REGGIO CALABRIA Nuovo colpo contro il clan Longo di Polistena. Beni per 10 milioni di euro sono stati sequestrati ai familiari di Salvatore Domenico Tassone, considerato imprenditore del clan e condannato, prima della morte, per associazione mafiosa e omicidio e per questo in passato destinatario anche di un provvedimento di confisca dei beni. Un provvedimento – hanno scoperto gli uomini del Gico – che Tassone ha tentato di dribblare grazie alla complicità del figlio Francesco Tassone, della moglie Giuseppina Rugnetta e della nuora Maria Assunta De Maria, individuati come teste di legno di beni e attività, oggi finite sotto sigilli. Accusati di intestazione fittizia di beni, i familiari di Tassone sono stati anche raggiunti da misure di prevenzione personali. Per il figlio dell’imprenditore, il tribunale di Palmi ha disposto un provvedimento di divieto di dimora in Calabria, mentre la moglie e la nuora sono da oggi sottoposte all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Grazie ad intercettazioni telefoniche e ambientali è emerso che Tassone, nonostante i provvedimenti di confisca che negli anni lo hanno raggiunto, ha gestito fino alla sua morte l’impresa agricola formalmente intestata alla moglie. Pur non rivestendo alcun incarico formale all’interno dell’azienda, l’imprenditore impartiva ordini e direttive ai lavoratori, contrattava con i clienti la vendita di legname e si preoccupava della manutenzione dei mezzi. Nel corso degli anni, la ragione sociale dell’impresa è stata per altro trasformata e ampliata al settore commerciale, in modo da consentire la successiva attribuzione di beni (di rilevante valore), altrimenti difficili da giustificare. Si è trattato – hanno scoperto i finanzieri – di “un’evoluzione” necessaria per permettere a Tassone di disporre di quei beni, che l’azienda negli anni gli ha sempre messo a disposizione in comodato d’uso gratuito.
Tuttavia – hanno dimostrato le indagini del Gico – la rete di complici e teste di legno su cui Tassone potesse contare non si limitava solo ai familiari. L’imprenditore ha infatti concordato la compravendita occulta di 371 ettari di terreni attraverso la stipula di un simulato contratto di affitto di fondo rustico con Paolo Vittorino Vilardi e Vittorino Pelli, che hanno acconsentito ad apparire formalmente come proprietari. Un “trucchetto” che ha permesso a Tassone di disporre giuridicamente e di fatto dei terreni dribblando nuovi sequestri, reso possibile dalla stipula di un fittizio contratto di affitto agrario. Formalmente, l’impresa di Tassone – o meglio della moglie – aveva solo affittato un fondo rustico e vari appezzamenti, che in questo modo per anni sono “sfuggiti” alle maglie delle misure di prevenzione. O almeno così è stato fin quando le intercettazioni telefoniche e ambientali non hanno svelato il trucco, permettendo agli investigatori di comporre il quadro che ha portato al sequestro eseguito oggi.
x
x