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Sempre agitate le acque del Pd

Continuano a essere agitate le acque nelle quali naviga il Pd calabrese. L’ondata di caldo africano, che si ostina ad interessare in particolare l’estremo lembo dello Stivale, non è stata sufficien…

Pubblicato il: 14/08/2017 – 11:22

Continuano a essere agitate le acque nelle quali naviga il Pd calabrese. L’ondata di caldo africano, che si ostina ad interessare in particolare l’estremo lembo dello Stivale, non è stata sufficiente a sfiancare gli uomini della politica. Un gruppo importante di dirigenti dei Giovani ha deciso di infrangere la riservatezza ed ha puntato l’indice contro la segreteria regionale accusando il Partito di «non essere riuscito a cambiare nulla e nulla cambierà se si continua a gestire così il partito». I firmatari lanciano accuse circostanziate esaminando le cause che secondo loro hanno determinato anche la sconfitta del Pd a Catanzaro «da ricercare per intero nell’organigramma regionale incapace di presentare per tempo persino la lista dei candidati alle amministrative del capoluogo».
I dirigenti dei giovani affondano il bisturi nella ferita ancora sanguinante e, impietosamente, indicano le cause del fallimento elettorale in tutti i grandi centri della Calabria a un’opera «figlia di uno sfilacciamento del tessuto partitico, ecco perché è importante fermarsi per comprendere i motivi per i quali le proposte del Pd sono risultate fallimentari; ma anche per risalire alle ragioni che hanno spinto tanti tesserati e tanti elettori ad allontanarsi dal partito che appare sempre più vicino ad una pericolosissima deriva ideologica».
Un j’accuse, quello dei giovani, che non risparmia alcuno e coinvolge l’intera classe dirigente sia regionale che nazionale responsabile “di aver elaborato le linee politiche con atti unilaterali”. Ecco perché si contesta loro la mancanza di un argine alla perdita degli stimoli dai quali può nascere un confronto sereno per ritornare a un partito capace di «salvaguardare la propria identità e la sua storia».
L’accusa arriva in un momento delicato per il Pd, ancora sotto shock per i risultati delle amministrative a Catanzaro (alcuni dirigenti giovanili, vicini a un consigliere regionale, farebbero bene a fare autocritica per le indicazioni di voto date), a Vibo Valentia, a Lamezia Terme, a Cosenza e a Crotone. Ecco perché gli occhi adesso rimangono fissi sul presidente Oliverio il quale ha il pallino in mano per fare strike e può mettere a tacere non solo gli oppositori del “regime”, ma anche le correnti interne al suo partito, soprattutto quelle occulte che sono le più pericolose, che non gradiscono il permanere della giunta fatta da “esterni” e sperano che si possa ritornare, il più in fretta possibile, a restituire agibilità politica ai consiglieri eletti dai calabresi.
Un problema di non facile soluzione che, secondo gli analisti, sarebbe stato alla base dell’impasse del Pd anche nelle recenti elezioni amministrative le cui motivazioni sarebbero riposte in gran parte proprio nel sentire sempre più distante il partito che non riesce più a interpretare e coagulare i bisogni della base e in questo gioca un ruolo anche il perdurare di una “giunta tecnica” alla Regione, considerata come una sorta di svilimento delle ragioni della sinistra nonostante fossero state vinte le elezioni. Una condizione avvertita come un segnale di allontanamento di frange del partito all’interno delle quali timidamente si parla di un doveroso ritorno all’antico. Mentre qualcuno, più audace, sostiene che “la ricreazione è finita” e si deve ritornare urgentemente ad una gestione politica di sinistra perché è quella che serve alla Calabria.
Un indicatore della sofferenza interna al Pd era stato il risultato del referendum definito come una catastrofe elettorale tanto da costare la Presidenza del Consiglio a Renzi. In quel caso si parlò di “responsabilità del Sud” e della sua classe dirigente, così che Renzi, in uno dei suoi consueti attacchi emotivi, apostrofò i calabresi come rei di aver voluto gestire il voto con la sola forza della clientela alimentando la schiera dei “no”. Fu anche, quella esperienza, motivo per invocare la conclusione di un ciclo politico con gli esterni. Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti e agli “appetiti” repressi si è anche aggiunto il dissenso feroce dei calabresi di fede “PDina” che mal sopportano di essere governati da persone, preparate quanto si vuole, ma al di fuori del consenso popolare.
A Cosenza come a Catanzaro, a Crotone come a Reggio, a Vibo e in tutti i centri importanti della Calabria, sembra che la parola d’ordine sia diventata “una diversa presenza del Pd nel processo evolutivo della regione”; il che potrebbe indurre il presidente Oliverio e il segretario Magorno a restituire al partito le leve della piena gestione politico-amministrativa per superare le differenti realtà territoriali dovute soprattutto alle persistenti pratiche campanilistiche e all’incapacità di convertire le tante realtà locali in un’unica regione, cause entrambe della storica arretratezza del territorio. E tutto ciò è accaduto e continua ad accadere per la mancanza di progettualità di un piano di sviluppo complessivo che tenesse conto delle diverse vocazioni delle Calabrie ricucito in un’ottica di unità regionale. Ciò avrebbe evitato le anacronistiche spartizioni a cominciare dagli istituti regionali che si sono rivelati in tal modo essere anacronistici e deleteri per un buon funzionamento della “casa” della politica.
Naturalmente questa è la realtà che stiamo vivendo e sarà impensabile ipotizzarne un’altra diversa nel breve tempo. Ciononostante è sempre più opportuno che attorno all’identità calabrese ci si ritrovi il più presto possibile per prendere le soluzioni per il futuro tenendo conto che i distinguo non solo generano divisioni, ma costituiscono alimento per quel processo di retroguardia che si chiama clientela. Una pratica alla quale siamo stati irresponsabilmente educati sin dall’immediato dopoguerra quando il Paese si preparava al grande salto verso la democrazia. Allora per necessità, oggi per consuetudine, ai cittadini non è data la possibilità di valutare gli effetti devastanti di quella macchina discriminatrice e dissennata che è appunto la clientela comunque esercitata. Un sistema che non tiene conto delle capacità di ciascuno emarginandoli da ogni processo evolutivo, privilegiando la mediocrità e l’insufficienza. Rimanendo inalterato il sistema avremo alimentato il potere contrattuale di pochi rinunciando però allo sviluppo e al futuro.
I risultati elettorali recenti, ma anche le inattese prese di distanze di personaggi chiave della realtà calabrese, la dicono lunga sullo stato di salute della politica che non riguarda solo i giovani, ma investe intere fasce di popolazione ultra quarantenne. E dovrebbe essere proprio questo a dare la sveglia per costruire una diversa e migliore condizione di vita. In ciò il Pd, a cominciare da subito, potrebbe fare da volano e contrastare quella scia velenosa che è già partita contro di esso.

*Giornalista

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