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Sacal, la stagione dei bluff è finita

Sia pure con un decennio di grave e imperdonabile ritardo, la Calabria si è dotata di un sistema unico aeroportuale. In questa direzione spingeva l’Enac, spiegando che solo centralizzando la gestio…

Pubblicato il: 04/09/2017 – 15:17
Sacal, la stagione dei bluff è finita

Sia pure con un decennio di grave e imperdonabile ritardo, la Calabria si è dotata di un sistema unico aeroportuale. In questa direzione spingeva l’Enac, spiegando che solo centralizzando la gestione sotto una unica regia manageriale e societaria era possibile assicurare la competitività fin qui mancata e portare a quei tre milioni di passeggeri su base annua, soglia al di sotto della quale non poteva esserci produttività.
In questo va riconosciuto che la Regione Calabria, sia pure obtorto collo, ha operato con determinazione. Anche la scelta di mettere al vertice della costituenda società unica il prefetto De Felice, sia pure presa (anche questa) sotto l’incalzare delle vicende giudiziarie che hanno travolto e stravolto i vecchi organismi della Sacal, alla fine si sta dimostrando azzeccata.
Sta di fatto che oggi si affacciano in Calabria nuovi vettori e dimostrano interesse verso i tre scali, operatori che fin qui ne erano rimasti alla larga, a meno che non si riconoscessero loro prebende particolari.
Oggi si può pensare al grande salto: ci sono i soldi per la nuova aerostazione di Lamezia e per quella di Reggio Calabria; è finanziato il piano che trasferisce nel sedime aeroportuale lo snodo ferroviario di Lamezia Terme; viene rispolverato il piano strategico della Iata che, per potenzialità tecniche e orografiche, individua Lamezia come possibile terzo (se non addirittura secondo) hub nazionale. Ma soprattutto c’è l’interesse di fondi internazionali a investire sul sistema aeroportuale calabrese, mettendoci soldi veri e relazioni transnazionali. Insomma, c’è chi guarda a questa realtà come a una grossa opportunità di sviluppo e per questo già lavora a piani industriali che danno un senso ai tre scali calabresi. C’è tutto questo e poi c’è la famiglia del signor Caruso, che dal settore del gioco d’azzardo intende transitare nella gestione di sistemi aeroportuali complessi e nel farlo intende dettare le regole e sistemare i paletti.
Caruso, e chi in queste settimane è impegnato a lodarne le gesta come ieri ha fatto con gli imprenditori che lo hanno preceduto ai vertici della Sacal, ha stabilito che la Sacal non deve mettere naso fuori da Lamezia, insomma da aeroporto internazionale deve retrocedere a scalo… comunale. Come tutti gli imprenditori amano fare, Caruso a sostegno della sua tesi porta i bilanci in rosso presentati dalla Sacal, dimenticando che quei bilanci sono eredità della gestione dissennata di altri suoi colleghi imprenditori e che negli anni i soldi per ripianare le perdite li hanno messi i calabresi. Tutti i calabresi, non solo quelli residenti a Lamezia Terme. Dimenticando, ancora, che la Sacal non è proprietaria neanche di uno spillo perché tutte le infrastrutture sono state realizzate con soldi pubblici. Comodo gestire i soldi degli altri senza mai mettere a rischio i propri.
Osserverà il signor Caruso che lui di soldi ne ha messi, circa trenta milioni di euro. Benissimo, ma i bilanci non erano già in rosso quando acquistò le nuove quote? Non ha sgomitato per avere tali quote approfittando della colpevole distrazione dei soci pubblici che non seppero (o non vollero) avvalersi del diritto di prelazione?
E tuttavia se Caruso vuole riavere i suoi soldi può sempre rivenderle le sue quote, non avrà difficoltà a farlo, a meno che… A meno che non vi siano dietro le barricate, alzate in questi giorni dalla famiglia Caruso, altre ragioni ed altre strategie. E comunque il pallino torna in mano alla politica e in particolare torna in mano alla Regione Calabria e più in particolare in mano a Mario Oliverio.
Autorizzi un aumento di capitale vero. Apra a investitori che credono nel progetto globale. Gente che sta valutando bene cosa capita a Reggio con la crescita di un polo industriale attorno alle Officine meccaniche. Che usa il compasso e scopre che la via d’accesso alle Eolie non è… Catania. Che le crociere adriatiche non possono valutare i porti calabresi senza contare su un aeroporto di appoggio.
Non tra un mese ma già nei prossimi giorni, rappresentanti di autorevoli fondi di investimento incontreranno il presidente della Sacal per manifestare il proprio interesse a entrare nell’azionariato. Porranno una sola premessa: il taglio degli investimenti non potrà essere inferiore a trecento milioni di euro. L’obiettivo è duplice, dotare la società unica di gestione della liquidità necessaria per affacciarsi sui mercati internazionali e liberarsi di tutta quella zavorra che con lo 0,1 di capitale ha per decenni gestito tutto il baraccone. La stagione dei bluff deve finire per lasciare spazio a quella della serietà.
Intanto, una mano potrebbe darla anche la famiglia Caruso: mentre si straccia le vesti per un passivo di 1,4 milioni di euro, provi a a dare un’occhiata al fascicolo dei contratti per le concessioni nel sedime aeroportuale lametino. Scoprirà che applicando normali parametri commerciali quel buco di bilancio lascerebbe spazio a un cospicuo attivo. Sì, perché una delle prerogative degli imprenditori che hanno fin qui amministrato la Sacal era quella di trarre a sé ogni vantaggio, caricando i costi (e i mancati ricavi) sul pubblico. Tutti i costi, anche quelli più ludici. Era una forma di ludopatia diversa da quella che affligge i clienti della famiglia Caruso, ma non sapremmo come descriverla diversamente. 

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