COSENZA «Sono d’accordo con chi ha parlato di tragedia annunciata. Perché il tragico incendio di ieri nel centro storico di Cosenza ha messo a nudo una realtà fatta di degrado sociale, emarginazione e abbandono». Carlo Guccione sa che è difficile commentare le tre morti di corso Telesio. Sa che è complicato parlare a poche ore dal disastro. Sceglie di pesare le parole nella conferenza stampa convocata sabato pomeriggio, ma pensa che non si possa tacere: «Tragedie come queste possono ancora accadere perché sono frutto di mancanze strutturali. C’è un maldestro tentativo di rimozione del degrado sociale ed edilizio, associato a una forte sottovalutazione del fenomeno da parte di chi doveva intervenire negli ultimi sei anni». Ogni riferimento a Mario Occhiuto è puramente voluto. Il centro storico e le periferie sono pieni di “invisibili”; il nodo venuto al pettine «è il destino di questa città e una linea politica che marginalizza Cosenza nel nome di un racconto che non rappresenta la città così com’è». Il consigliere comunale di opposizione ricorda che «l’indice di degrado sociale segnalato dal Consiglio dei ministri vede Cosenza a 9,44. E a 9,9 come degrado edilizio. Ci sono difficoltà evidenti anche nei quartieri popolari». La rimozione, per Guccione, «è tesa a rappresentare una città che non c’è per dire che a Cosenza la situazione non è così allarmante. C’è il tentativo di mettere sotto il tappeto tutte le questioni che riguardano il degrado sociale e l’emarginazione attraverso operazioni di basso profilo. Non bastano le feste e le esibizioni in piazza Bilotti per nascondere i problemi di Cosenza».
Guccione sottolinea che, «senza un’inversione di tendenza, altre situazioni come questa si possono verificare. Serve una mappatura dei bisogni sociali e sanitari del centro storico. Una serie di palazzi è stata utilizzata per ospitare i rom: in che situazione vivono queste famiglie a via Lucrezia della Valle e Santa Lucia? È necessario intervenire. E parte consistente dei fondi per l’inclusione sociale deve essere utilizzata nel centro storico. Abbiamo chiesto alla giunta interloquire con la Regione per avviare una politica di recupero del centro storico con i fondi europei. Ma le nostre proposte non sono state accolte, lo dicono gli atti. C’è responsabilità oggettiva per quello che è accaduto e quello che potrebbe accadere».
Guccione e la parlamentare del Pd Enza Bruno Bossio chiedono alla magistratura di «fare presto e fare chiarezza: se ci sono responsabilità non si deve guardare in faccia a nessuno. È il momento di dare voce a chi non l’ha avuta, vogliamo la verità». La deputata spiega: «Quelle tre persone non sono morte perché erano dei miserabili che accendevano fuochi e avevano problemi mentali: la loro situazione è comune ad altri perché nel centro storico ci sono altre situazioni di degrado. Dobbiamo capire perché è successo. Lo deve capire la magistratura ma se ne deve fare carico anche la politica».
(L’interno di palazzo Compagna devastato dalle fiamme)
Quel palazzo (la dimora nobiliare della famiglia Bilotti Ruggi d’Aragona) «era stato inaugurato anche dalla giunta comunale. Possibile che nessuno si sia accorto che nell’ammezzato vivevano questi poveri morti per colpa di tutti noi?». Citare il palazzo, un pezzo del patrimonio della città che rischia di andare in pezzi significa arrivare in un attimo alle opere andate distrutte. «Mezzo millennio di storia della città», secondo Roberto Bilotti, proprietario dello stabile. «Quelle opere – continua Bruno Bossio – non erano lì per caso, ma probabilmente a disposizione di chi gestiva privatamente quella struttura. Un’altra operazione di facciata, di marketing. Anche su questi aspetti chiediamo che il lavoro della magistratura sia rapido». Invito rilanciato da Damiano Covelli, capogruppo della Grande Cosenza in consiglio comunale, e Luigi Guglielmelli, segretario provinciale del Pd. «Questo modello di città è basato sul maquillage, bisogna badare alla sostanza. E il centro storico deve smettere di essere un problema e diventare una risorsa».
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