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«Comanda la Calabria, a Milano cosche in franchising»

MILANO Con il maxi blitz di oggi contro la ‘ndrangheta in Lombardia «è stata individuata una delle persone che era rimasta fuori» dagli arresti dell’operazione “Infinito” del 2010 e che partecipò n…

Pubblicato il: 26/09/2017 – 13:56
«Comanda la Calabria, a Milano cosche in franchising»

MILANO Con il maxi blitz di oggi contro la ‘ndrangheta in Lombardia «è stata individuata una delle persone che era rimasta fuori» dagli arresti dell’operazione “Infinito” del 2010 e che partecipò n quell’anno al noto summit in un centro intitolato alla memoria di Falcone e Borsellino. Lo ha spiegato il procuratore aggiunto della Dda Ilda Boccassini in conferenza stampa precisando che un altro dei dati emersi dalle indagini «purtroppo è la violenza gratuita» manifestata dagli affiliati alle cosche. Ignoto 23 è «Fortunato Calabrò», già coinvolto nel processo “Infinito”. Lo ha detto il pm, Alessandra Dolci. Anche lui partecipò al summit di Paderno Dugnano nel 2010 per decidere il sistema di potere della mafia calabrese al nord. A chi le ha chiesto se si tratti di un sistema indipendente rispetto a quello calabrese ha risposto che in realtà «dalla Calabria si continua ancora a comandare» e che l’organizzazione assomiglia piuttosto a un «franchising». La posizione di Calabrò non era stata approfondita ma grazie alla «dedizione di un ufficiale dei carabinieri e stato identificato». Su questo è intervenuto anche il procuratore aggiunto Ilda Boccassini: «Le persone che se la sono “scampata” dall’indagine Infinito hanno continuato a esser mafiosi, che agivano, che commettevano reati e quindi – dato preoccupante che va tenuto presente – si comincia, si nasce, si va avanti» all’interno della struttura mafiosa. «Solo la morte porta nella condizione di essere persone diverse. Oppure un caso di collaborazione con la giustizia che però in questo frangente non c’è».

MILIONI A SAN LUCA In un mese riuscivano a piazzare sul mercato oltre 50 chili di cocaina e a inviare un milione di euro a San Luca. Sono solo alcuni dettagli del traffico di droga gestito dagli appartenenti alla “locale” di Mariano Comense emersi nell’indagine della procura di Milano e Monza. I carabinieri hanno scoperto che i trafficanti erano per lo più originari di San Luca e custodivano armi in un appartamento di Cabiate (Como) che usavano come base logistica. «Due kalashnikov?», chiede in un’intercettazione uno degli arrestati. La risposta è semplice: «Il mitra! Li ha buttati giù nel garage. Sì ma io pensando dopo… il kalashnikov è arma da guerra, se mi trovano mi fanno il c…». Nel corso delle indagini sono stati sequestrati 7,5 chili di cocaina e 400mila euro in contanti. Questa mattina, durante una perquisizione a Carugo (Como) a casa di Giuseppe Giorgi, uno degli arrestati, i militari hanno trovato 120mila euro nascosti nell’intercapedine del pavimento. 

MANTOVANI INDAGATO L’ex vicepresidente della Lombardia, ora consigliere regionale di Forza Italia, Mario Mantovani, già arrestato due anni fa in un’altra inchiesta, è indagato per corruzione (non gli vengono contestati reati di mafia) in un filone dell’indagine che stamani ha portato a un maxi blitz contro la ‘ndrangheta. Da quanto si è saputo, l’accusa riguarda i suoi rapporti con l’imprenditore Lugarà, che avrebbe assicurato anche l’appoggio di Mantovani «al fine di sponsorizzare e reperire consenso» per Edoardo Mazza poi eletto sindaco di Seregno, per ottenere dal politico, una volta diventato primo cittadino, una “speciale” variante al piano urbanistico comunale e una «risoluzione celere della pratica urbanistica» per la costruzione di un centro commerciale dell’ex area Orto che aveva una diversa destinazione d’uso nel comune della Brianza.
«Ciao Mario ti ringrazio molto per la vittoria di Seregno è anche merito tuo quando puoi ti vorrei incontrare». È il testo di un sms che Lugarà ha inviato nel giugno del 2015 a Mantovani. Dagli atti, infatti, emerge che «il giorno successivo il ballottaggio, da cui usciva vincitore Mazza», il sindaco di Seregno avvisava l’imprenditore Lugarà «della vittoria e quest’ultimo ringraziava Mantovani per il suo determinato supporto». Stando all’ordinanza, Mantovani sarebbe stato «all’epoca il politico di riferimento di Lugarà». 

ALLARME ISTITUZIONALE Ha sottolineato il «pregnante allarme istituzionale» all’interno del Comune di Seregno e in particolare nell’Ufficio Tecnico dove «le contaminazioni tra interessi pubblici e interessi privati» avrebbero coinvolto «pressoché l’intero establishment politico e amministrativo operante», il gip di Monza Pierangela Renda, nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato ai domiciliari, tra gli altri, Edoardo Mazza, il sindaco di Fi del Comune della Brianza accusato di corruzione e ai domiciliari il consigliere forzista Stefano Gatti. 
Nel filone di indagine coordinato dalla Procura di Monza – l’altro filone è della Dda di Milano – come evidenzia il giudice monzese, il costruttore Antonio Lugarà, anche lui in cella, «sin dal febbraio 2015 ha portato avanti in maniera sistematica una pratica di costante captazione del consenso dei pubblici ufficiali del Comune di Seregno – si legge nell’atto – di volta in volta retribuiti» con «prebende» e «utilità». 
Quanto a Mazza, ribadisce il giudice, «il supporto elettorale ricevuto nelle competizioni elettorali del giugno 2015» ha «costituito l’occasione concreta per controbilanciare il mercimonio della pubblica funzione (specificatamente consistito nell’adozione ed approvazione del piano attuativo) per altro da lui rivestita sin da prima in qualità di assessore all’edilizia».

IL SINDACO È emerso un totale asservimento del sindaco di Seregno nei confronti dell’imprenditore indagato, al quale aveva promesso l’approvazione di una variante di destinazione d’uso del piano di governo del territorio comunale, in funzione della costruzione di un supermercato». Sono le parole del pm di Monza Salvatore Bellomo sull’accordo che sarebbe intercorso tra l’imprenditore Lugarà e il sindaco di Seregno. «L’imprenditore sta nel sottobosco, utilizza la propria credibilità dal punto di vista delle conoscenze criminali, “chi deve sapere sa” – ha proseguito il magistrato titolare del fascicolo partito dalla costola di Infinito – l’imprenditore parla al sindaco come fosse il suo zerbino».
Bellomo poi spiega come «gli atti del sindaco e del Stefano Gatti, quest’ultimo eletto proprio per fare gli interessi dell’imprenditore, abbiano portato l’intera amministrazione comunale a compiere atti contrari ai doveri di ufficio». Infine il pm ha concluso: «Dirigenti e dipendenti avevano il dovere di segnalare gli illeciti, invece si prostravano al volere del sindaco senza farsi forza dei loro poteri». L’indagine, secondo Bellomo, «è arrivata a conclusione nonostante il traditore individuato nei nostri uffici».
È infatti spuntata anche una “talpa” nell’inchiesta della Procura di Monza e della Dda di Milano. L’addetto allo Sdas (sezione definizione affari semplici) della Procura di Monza Giuseppe Carello è stato messo ai domiciliari con l’accusa di favoreggiamento personale per avere, tra le altre cose, rivelato nel febbraio 2016 al costruttore Antonino Lugarà, «il quale si faceva poi parte attiva nel comunicarlo ai diretti interessati, oltre l’iscrizione nel registro degli indagati, l’esistenza di di attività di intercettazioni a loro carico, avvertendoli di prestare attenzione nel corso delle conversazioni telefoniche».

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