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Il Pd e la realtà inesistente di Magorno

CATANZARO Le ultime uscite di Ernesto Magorno sono un compendio efficace della mitomania applicata alla politica. Il giorno dopo la visita di Renzi a Diamante, il segretario regionale del Pd si era…

Pubblicato il: 10/08/2017 – 11:11
Il Pd e la realtà inesistente di Magorno

CATANZARO Le ultime uscite di Ernesto Magorno sono un compendio efficace della mitomania applicata alla politica. Il giorno dopo la visita di Renzi a Diamante, il segretario regionale del Pd si era affrettato a tratteggiare un partito unito, in cui vige l’armonia e la pace, al servizio esclusivo della Calabria; dopo la decisione di rinviare – per espressa volontà di molti esponenti dem – le sedute del consiglio regionale, dedicate al rinnovo della presidenza e alla questione migranti, Magorno si era perfino spinto a rivendicare una presunta “diversità” del Pd rispetto al centrodestra di Scopelliti e, sfidando l’ilarità dei più, ad affermare che il partito è orgoglioso – proprio così – del lavoro che stanno portando avanti Oliverio e la sua giunta. Mitomania pura, rappresentazione di una realtà che non esiste; se non nella mente di Magorno, certo. Il Pd non è unito e buona parte dei suoi colonnelli e tesserati non è per niente in sintonia con il presunto nuovo corso del governatore. 

I TANTI PD La triste realtà, che i mitomani tendono sempre a edulcorare, è che il Pd calabrese è balcanizzato. Nemmeno chi ci è dentro sa bene quante siano le correnti interne in lotta tra loro. C’è il blocco di potere – rappresentato da Oliverio, Nicola Adamo, Enza Bruno Bossio, Sebi Romeo – e poi ci sono tutti gli altri che provano a riorganizzarsi in vista dei congressi d’autunno. Magorno, che deve dimostrare a se stesso e all’ex premier che la Calabria era e può restare renziana, ha scelto di stare dalla parte del presidente della Regione, quasi ignorando le istanze e gli appelli degli altri Pd sparsi per le province e i territori.
A fare le spese di questa lotta fratricida è la Calabria. Il colpo messo a segno dai consiglieri regionali, che sono riusciti a far slittare il rinnovo dell’Ufficio di presidenza, altro non è che una paralisi strumentale dell’attività di Palazzo Campanella. Oliverio non vuole procedere con il rimpasto, non intende riaprire le porte della giunta agli eletti o ad altri “tecnici” da loro indicati? E noi blocchiamo l’Astronave e con essa tutti i provvedimenti dell’esecutivo che hanno bisogno dell’approvazione dell’assemblea. Proprio una mossa all’insegna dell’unità partitica, vero Magorno?
Dirimpetto alla Sigfrido di Oliverio e Adamo c’è quindi una Maginot ben strutturata, che vede in trincea altri pezzi da novanta e signori delle preferenze calabresi: basti pensare a Carlo Guccione, Antonio Scalzo, Vincenzo Ciconte, Mimmo Battaglia.

I CONTRASTI Ma i contrasti non sono mica solo interni al Consiglio e alla giunta. La spaccatura del Pd, la polverizzazione del suo essere partito, serpeggiano dai circoli (i vertici di quello di Lauria si sono dimessi dopo la debacle elettorale a Catanzaro) fino alle sezioni, passando per i Comuni e le Province. A Rossano, grande centro della Sibaritide, il braccio di ferro tra i dem e il sindaco Stefano Mascaro mette a rischio ogni giorno di più la tenuta dell’amministrazione. A Lamezia Terme, invece, l’inciucio tra alcuni consiglieri del Pd e la maggioranza ha permesso al primo cittadino – l’altro Mascaro, Paolo – di puntellare una consiliatura parecchio traballante. A Crotone, dopo la vittoria di Ugo Pugliese dello scorso anno, il Pd unito e orgoglioso di cui favoleggia Magorno praticamente non esiste più.
Tra i dissidenti vanno ormai annoverati altri due big del partito calabrese, i presidenti delle Province di Cosenza e Catanzaro, Franco Iacucci ed Enzo Bruno. Non due qualunque: il primo, fino a poco tempo fa, è stato il capo dello staff del governatore; il secondo, dipendente regionale, è addirittura entrato nella struttura di Sebi Romeo. Ora anche loro alzano la voce contro il Pd di Oliverio e Magorno, e qualcosa vorrà pur dire. Iacucci e Bruno non hanno lavato i panni sporchi in famiglia: sono andati a Roma, al Nazareno, al cospetto del coordinatore Lorenzo Guerini, per protestare con veemenza contro il modus operandi del presidente e l’esclusione delle due Province dai finanziamenti per l’edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti. Non è finita: Iacucci e Bruno, ormai sulle barricate, hanno sottoscritto un documento durissimo contro la Regione di Oliverio che non ha ancora attivato tutte le funzioni delle Province così come previsto dalla Riforma Delrio (ve lo raccontiamo in un servizio a parte). Magorno non si è accorto di nulla?

LE RIUNIONI Mentre il segretario regionale continua a tener chiusi gli occhi sulla realtà, il Pd degli uomini in carne e ossa si riorganizza, si incontra, programma qualcosa di diverso. È il caso dei cosiddetti Ricostituenti, un fronte interno composto da personaggi di peso come Agazio Loiero, Sandro Principe, lo stesso Guccione, Peppino Vallone, Demetrio Naccari Carlizzi, Mario Franchino, Cesare Marini: tutti insieme per dire no a Magorno e dire no a Oliverio. Le loro riunioni avvengono con sempre maggiore frequenza, e l’obiettivo nemmeno troppo nascosto è quello di allestire un’area politica strutturata che possa dire la sua nei congressi provinciali e alle prossime elezioni politiche. Per farlo, è necessario bombardare senza pietà. Chi? Magorno, naturalmente, e – in subordine – Oliverio: «Il partito democratico calabrese – hanno scritto i Ricostituenti nel loro unico documento ufficiale –, dopo le sistematiche sconfitte elettorali delle ultime tornate, non ha reagito e non ha proposto alcun messaggio per rappresentare i calabresi e aiutare il governo regionale a uscire dalla inefficacia delle politiche sin qui adottate. A dire il vero, il Pd non si è neanche riunito e ha cancellato tutti gli spazi democratici. È scomparso il luogo del confronto e si è così affievolita la spinta al cambiamento che animava i democratici dopo la sciagurata parentesi del governo Scopelliti».
Il rischio è quello «di un isolamento nel Pd nazionale» e di una «pericolosa divaricazione» dalle forze sociali della Calabria, «giustamente critici per l’assenza di una strategia condivisa e di un metodo comune di lavoro. A questo corto circuito concorre un sorprendente appiattimento e una inspiegabile sovrapposizione tra partito e istituzioni, tra ruoli politici e incarichi e cooptazioni istituzionali». 

I CONGRESSI La tensione cresce mano a mano che ci si avvicina alla data dei congressi, in programma per i primi di ottobre. Un appuntamento a rischio anche secondo l’area che si riconosce nelle posizioni dell’ex candidato alla segreteria Michele Emiliano, Fronte democratico, che intravede tutti i pericoli legati alla «corsa interna per potersi garantire posti utili alle prossime parlamentari o a qualsivoglia ruolo istituzionale. Siamo stanchi di congressi/conta, dove prevale la legge dei numeri e dove, peraltro, c’è il rischio, o la quasi certezza, che possano essere dopati da falsi tesseramenti. Fare il tesseramento sotto il solleone di agosto, favorirà la corsa ai pacchetti delle tessere da un lato mentre, dall’altro, allontanerà sempre di più la gente dalla partecipazione attiva alla politica». È la dimostrazione che il Pd calabrese non è un organismo compatto, quanto un partito vittima dei sospetti dei suoi tesserati e delle sue tante correnti. Magorno, però, ha sotto gli occhi solo la sua finta realtà. E serviranno a poco, probabilmente, i prossimi appuntamenti del partito, tra cui la conferenza programmatica (ultimo fine settimana di settembre) e, soprattutto, la Festa dell’Unità di Belvedere Marittimo. Ovvero la celebrazione di qualcosa che non c’è. 

Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it 

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