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L’Espresso (ri)lancia l’idea di Minniti premier

L’idea non è nuovissima ma la suggestione dell’Espresso conferma che il nome di Marco Minniti si fa anche nei Palazzi romani. E la possibilità che il ministro calabrese si inserisca nella rosa dei…

Pubblicato il: 20/08/2017 – 8:25
L’Espresso (ri)lancia l’idea di Minniti premier

L’idea non è nuovissima ma la suggestione dell’Espresso conferma che il nome di Marco Minniti si fa anche nei Palazzi romani. E la possibilità che il ministro calabrese si inserisca nella rosa dei papabili premier dopo il voto del 2018 non è peregrina. Il presupposto: con l’attuale legge elettorale è quasi impossibile che gli schieramenti riescano a piazzare il proprio candidato presidente del consiglio. Troppi i veti incrociati perché Renzi, Berlusconi o Salvini ottengano un placet trasversale (posto che una larga maggioranza non appare plausibile, stando ai sondaggi). Dunque toccherà al presidente Mattarella fare un nome e una operazione non facile di moral suasion. E i ministri, scrive il settimanale, si stanno muovendo per tempo a caccia di alleanze. Minniti, in particolare, «è in continua ascesa. Celebrato dal New York Times e dai giornali berlusconiani, piace perfino al Fatto quotidiano». E le polemiche sulle Ong nel Mediterraneo non sembrano fermarlo. Marco Damilano ne riporta una frase facendola assurgere a slogan del titolare della delega all’Interno: «Posso fare errori e cazzate, ma non per inconsapevolezza, so benissimo quello che faccio». «Nei tavoli di gestione dell’ordine pubblico – si legge ancora – si muove a suo agio come un tecnico che però è dotato di sensibilità politica e di rapporti mai sbandierati ma solidissimi con la stampa. Gli apparati di sicurezza vedono in lui il vero capo, la sua parola sarà decisiva nella partita delle nomine (praticamente tutte in scadenza nel 2018, ndr). E qualcuno a questo punto si chiede se si fermerà qui: l’apprezzamento ricevuto da Quirinale, Palazzo Chigi e Vaticano fanno di lui uno tra i pochissimi ministri certo della riconferma (a meno che non ci sia un governo del Movimento 5 Stelle), ma non è detto che la sua scalata si fermi al Viminale». E in questa chiave si legge lo scontro ferragostano sullo stop alle Ong nei porti italiani con il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, uno scontro per il quale Renzi avrebbe «dato il via libera» alla polemica ferragostana del ministro. Ovviamente nella rosa offerta ai lettori non c’è soltanto Minniti. C’è lo stesso Delrio, che auspica un allargamento del centrosinistra. E non va dimenticato il ministro della Cultura Dario Franceschini, che da tempo manda segnali nel campo berlusconiano e vanta un vecchio rapporto con Mattarella. E ancora il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, molto attivo nel rivendicare alle politiche del governo a sé più che a Renzi. Come pure Carlo Calenda, sostenuto da ambienti confindustriali Luca Cordero. E l’Espresso, oltre a tenere in conto ovviamente l’ipotesi di una “conferma” di Paolo Gentiloni, lascia filtrare la possibilità che la sottosegretaria Maria Elena Boschi sia al lavoro (con il placet di Renzi) per rafforzare il suo potere nei ministeri e nel circuito dell’alta dirigenza statale, «il club esclusivo dei commis di Stato che sorvegliano promuovono o ostacolano le carriere dei politici». Tutte ipotesi in campo, inclusa quella del ministro calabrese dell’Interno. 

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