Va in onda in questi tre giorni la ‘Leopolda’ del presidente Oliverio: una fitta sequela di tavole rotonde, ognuna tesa a dimostrare il progresso raggiunto o in procinto di essere raggiunto grazie al lavoro della giunta e della sua squadra di tecnici. Tutti muratori del grande Cantiere Calabria che, dall’energia allo sport, passando dalla cultura, stanno (ri)mettendo in piedi la nostra regione, spesso buon ultima, come sappiamo, in tutte le classifiche e rating di cui ci deliziano le varie agenzie specializzate. Cantiere e dunque, come i cantieri del secolo scorso, rigorosamente di genere maschile. Parliamo di imprese, progetti visioni, futuro da costruire o già in corso: è affare di uomini. Certo non si può fare a meno delle figure istituzionali (deputate, consigliere regionali) né delle segreterie sindacali (anche se femmine), ma poi basta. Perché in un cantiere tutto è definito e programmato, e la preoccupazione deve essere mettere in sicurezza l’opera e chi ovviamente partecipa alla costruzione, nel nostro caso l’attuale compagine amministrativa e il suo operato.
Lo stesso però, presidente, non possiamo non farle notare quanto questa sua manifestazione sia totalmente carente di un pezzo fondamentale della realtà calabrese: le donne. Che in questa occasione sono poco meno di dieci su circa cento relatori. Una realtà che in questa regione opera, pure riconosciuta nel mondo accademico, delle professioni, dell’associazionismo, delle imprese, della cultura. Se analogo biasimo – conclude la lettera aperta – va formulato nei confronti di quelle organizzazioni e corpi intermedi che nell’aderire ad un programma scelgono più volentieri relatori che non relatrici, da lei, presidente, ci saremmo aspettate uno spazio più equo che superasse, nel disegno della manifestazione, metodi di prevalente cultura maschile. Spesso basterebbe solo alzare lo sguardo e riconnettersi con il contesto, riconoscerne le potenzialità e infine essere disponibili all’ascolto.
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