REGGIO CALABRIA «Le siamo grati per le parole non scontate di decisa condanna nei confronti della ‘ndrangheta e, più in generale, dei comportamenti mafiosi e di quella finta e ipocrita “religiosità mafiosa”. La sacrilega ritualità religiosa paventata dai mafiosi ignora il vero cuore della fede e cioè: cessare di fare il male, imparare a fare il bene, ricercare la giustizia». Giuseppe Falcomatà si rivolge così al vescovo dell’arcidiocesi di Reggio-Bova, Vittorio Mondello. E dopo il saluto a don Giorgio Costantino, il sacerdote aggredito a maggio nei pressi della sua parrocchia, entra nel vivo dei discorsi sulla mafia. «Questa nettezza di condanna – dice – traccia una rassicurante linea di demarcazione con certe connivenze del passato quando alcuni pastori, in anni di guida di una diocesi o di una parrocchia, non osavano pronunciare mai la parola “mafia” o “’ndrangheta” o “camorra”. Ed è del recente passato l’impegno comune di Chiesa e Stato, in ogni rispettiva articolazione – soprattutto in questa terra – volto a erigere una barriera contro la violenza mafiosa, togliendole gli alibi religiosi delle processioni e dei santuari (Polsi ne è un’attestazione esplicita)».
Falcomatà si rivolge anche «alle persone che amano questa città, anche accompagnandosi con l’afflizione di non poter o dover vivere in piena libertà i momenti di svago e di socialità che offre. Privazioni, solitudini, che spesso sono la risultante di una situazione di svantaggio oggettivo, e altre, invece, frutto di sofferte decisioni legate al delicato incarico pubblico rivestito o, ancora, derivanti dalla necessità di tutela per l’essersi opposti all’illegalità. In tutti i casi, l’amministrazione comunale, con semplicità di linguaggio afferma: siete solitari ma non siete isolati». È una “risposta” implicita alle esternazioni del procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho («Questo è un territorio nel quale non si possono avere rapporti con altre persone. Perché quello che caratterizza la ‘ndrangheta è la sua capacità di confusione, d’infiltrazione e inquinamento dei vari settori: economico, politico e sociale. Quindi bisogna vivere sempre da soli»).
«Il nostro cuore pulsa con il vostro – dice il sindaco di Reggio nel discorso in occasione dell’offerta del Cero votivo alla Madonna – e nel quotidiano impegno volto a valorizzare e dare piena cittadinanza al diritto (dovere) di vivere la socialità; di passeggiare, di visitare siti culturali e musei e di godere a pieno della straordinaria bellezza del nostro patrimonio; o madre, lavoriamo con costanza per favorire una reale inclusione sociale e la piena cittadinanza».
Falcomatà dedica un passaggio anche al concetto di «appartenenza alla città». «Oggi l’appartenenza – spiega – deve significare l’unione tra persone semplici e di buona volontà. Soltanto attraverso questa comunione d’intenti possiamo rivendicare il diritto (dovere) di essere costruttori di speranza. Un lavoro che non può escludere nessuno perché nessuno, di fronte alle sofferenze di questa città, può girarsi dall’altro lato ritenendosi assolto. Perché per quanto ognuno possa ritenersi tale sarà per sempre coinvolto proprio perché la città è una e non possono esistere non luoghi. Oggi i non luoghi ci sono e sono, purtroppo, luoghi di sofferenza, di solitudine, di marginalità e di degrado. Penso, ad esempio ad Arghillà. Anche oggi, rinnoviamo l’impegno da amministratori a restituire dignità a chi abita questa parte di città. Arghillà, che ha la bellezza di cui solo i vinti sono capaci, la limpidezza delle cose deboli e la solitudine, perfetta, di ciò che si è perduto, è una tappa cruciale del cammino di rinascita di questa città e, in quanto tale, appartiene a tutti noi. Soltanto se ognuno si sentirà coinvolto, riusciremo a tradurre in fatti concreti le parole di chi, come don Italo Calabrò, per gli ultimi ha speso la propria vita, e cioè: nessuno escluso, mai. Parole che oltre a essere presenti nei nostri cuori, oggi diventano un rinnovato impegno politico e morale».
Il sindaco si rivolge ai propri concittadini: «Questa amministrazione compirà fra qualche mese il terzo anno del suo mandato, e percepiamo ancora forti e irregolari i battiti dei nostri concittadini e quel sentimento di inquietudine nella domanda che risuona nelle nostre orecchie: “sentinella, a che punto è la notte?” E se nei primi due anni le parole che hanno caratterizzato il nostro impegno sono state riconciliazione e coraggio, quest’anno ti rivolgiamo una preghiera in più: quella di infondere fiducia nel nostro popolo».
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