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«Un anno fa la morte di mio fratello, attendo che sia fatta giustizia» – VIDEO

LAMEZIA TERME «Quella maledetta notte è una presenza fissa, non un ricordo». Il dolore è forte e stringe ancora ai fianchi. L’avvocato Antonella Pagliuso ha la voce stanca ma decisa, la sua vita, d…

Pubblicato il: 09/08/2017 – 5:34
«Un anno fa la morte di mio fratello, attendo che sia fatta giustizia» – VIDEO

LAMEZIA TERME «Quella maledetta notte è una presenza fissa, non un ricordo». Il dolore è forte e stringe ancora ai fianchi. L’avvocato Antonella Pagliuso ha la voce stanca ma decisa, la sua vita, dice, «si è fermata a quella maledetta notte» di un anno fa durante la quale una mano assassina ha sparato a bruciapelo a suo fratello Francesco, 43 anni, giovane e quotato penalista del foro di Lamezia Terme. Era appena rientrato a casa a bordo del proprio Suv Volkswagen e mentre il cancello si chiudeva alle sue spalle e l’avvocato apriva la portiera dell’auto per scendere, il killer, avanzando da un anfratto del giardino, si poneva davanti all’uomo ancora seduto sparando tre colpi di revolver; due raggiunsero fatalmente Francesco Pagliuso al collo e alla testa. Il finestrino del lato passeggero si infranse e l’assassino si dileguò da un buco preventivamente fatto nella recinzione del giardino. Erano le 22.30 circa del 9 agosto 2016. Nell’auto resteranno il corpo esanime dell’avvocato e, sul sedile posteriore, il suo fedele cane. 
Antonella Pagliuso, ha otto anni e mezzo più di suo fratello e spesso parla di lui al presente. 
«Io e lui eravamo una cosa sola. La mia vita si è fermata a quella maledetta notte – continua a ripetere – e quella presenza fissa negli ultimi giorni è sempre più forte. Il tempo che passa non aiuta a lenire il dolore». Poi la tempra prende il sopravvento e reagisce: «Oggi il legame che avevamo io e Francesco è diventato più forte, mi spinge a mandare avanti i nostri sogni: il lavoro che avevamo costruito. Abbiamo un solo obiettivo, la professione che è l’essenza di noi stessi». 
Una delle sue prime affermazioni dopo la morte di suo fratello fu: «Io vorrei guardare in faccia il suo assassino».
«E continuo a dirlo. Me lo auguro soprattutto per mio fratello che attende giustizia. Per me… conoscere il chi e il perché sarà doloroso come vederlo ucciso due volte. Ma mio fratello attende e merita che si faccia luce, che si lavori tutti con serietà e dedizione. Come faceva lui che aveva un motto: “Testa alta in udienza e testa bassa sulla propria scrivania”».

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Lei crede che il momento di guardare in faccia l’assassino si stia avvicinando?
«So che stanno lavorando senza risparmiarsi (l’inchiesta è condotta dalla Dda di Catanzaro che coordina le indagini di un pool dei carabinieri, ndr). Che lavorano da un anno in maniera costante sulla vicenda. C’è molto riserbo anche con noi ma è giusto che sia così, che si lavori in silenzio».
Ha seguito l’arresto del presunto assassino di Gregorio Mezzatesta? Si parla di una possibile correlazione tra l’omicidio compiuto a Catanzaro un mese fa e la morte di suo fratello. Cosa ne pensa?
«Certo che ho seguito la vicenda. La velocità e la professionalità con cui hanno lavorato mi lascia ben sperare sull’attenzione riservata a mio fratello. Sui presunti legami non lo so. Sono ipotesi e fino a un riscontro concreto restano aria fritta. Ma una cosa la so con certezza: Gregorio Mezzatesta era una persona onesta, dedito al lavoro, alla famiglia e ai figli. Una figlia ha fatto praticantato con Francesco e ha lavorato anche con me».
Per ricordare Francesco è nato anche un comitato.
«È nato per tenere alta la sua memoria, la memoria di un bambino prodigio. Mi creda, avvocati come lui ne nascono pochi. È sempre stato il primo della classe pur non essendo un secchione. Un bimbo che si è sempre distinto. E quando si è laureato all’università di Pisa è stato premiato tra i migliori laureati d’Italia per quell’annualità».
Eppure in tanti, durante i funerali criticarono aspramente l’assenza di molti rappresentanti, anche calabresi e lametini, delle istituzioni.
«Questa assenza, da sorella, mi è indifferente. Da cittadina mi colpisce di più. Io dico che ci vuole coraggio. D’altronde se la Calabria vive determinate situazioni e problemi è perché vige il pensiero del “tanto non è toccato a me”. Ma bisogna cambiare altrimenti non ci sarà futuro per i nostri figli. È necessaria una reazione da parte di tutti altrimenti ci saranno solo pochi eroi. E non sono gli eroi che ci aiutano ma cambiare seriamente mentalità». 
Lei un anno fa disse, rivolta all’assassino di suo fratello: «Mi hai sottratto la persona più importante della mia vita. Ma io ti auguro che Dio ti benedica».
«Sì. Io e i miei familiari non conosciamo sentimenti quali la vendetta. Non fanno parte di noi. Chi vive nelle tenebre è colui che annienta le vite degli altri. Se un giorno riuscirò a trovare la forza di pregare lo farò per quella madre che ha partorito un mostro. Lei ha bisogno di preghiere. Mia madre ha nel suo cuore l’amore per il figlio e un dolore che la devasta. Ma l’altra madre… se penserà a quando cullava quel figlio… oggi non può che provare brividi di paura. Sono loro che hanno bisogno di preghiere». 
C’è altro che si sente di aggiungere?
(sospira) «No, non è tempo di appelli e parole. Noi attendiamo. È dura attendere ma noi attendiamo».

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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