CATANZARO Una moto da enduro di colore scuro, casco integrale scuro, giubbotto scuro, jeans chiari e scarpe bianche col marchio della Nike. È questo il profilo del killer che la mattina del 24 giugno segue a pochi secondi di distanza la Citroen Picasso guidata da Angelo Mazza, collega di Gregorio Mezzatesta. Il dipendente delle Ferrovie della Calabria viaggia con l’amico perché si alternano nei giorni in cui prendere l’auto per arrivare da Soveria Mannelli a Catanzaro. Sono le ultime ore per Mezzatesta ma lui e il suo collega non si accorgono di quell’ombra che scivola alle loro spalle mantenendosi a poche macchine di distanza e che gli sta dietro da quando sono passati a Tiriolo. La giornata del killer era iniziata, stando alle ricostruzioni dei carabinieri, prima ancora dell’alba. Sì, perché Marco Gallo, 32 anni, – tratto in arresto lunedì con l’accusa di essere l’omicida dell’impiegato – arriva con la sua Bmw Station Wagon in via Indipendenza, a Lamezia Terme, intorno alle cinque e un quarto del mattino. Qui, al civico 56, c’è un garage che i militari hanno scoperto essere nella disponibilità dell’indagato. Anzi, i carabinieri nel corso delle indagini, sono perfino andati da Gallo perché il suo garage ha una telecamera e gli investigatori, che ormai erano sulle sue tracce, volevano acquisirne le immagini. Da quel primo contatto non hanno portato a casa nessun frame ma una certezza: quel garage appartiene a Gallo. È da lì, presumibilmente, che lo stesso indagato è partito il 24 giugno, con la moto da enduro, intorno alle sei meno un quarto diretto ad agganciare la sua vittima. Lui non se ne cura ma decine di occhi elettronici stanno registrando il suo passaggio e tutti questi occhi verranno messi in fila dai carabinieri e dai magistrati di Catanzaro che a loro volta, nell’arco di un mese, ricostruiranno la giornata del presunto killer. Alle 7:16:33 la Citroen passa in via Cigala nel Comune di Tiriolo, due secondi dopo vi passa l’enduro guidata da centauro in casco scuro e scarpe Nike chiare. Alle 7:24:21 saranno le telecamere di un bar di Marcellinara a registrare l’inseguimento.
E la stessa ombra scura arriva in via Milano a Catanzaro dietro alla Citroen alle 7:37.
I RACCONTI DEI TESTIMONI Il primo testimone ad essere sentito dagli investigatori sarà Angelo Mazza che racconta gli ultimi istanti di vita di Mezzatesta. Sono flashback veloci: il caffè preso al bar vicino alla Stazione, giusto cinque minuti prima di risalire in macchina. Mazza che sale per primo e qualche attimo dopo sente un rumore «come un piccolo petardo seguita dal rumore di un vetro che si frantumava». Sono attimi. Mazza pensa che a rompere il finestrino sia stato Mezzatesta sbattendo troppo forte la portiera. Poi vede, per la prima volta la vede, quell’ombra. Ma non distingue niente perché la voce di un conoscente sta gridando nella sua direzione. Mazza si butta a terra e si nasconde dietro la vettura. «… credo che indossasse un gubbino di colore nero…», è l’unico indizio che ricorda. L’uomo che grida nella sua direzione è il responsabile della ditta che si occupa delle pulizie nell’area delle Ferrovie della Calabria. Lui, appena uscito dal tabacchino, vede tutto, registra molti particolari, chiama i carabinieri e riferisce loro quello che ha visto. L’uomo vede un ragazzo di circa 25 anni che parcheggia la moto a un’auto di distanza dalla Citroen, scende e spara. Il testimone afferma di avere gridato «che cazzo fai», all’indirizzo del killer il quale «dopo essersi voltato verso di me puntandomi l’arma – racconta il testimone –, l’abbassava, saliva sulla moto e ripartiva». Dal bar della Stazione la moglie del titolare racconta di avere visto un uomo di corporatura normale che indossava un casco integrale di colore nero, vestito di scuro che si allontanava su «una moto che credo fosse del tipo da enduro».
LA FUGA DEL KILLER E L’INCIDENTE Dopo l’omicidio il killer fugge. Segue strade poco battute di montagna. Un percorso lungo e tortuoso che potrebbe essersi rivelato “fatale” per il centauro e la sua moto. Accade, infatti, che in contrada Zappanotte a Lamezia Terme, ormai quasi arrivato – dopo avere percorso i sentieri montani di Cicala, San Pietro Apostolo, dopo essere passato dal santuario della Madonna di Termini – al killer si ferma la moto. Forse un guasto, forse è finita la benzina A poco più di un’ora dal delitto, la telecamera di una casa privata inquadra il motociclista che, pur rimanendo in sella, spingere la enduro facendo leva sulle gambe. Quindici minuti dopo lo stesso soggetto con giubbino scuro, jeans chiari e scarpe Nike bianche viene immortalato mentre attraversa contrada Quattrocchi. Ma questa volta è a piedi e senza casco. E si dirige proprio verso via Indipendenza, la strada dalla quale è partito all’alba. Da qui lo seguono sempre le telecamere che adesso mettono in evidenza un altro particolare: una evidente calvizie nella parte superiore della testa. Da via Indipendenza l’uomo riparte con la sua Bmw con un rimorchio per trasporto di ciclomotori attaccato dietro. Il killer non abbandona la sua moto, se la va a riprendere. Sono quasi le 10 del mattino quando l’auto con la moto enduro a bordo fa rientro al civico 56 di via Indipendenza.
Nei video gli investigatori hanno ripreso anche le targhe della Bmw, che risulta intestata a Gallo, e della moto che durante l’azione omicidiaria risulta essere associata a un motorino Piaggio rubato a Reggio Calabria a febbraio scorso. Ma già sul carrello, al ritorno a Lamezia, la targa è quella originale e la moto risulta appartenere a Marco Gallo. I carabinieri continuano a seguire l’indagato anche quando ormai sono vicini ad arrestarlo. Ne studiano le caratteristiche somatiche, la corporatura, le posture, compresa quella calvizie sulla parte superiore della testa.
SPICCATA PROFESSIONALITA’ Scrive il gip Giovanna Gioia nell’ordinanza di arresto: «… l’efferatezza del fatto e la metodologia usata, che denotano una spiccata professionalità nell’azione omicidiaria da parte dell’indagato che, senza dubbio alcuno, per quanto rappresentato è da ritenersi aduso a condotte criminali». Tracciato il profilo e la parabola (discendete) del presunto killer c’è da chiedersi chi sia la mano che lo ha assoldato e perché.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
x
x