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Vietati i funerali pubblici per il boss Libri

REGGIO CALABRIA Nessun pubblico omaggio, niente cortei, nessun oceanico licenziamento, con picciotti gregari ed amici in coda per rendere omaggio al boss e alla sua famiglia. Per decisione della Qu…

Pubblicato il: 01/09/2017 – 12:57
Vietati i funerali pubblici per il boss Libri

REGGIO CALABRIA Nessun pubblico omaggio, niente cortei, nessun oceanico licenziamento, con picciotti gregari ed amici in coda per rendere omaggio al boss e alla sua famiglia. Per decisione della Questura, il funerale di Pasquale Libri è stato celebrato questa mattina alle 7 in forma strettamente privata. Nessuno, se non i familiari più stretti, ha potuto parteciparvi, tanto meno usare l’occasione per pubblici passaggi di consegne dello scettro del comando, estemporanee riunioni d’affari, o per contro, rappresaglie. Un provvedimento ormai di prammatica nel reggino ma che continua a suscitare malumori fra i clan, che in questo modo hanno perso una delle occasioni che storicamente hanno permesso ai clan di mostrare il proprio potere sul territorio. Ma i tempi delle squadre di calcio con il lutto al braccio e dei funerali oceanici sono finiti. E il boss ha dovuto fare il suo ultimo viaggio in solitudine.
Quasi una beffa per Pasquale Libri, alla morte del fratello Mico erede della delicatissima carica di “custode delle regole”, ruolo fondamentale nella gestione dei nuovi assetti scaturiti dalla seconda guerra di ‘ndrangheta. Quel conflitto fratricida fra lo schieramento destefaniano e quello Condelliano, che in meno di 6 anni ha lasciato tre 800 morti sulle strade, si è concluso in nome della comune spartizione degli affari, del potere e degli appalti, con la creazione di un direttorio dell’elite dei clan reggini e precisi accordi di spartizione, normati da regole ferree. Regole di cui fin da principio i Libri si sono fatti garanti. Una posizione di peso per il clan schierato con i De Stefano fin dalla guerra con Mico Tripodi che ha forgiato la ‘ndrangheta nuova, ma dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti, sospettato di aver messo la firma sulla “tragedia” – l’autobomba che ha quasi ucciso Nino Imerti e di cui i De Stefano sono stati indicati come responsabili -, che ha segnato l’inizio del secondo grande conflitto della ‘ndrangheta reggina. Sospetti che tuttavia non sembrano aver inciso sul ruolo e sugli affari del clan, che sull’edilizia e sugli appalti pubblici ha costruito un impero.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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