CATANZARO La vicenda che vede indagati il direttore amministrativo dell’Asp di Catanzaro, Giuseppe Pugliese, e dei due ufficiali di polizia giudiziaria, Franco Santoro e Massimo Lucia, accusati di corruzione in atti giudiziari e falso ideologico in atto pubblico, ha sullo sfondo la denuncia sporta nel 2016 da un figlio per la morte della madre affetta da una grave patologia tumorale. Ripetutamente la famiglia aveva chiesto al management dell’Asp di Catanzaro l’autorizzazione a poter sottoporre la donna a un protocollo sanitario “adroterapico” alla Fondazione Cnao di Pavia. Senza ricevere nessuna risposta da parte dell’Asp.
Dopo la morte della paziente la famiglia ha formalizzato una denuncia-querela alla Procura della Repubblica di Lamezia Terme nel quale si prospettavano possibili responsabilità penali nei confronti di Mario Catalano, già direttore generale pro tempore dell’Azienda sanitaria, di Giovanni Paladino, direttore del distretto sanitario di Lamezia Terme e del direttore amministrativo Giuseppe Pugliese, indagato nell’attuale procedimento. A questo punto il pubblico ministero di Lamezia Terme delega il responsabile di quella sezione di polizia giudiziaria di procedere all’identificazione delle tre persone indicate nella denuncia, Pugliese, Paladino e Catalano. Il funzionario a questo punto subdelega la sezione di polizia giudiziaria Nisa di Catanzaro e del compito di identificare i tre viene incaricato, il 29 febbraio 2016, l’operante di polizia giudiziaria Francesco Santoro.
Ma Santoro – stando alle ricostruzioni della Guardia di finanza coordinata dal pm di Catanzaro Fabiana Rapino – non si sarebbe limitato al suo compito. In primo luogo avrebbe provveduto a identificare Pugliese e Catalano solo il 16 marzo successivo e avrebbe redatto, in più, un’annotazione di servizio volta a evidenziare l’estraneità di Pugliese rispetto ai fatti sui quali si stava indagando. Il 24 marzo vengono iscritti nel registro degli indagati Catalano e Paldino, con esclusione del Pugliese.
TROPPE “ATTENZIONI” VERSO PUGLIESE Due fatti sottolinea il gip riguardo alla vicenda: il ritardo con il quale Santoro avrebbe portato a termine il semplice compito di identificazione dei soggetti «nonostante avesse contattato telefonicamente Pugliese e Catalano (che in quel momento si trovava all’estero)» senza sollecitare l’adempimento dell’obbligo di presentarsi in Procura e procedere alla loro generalizzazione ma concedendo tempo soprattutto al direttore amministrativo dell’Asp che si trovava in sede.
Secondo il gip Santoro avrebbe accordato «al Pugliese del tempo affinché potesse predisporre una difesa o quantomeno una ricognizione documentale dei fatti». Infatti «Pugliese era l’unico dei dirigenti a conoscere il motivo della sua identificazione e della necessità di nominare un difensore di fiducia, tant’è vero che è stato l’unico a premunirsi di atti utili alla difesa». In più, secondo il gip è che «giammai il Pugliese avrebbe potuto conoscere con certezza l’oggetto delle indagini intraprese dalla Procura di Lamezia Terme, ma se mai soltanto ipotizzarle».
Inoltre la nota di polizia giudiziaria firmata da Santoro, ricca di approfondimento tecnico giuridici sulla posizione del direttore amministrativo dell’Asp e volta ad escludere ogni responsabilità dell’uomo sulla vicenda dell’ammalata viene realizzata dopo un incontro con Massimo Lucia, che in quei giorni non doveva essere in servizio perché in ferie, e dopo una telefonata col fratello di Pugliese che da l’avvocato.
In più, annota il gip Barbara Saccà, lo stesso giorno in cui Santoro riceve l’incarico avvisa Giuseppe Pugliese. «Dobbiamo vederci – viene registrato in una conversazione telefonica –. No, ma è una cosa tua, ho bisogno di vederci da soli un attimo».
Il tre marzo, nel corso di un’altra conversazione, Pugliese afferma: «Quindi secondo me ci vuole un po’ più di tempo per guardare tutte le carte… Però a questo punto io ho tutto il malloppo di carte e magari ce lo guardiamo prima».
Secondo il gip Santoro «è evidentemente interessato alla sola posizione del Pugliese». Una conversazione lo confermerebbe: «Vabbé, l’importante è, tu a me interessi Giuseppe», avrebbe detto, «dobbiamo chiudere la tua parte immediatamente così vai e ti togli da tutti gli impicci che tu non hai fatto. Punto».
In sostanza, l’accusa asserisce che Santoro avrebbe messo a disposizione di Pugliese il carteggio relativo all’indagine, dandogli tempo per predisporre una memoria che sarebbe poi confluita nella annotazione di servizio della pg.
L’ASSUNZIONE DELLA FIGLIA DI SANTORO Nello stesso periodo Pugliese si sarebbe interessato all’assunzione della figlia di Santoro in un’azienda fornitrice di servizi per l’Asp di Catanzaro, il cui amministratore avrebbe rapporti di amicizia con Pugliese. «Facciamo sti tre mesi di prova e poi in qualche modo la sistemiamo», dice l’amministratore Filippo Pietropaolo il 29 marzo 2016 conversando con Pugliese.
Lo stesso Pietropaolo, sentito a sommarie informazioni dagli inquirenti, dichiara: «Ricordo che allorquando il dottor Pugliese mi segnalò la ragazza, lo stesso mi evidenziò che l’argomento gli interessava particolarmente, ovvero, gli era utile, evidentemente perché aveva un certo rapporto con Santoro… Ritengo senza dubbio che se non fosse stato per l’intervento del dottor Pugliese non avrei mai assunto neanche in prova Silvia Santoro».
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