COSENZA Roberto Bilotti è apparso sul luogo della tragedia al venerdì sera. I corpi di Serafina Speranza, Roberto Golia e Antonio Noce non erano ancora stati estratti dall’ammezzato che, in parte, occupavano abusivamente nel cuore del centro storico. E per i cosentini, accanto alla perdita di tre vite dimenticate quasi da tutti, si apriva un altro dramma: una fetta del patrimonio culturale della città era andata distrutta. Sopra l’appartamento incendiato, infatti, era ospitata la biblioteca della famiglia Bilotti Ruggi d’Aragona. La residenza era una cornice utilizzata per festeggiare matrimoni. Ma, si scopre, anche uno scrigno pieno di tesori trasformati in cenere.
UN TESORO INESTIMABILE Lo riportano le agenzie: tra gli altri beni è stata divorata dal rogo la prima stampa del “De rerum natura iuxta propria principia” di Bernardino Telesio. A pensarci bene – lo ha scritto il docente di storia moderna Luca Addante in un documentato servizio pubblicato dal Manifesto – non è una perdita per il patrimonio culturale cosentino, ma italiano. Bilotti tiene una contabilità piuttosto precisa dei capolavori contenuti nella biblioteca arsa dal rogo. D’altra parte, spiega, era stato lì fino a poche ore prima del dramma: «La città perde tutto il suo patrimonio culturale. Parliamo di quadri, mobili, ma soprattutto dei manoscritti e delle pergamene originali di Telesio, Parrasio e Quattromani». E anche di Bernardino Bombini, oltre a 8 pergamene originali del ‘400 su Cosenza scritte in gotico». Un tesoro a pochi passi dai wedding party, in un palazzo nobiliare che, secondo il suo proprietario, era in una condizione di pericolo da otto anni: «Più volte ho denunciato l’accensione di fuochi all’interno dell’appartamento senza le dovute cautele, perché gli occupanti dovevano riscaldarsi, e segnalato tante situazioni di disagio, ma sono cadute nel vuoto», dice davanti alle telecamere della Rai.
UN TESORO SCONOSCIUTO Accanto al dolore per la perdita di tre vite, alle polemiche per il degrado del centro storico (e alla politica che si azzuffa senza aspettare neanche che i morti siano sepolti), Cosenza scopre quel tesoro. Non lo scoprono però soltanto i distratti cittadini. Neppure Mario Pagano, direttore della Soprintendenza archeologia, Belle arti e Paesaggio di Catanzaro, Cosenza e Crotone, pare informatissimo: «Conosco la famiglia Bilotti – spiega – e il loro amore per l’arte. Penso sia stato un duro colpo per Roberto che aveva deciso di aprire alla città la residenza. Ho visto opere d’arte di moderato valore, ma molto importanti per il patrimonio calabrese, mobili del ‘400 ed ero convinto di avviare la procedura per una dichiarazione di importante interesse. Sapevo dell’esistenza della biblioteca, seppur non ho avuto modo di visitarla e avrei segnalato alla Soprintendenza archivistica e bibliografica di Reggio Calabria la presenza dei testi. Purtroppo, non ne abbiamo avuto il tempo. Lunedì, al mio rientro in sede, contatterò Roberto Bilotti e farò di tutto per salvare e tutelare ciò che è rimasto». Pagano non ha mai visto la biblioteca né ha segnalato la presenza dei testi.
UN TESORO NASCOSTO Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto è ancora più esplicito. Mentre accusa il Pd di voler strumentalizzare la tragedia, dedica un passaggio al patrimonio culturale perduto: «Era una biblioteca con testi non inventariati né dichiarati, per cui non conosciamo con esattezza il valore se non per le dichiarazioni del proprietario Roberto Bilotti. Colgo l’occasione per lanciare un appello a chi detiene in casa, o in altri luoghi privati, testi importanti per la storia e la cultura cittadina, affinché possa farli custodire in siti più sicuri e sorvegliati». Solo Bilotti, dunque, conosce quella biblioteca. Neanche il primo cittadino – nonostante l’amministrazione abbia pensato a un progetto di valorizzazione della residenza storica – sa bene cosa sia andato perduto. Le parole di Occhiuto, poi, fanno sorgere un altro dubbio: possibile che quei libri, tra i quali c’è addirittura la prima copia stampata dell’architrave del pensiero filosofico di Telesio, non fossero inventariati né dichiarati (e, per di più, custoditi in un palazzo che il proprietario considera a rischio)? C’è uno slittamento semantico nelle parole del sindaco: il patrimonio, da sconosciuto, diventa “nascosto”.
(L’interno del palazzo nobiliare dopo il rogo, con i resti delle poltrone e dei mobili)
UN TESORO «IMPORTANTE, MA NON UNICO» Il filo della comunicazione si snoda fino a domenica sera. Quando, dalla “Residenza Ruggi d’Aragona”, arriva una nota che stigmatizza duramente le polemiche politiche e pare voler chiudere il caso. La pubblica l’Ansa alle 18,51. A leggerla bene, quella nota fa anche di più, perché finisce per ridimensionare anche la portata del tesoro distrutto: «Il patrimonio culturale andato perduto è certamente importante ma fortunatamente non unico, lo dimostra il fatto che da privati abbiamo già avuto l’offerta, ad esempio, di una copia del “De Rerum Natura” identica a quella interessata dall’incendio al fine di una successiva esposizione qualora vi fosse l’opportunità di ristrutturare palazzo Ruggi d’Aragona». Il libro andato in fiamme potrebbe addirittura tornare a Cosenza. E anche nel palazzo, seppure devastato dal rogo, non tutto è perduto: «Grazie all’intervento dell’imprenditore Renato Nuzzolo, il quale aveva provveduto a fare istallare porte tagliafuoco con un proprio investimento privato, si è evitato davvero l’irreparabile qualora le fiamme si fossero propagate all’intero edificio e a quelli adiacenti». Un disastro, insomma, ma più contenuto di quanto potesse apparire. Il libro perduto di Telesio diventa il libro ritrovato, gli altri capolavori sono importanti ma non unici. E Cosenza non ha perso «tutto il suo patrimonio culturale», come sembrava fosse avvenuto venerdì. In mezzo, il soprintendente dichiara di non conoscere quello scrigno dei tesori e il sindaco spiega che quei libri non erano dichiarati. Quello che conta, all’improvviso, è chiudere le polemiche.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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