrono investimenti superiori a quelli previsti per il Paese, ove ci fossero. E, se possibile, investimenti esteri – perché no?- di cui il Paese, ma, evidentemente, il Mezzogiorno intero manifestano una carenza impressionante. Era parso una decina d’anni fa, quando c’è stata l’illusione della fabbrica o delle fabbriche nella contrada Lamia di Gioia Tauro che, finalmente, anche dalle nostre parti, si potesse dire “mi alzo presto per andare in fabbrica”. Invece? Invece, gli industrialotti del Nord, veri e propri prenditori di soldi destinati al Sud, si sono incassati i soldi della 488 e sono spariti con la Cassa. Lasciando gli stabilimenti, i macchinari e, quel che più conta, i poveri ragazzi dell’intera Piana, coma “l’aretino Pietro” con una mano davanti e l’altra dietro. E se torni nel “luogo dell’anima”, ogni volta apprendi di sempre nuovi emigrati, di gente che, nel 90% dei casi non torna. Non avrebbe che fare. L’agricoltura non tira, anzi. La pesca non conviene. Di turismo, si e no, quindici giorni di stenti. E poi guardi il tramonto, inimitabile, le Isole, respiri, guardi il mare con gli occhi di chi non c’è più e non ti resta che il rammarico del tempo che fu e non torna più.

*giornalista

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