ROMA Tante cose da chiarire su Giustino De Vuono, il presunto killer – originario di Scigliano, nel Cosentino – a metà strada tra Br e malavita, indicato da molti come l’assassino di Aldo Moro tanto da spingere ora la Commissione parlamentare di inchiesta ad aprire un preciso filone di indagini affidate al giudice Guido Salvini. Il magistrato ha già fatto avere al presidente della Commissione, Giuseppe Fioroni, un primo elenco di proposte. Molti i nodi da sciogliere. Eccone alcuni: 1) Da subito De Vuono fu indicato, sulla base di indiscrezioni filtrate da magistrati e investigatori, come il killer che sparò a Moro. Ci sarebbe all’origine di questa indicazione un rapporto di polizia e carabinieri che avrebbe riassunto i molti elementi immediatamente emersi dopo il 9 maggio del 1978 e cioè; i colpi a raggiera attorno al cuore, quasi una sua “firma” (elemento questo confermato da testimoni in commissione); le testimonianze del 9 maggio che lo indicavano come colui che lasciò in via Caetani, insieme ad una giovane donna, la R4 con il cadavere del Presidente; i fotofith che vennero realizzati in base a quelle testimonianze; il fatto che su uno dei 3 fazzoletti trovati pressati tra il gilet e la camicia fu ritrovata una sua impronta digitale (come scrissero i giornali sulla base di precise indicazioni non smentite dalla polizia).
Il problema è che i tre fazzoletti, pur repertati e consegnati ai periti non si trovano più ma potrebbero essere proprio tra gli elementi entrati a far parte del rapporto inviato alla Procura Generale di Roma il 13 maggio. La commissione starebbe cercando il rapporto che univa, una volta tanto, Carabinieri e Polizia sia presso gli archivi della Procura, sia presso Polizia e Carabinieri. 2) Ci sono poi alcune foto di via Fani rintracciate nell’ambito di una ampia inchiesta giornalistica svolta dal sito Formiche.it che individuano il possibile volto di Giustino De Vuono. Si tratta di foto che vanno a inserirsi tra le molte serie di rullini del caso Moro che sono stati dimenticati, sono scomparsi o non adeguatamente valutati. In tutto si tratta di 11 foto e tutte sono state inviate alla commissione. La loro esistenza era stata indicata nel 1978 da un rapporto del Nucleo operativo dei Carabinieri di Via Trionfale presente negli atti della Prima Commissione Moro (voll. 30-39). Le foto però non erano allegate. Autore degli scatti fu un ottico di Via Stresa.
3) C’è poi il “giallo” della morte di De Vuono: infatti non esiste traccia della sepoltura dell’uomo che è deceduto il 13 novembre 1994, nel comune di Carinola, sede del carcere dove fino a poco prima di essere stato trasportato a Caserta, l’uomo era detenuto. Secondo l’inchiesta di un sito De Vuono non è sepolto a Carinola, a Caserta e neppure nella natia Scigliano. Rimane il fatto che De Vuono fu visto da testimoni entrati nel primo processo Moro in via Fani e in via Gradoli e fu inizialmente rinviato a giudizio per la vicenda ma fu scagionato solo sulla base delle affermazioni fatte dal primo pentito delle Br: Patrizio Peci.
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