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Oliverio (ri)abbraccia Renzi, ma il Pd è sempre più spaccato

CATANZARO Believe in Renzi, credere a Renzi, affidarsi a lui. Che altro potrebbe fare Mario Oliverio? Le parole del segretario del Pd a Diamante hanno avuto l’effetto di rinsaldare un legame da sem…

Pubblicato il: 31/07/2017 – 12:34
Oliverio (ri)abbraccia Renzi, ma il Pd è sempre più spaccato

CATANZARO Believe in Renzi, credere a Renzi, affidarsi a lui. Che altro potrebbe fare Mario Oliverio? Le parole del segretario del Pd a Diamante hanno avuto l’effetto di rinsaldare un legame da sempre fragile e che rischiava di spezzarsi definitivamente a causa della mancata nomina del governatore a commissario della Sanità, ancora più difficile da mandare giù perché De Luca, in Campania, quell’incarico l’ha avuto. Oliverio credeva che sarebbe toccato pure a lui prendere le redini del settore più ricco della Regione, dopo un inseguimento durato quasi tre anni. Il premier Gentiloni e il ministro Lorenzin, invece, lo hanno lasciato ancora una volta a bocca asciutta. Logico, allora, che il presidente calabrese abbia accolto di buon grado le parole del segretario: «Ha ragione il governatore della Calabria. Ciò che chiede Oliverio è la stessa cosa che ha chiesto De Luca. E quello che vale in Campania deve valere anche in Calabria».
L’effetto è stato quello di unire, almeno per ora, i “diversamente renziani” del governatore agli “ortodossi” del segretario calabrese Ernesto Magorno, gran cerimoniere della presentazione del libro dell’ex presidente del Consiglio nella cittadina tirrenica. La nuova intesa è conveniente per tutti: Oliverio sa che Renzi è l’unico in grado di realizzare il suo sogno di diventare commissario; Renzi, “corteggiando” Oliverio, si assicura un valido alleato ai congressi provinciali d’autunno, banco di prova decisivo in vista delle politiche del prossimo anno. Il più contento è, ovviamente, Magorno, che a poche ore dalla passerella di Renzi a Diamante ha diramato una nota a dir poco ecumenica, in cui, dopo aver ringraziato per la partecipazione lo stesso Oliverio e tutti i dirigenti regionali del partito, ha celebrato «un prezioso e ampio gruppo di persone, saldamente legate a un progetto collettivo, a un impegno comune dentro a uno dei più grandi partiti dell’Occidente. Questo è tanto più vero in Calabria, una terra laboriosa della quale come Pd ci sentiamo a servizio, con umiltà ma determinazione». Il segretario regionale ha anche rotto l’immobilismo annunciando una conferenza programmatica sulla Calabria, da tenere nella prima settimana di settembre, e il ritorno di Renzi a ottobre, per una non meglio precisata iniziativa su infrastrutture e logistica con Oliverio e un’assemblea con i segretari dei circoli calabresi.  

PARTITO IN CRISI Il Pd calabrese è dunque un partito pacificato? Al di là dei proclami di Magorno e degli interessi, diversi ma simili, di Oliverio e Renzi, sembra proprio di no. La “corrente” che si riconosce nel Guardasigilli Andrea Orlando, a queste latitudini capeggiata dal consigliere regionale Carlo Guccione, continua infatti ad accrescere i propri consensi e ad accogliere i delusi. Non è passata inosservata, ad esempio, la presenza a Gizzeria di Arturo Bova, da poco rientrato nelle sue funzioni di presidente dell’Antindrangheta regionale, in occasione della costituzione in Calabria dell’area Dems, che fa capo proprio al ministro della Giustizia.
A confermare la balcanizzazione del Pd regionale ci sono anche le sempre più frequenti e affollate riunioni dei “Ricostituenti”, una sorta di movimento interno – a cui hanno aderito molti big democrat, come Agazio Loiero e Sandro Principe – insoddisfatto della gestione del partito in Calabria (che ha perso tutte le elezioni nelle principali città) e della politica amministrativa di Oliverio. Insomma, una fronda in piena regola che rischia di minare la presunta unità evocata da Magorno.
Come interpretare, poi, la presa di posizione dei due presidenti delle Province di Catanzaro e Cosenza, Enzo Bruno e Franco Iacucci? Sono del Pd e intendono restarci, ma questo non ha impedito loro di andare allo scontro con il governatore, accusato indirettamente di aver escluso le due amministrazioni dai finanziamenti per l’edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti. Bruno e Iacucci hanno  denunciato senza mezzi termini «la difficile realtà che ormai da troppo tempo vivono le Province calabresi nel rapporto istituzionale con l’ente Regione», non senza sottolineare «l’assoluta mancanza di interlocuzione» con la Cittadella. Il caso è anche finito all’attenzione della segreteria nazionale, che pare si sia schierata con i due presidenti per fermare l’attacco agli enti locali messo in atto da Oliverio.    

IL CONSIGLIO Anche la stasi sul rinnovo dell’Ufficio di presidenza del Consiglio testimonia la crisi di un partito i cui cacicchi non riescono a trovare un accordo. A una settimana esatta dal rinnovo delle cariche, né il gruppo del Pd, né la maggioranza di Palazzo Campanella hanno trovato il tempo di convocare una riunione per far quadrare il cerchio delle nomine. Di nodi da sciogliere non ce ne sarebbero molti, ma Oliverio e Magorno tacciono e tutto resta fermo com’è.
La presidenza dovrebbe rimanere pressoché invariata, con l’eccezione delle due vicepresidenze. E se Forza Italia resta ancora impantanata nel dualismo Wanda Ferro/Mimmo Tallini, nel centrosinistra c’è la grana Francesco D’Agostino. Pare che l’ex vicepresidente, malgrado un recente rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta “Alchemia” contro le cosche della Piana di Gioia Tauro, prema per la sua riconferma (supportato anche dall’ex presidente del consiglio regionale Peppe Bova). Una richiesta che Oliverio – assicurano i bene informati – non intende accogliere, e questo malgrado D’Agostino sia un componente del gruppo che porta il nome del governatore.
Scalpita anche l’ex vicepresidente della giunta Vincenzo Ciconte. Per lui, però, potrebbe esserci soltanto un posto come presidente di commissione, probabilmente quella Affari istituzionali, attualmente occupata da Franco Sergio, a sua volta in pole position per la vicepresidenza.
Sono tutti incastri possibili, la cui ratifica finale spetta a Oliverio. Che finora ha deciso di prendere tempo, nel tentativo di placare anche alcuni maggiorenti del Pd (reggino soprattutto) che spingono affinché il giro di boa della legislatura sia contrassegnato – oltre che dal rinnovo di presidenza e commissioni consiliari – anche da un “refresh” nella giunta, dove si è liberato il posto di Carmen Barbalace (dimissionaria dopo l’inchiesta giudiziaria che l’ha coinvolta), senza contare il probabile addio di Francesco Russo, già designato per la guida dell’Autorità portuale di Gioia Tauro. E poi c’è da affrontare la “questione Roccisano”: l’assessora al Lavoro non è gradita a un pezzo di Pd (sempre quello reggino) e Oliverio dovrà infine prendere una decisione: rimuoverla o confermarla. È solo una delle innumerevoli criticità di un partito che è tutto fuorché unito.

Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it

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