PALMI Un ex collaboratore di giustizia, Pasquale Gagliostro, di 53 anni, è stato ucciso in un agguato stamattina delle campagne di Palmi. Gagliostro, già affiliato alla cosca Parrello della ‘ndrangheta, è stato ucciso con alcuni colpi di fucile caricato a pallettoni mentre stava lavorando in un suo terreno in contrada “Garanta”, tra gli abitati di Palmi e Seminara. Gagliostro, soprannominato “il pistolero”, nel 1993 aveva subito un altro agguato. Sull’omicidio indagano i carabinieri della Compagnia di Palmi, che stanno sentendo familiari e conoscenti della vittima.
CHI ERA Prima di collaborare con la giustizia, Gagliostro era affiliato alla cosca dei Parrello. Nel ’93, mentre rientrava a casa, subì un agguato a colpi di fucile armato a pallettoni; fu ferito gravemente ma si salvò ricevendo la sorveglianza speciale. Decise quindi di pentirsi, una decisione dalla quale i genitori e la sorella si dissociarono. Nell’aprile del 1995 la collaborazione di Gagliostro con gli inquirenti portò al fermo di 30 persone. Altre 12, otto delle quali, comunque, erano già latitanti, si erano rese irreperibili. L’operazione, denominata “Operazione Oro”, era stata condotta dal Procuratore distrettuale di Reggio Calabria Salvatore Boemi, dai sostituti procuratori Giuseppe Verzera e Francesco Mollace, e dal dirigente della Squadra Mobile reggina Roberto Di Guida. Le dichiarazioni di Gagliostro servirono ad integrare quelle fatte nei mesi precedenti da un’altra collaboratrice di giustizia, Concetta Managò, che si accusò di alcuni omicidi compiuti nell’ambito della faida tra i Gallico e i Condello. Boemi e Verzera dissero che la collaborazione di Gagliostro si era dimostrata «essenziale e importante» perchè le sue dichiarazioni permisero un riscontro con quelle fornite dalla Managò. La testimonianza di Gagliostro, in particolare, si concentrò su movente e responsabili dell’omicidio di Pasquale Condello, marito di Concetta Managò, avvenuto il 19 settembre ’89 nelle campagne di Seminara. L’uomo, latitante da undici anni, rimase ucciso nello scoppio della sua automobile, sotto la quale era stata collocata una bomba. Di Gagliostro non se ne seppe poi nulla. Dal ’98 non ebbe più lo status di collaboratore di giustizia e nel periodo in cui ha vissuto nel parmigiano si sarebbe reso responsabile di alcuni reati minori.
IL CASO ONOFRI E LE TRUFFE Gagliostro entrò, di straforo, anche nel giallo del rapimento del piccolo Tommaso Onofri, a Parma. I media lo chiamarono “il testimone chiave” per alcune settimane, ma in realtà non diede alcun contributo alle indagini. Nel mese del dramma, fra marzo e aprile del 2006, quando non si avevano notizie certe sulla fine del piccolo di due mesi, l’ex pentito si fece avanti dal carcere di via Burla dicendo di sapere chi c’era dietro al rapimento e che anche lui era stato interpellato per sequestrare il bambino. Gli inquirenti seguirono anche quella traccia: ma Gagliostro si rivelò poco affidabile. Lo sapevano bene residenti e commercianti di Borgo delle Colonne dove, da pseudo-imprenditore, aveva aperto una rimessa per aggiustare le biciclette. Ma in quell’officina «manco ha toccato una ruota» dissero ironicamente dalla Squadra mobile. Si limitava a girare per i borghi e a ricordare a tutti che lui era stato dentro, per tanti reati, che non bisognava dargli fastidio. Minacce ai commercianti (anche per questo è stato denunciato) e poi colpi bassi: come rubare l’energia attaccandosi alle prese degli altri.
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