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Calabria, regione che spreca senza produrre futuro

La Calabria è sempre più simile ad una vecchia auto degli anni ’50. Bella a vedersi, scomoda a viaggiarci, ma soprattutto dall’esagerato consumo. Tre km con un litro di benzina e un kg d’olio al me…

Pubblicato il: 11/09/2017 – 7:28
Calabria, regione che spreca senza produrre futuro

La Calabria è sempre più simile ad una vecchia auto degli anni ’50. Bella a vedersi, scomoda a viaggiarci, ma soprattutto dall’esagerato consumo. Tre km con un litro di benzina e un kg d’olio al mese erano i prezzi da pagare per metterla in moto. Il tutto a fronte di prestazioni che lasciavano a desiderare e un inquinamento alle stelle.
Ebbene sì, la Calabria consuma troppo per produrre nulla, deturpando le ricchezze che possedeva. A cominciare dal territorio ridotto ai minimi termini di decenza da una politica urbanistica funzionale a favorire i predatori lasciati liberi nel rendere invivibili oltre 700 km di costa. Non solo. Nel renderli impraticabili a quegli imprenditori del turismo lungimirante che, per esempio, hanno fatto della Puglia la terra dei miracoli.
Proviamo ad immaginare per un attimo cosa sarebbe successo oggi con una gestione programmata e corretta delle ricchezze naturali. Saremmo diventati attrattivi di tutto il turismo internazione, vendendo loro il mare stupendo che avevamo e che è andato a farsi benedire per colpevole incuria. E ancora. Una montagna che, ancorché non attrezzata delle grandi cime, ha poco da invidiare a quelle medie altitudini che fanno altrove incetta di turisti pregiati, intendendo per tali quelli che garantiscono l’accesso ai luoghi nella continuità.
Per non parlare delle mete culturali, uniche al mondo. Con l’archeologia, che rintraccia nella Sibaritide (che si divide anziché divenire un soggetto unico attrattivo!) la sintesi di quanto la Calabria possa contare nel mondo intero, al punto di attrarre la folla sul nostro territorio. Una archeologia da vivere «a vela», con quella forza motrice che portò la Calabria di ieri a divenire la meta, la capitale riconosciuta della Magna Grecia. Quell’arrivo dal mare che, se ben costruito, avrebbe meritato oggi l’approdo delle grandi crociere in transito ma anche un via vai di attività da diporto intelligente, ovverosia di chi arriva, dimora e spende. Un po’ quella che era nell’idea dei Laghi di Sibari, consumati anche essi dalla solita insana e sadica trascuratezza generale riguardo a tutto ciò che è potenzialmente produttivo di ammirazione, benessere e occupazione.
Insomma, dalle nostre parti la politica – fatta di gente che difficilmente avrebbe potuto, altrimenti, sbarcare il proprio lunario – si è specializzata nel consumo fine a se stesso piuttosto che nella «produzione». Ha generato così un danno inimmaginabile. Lo ha fatto negoziando in cambio di voti il posto pubblico, diretto ovvero per il tramite delle cooperative dal sapore di autentico e becero caporalato. Lo ha fatto ancora facendo cattivo uso della previdenza non contributiva, garante di pensioni di invalidità a pioggia e assegni di accompagnamento non sempre debiti, e con le prebende conseguenti alla disoccupazione usata come mestiere. Il tutto a fronte dell’offesa sistemica della meritocrazia e della imprenditoria privata, intendendo per tale anche gli artigiani, gli agricoltori e i piccoli commercianti, oramai rasi al suolo, impediti ad andare avanti e costretti a cedere il passo, nella corsa alla contribuzione comunitaria, a chi imbroglia per contratto e di chi attrae risorse agevolate per collusione organizzata a sistema.
Se a tutto questo aggiungansi i mali della tutela della forestazione e della manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua, senza programma ma con tanto assistenzialismo al seguito, diventa facile comprendere il dramma della regione che, nel Paese, più consuma nell’inutilità. Al riguardo, ne è incontestabile testimonianza la mancata salvaguardia dagli incendi e dagli alluvionamenti che hanno crocifisso il suo verde e quelle poche importanti infrastrutture esistenti, oltre che fare morti innocenti. Senza contare, nella tolleranza generale, gli indegni consumi di democrazia, di regole istituzionali, di occasioni di lavoro per i giovani e dei diritti dei lavoratori.
Così facendo la Calabria ha consumato e continua a consumare persino le speranze! 

 

*docente Unical

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