Non è un manifesto, ma quasi. Non è l’annuncio ufficiale di una discesa in campo, ma manca tanto così che lo diventi. Non è una chiamata a raccolta della società civile, però l’editoriale di Bernardo Misaggi ha il sapore di un avviso, di un’affermazione precisa. “Io ci sono”, dice il chirurgo reggino trapiantato a Milano. Anzi, ci sono sempre stato. «Da trent’anni – scrive Misaggi su Panorama – dall’inizio della mia professione di medico, torno in Calabria ogni mese. Insomma, ho sempre dato il mio contributo, non solo medico ma anche politico». Un avviso preventivo a chi – forse anche nello schieramento forzista, al quale Misaggi si iscrive – potrebbe contrastarne il passo in avanti riferendosi a una sua presunta distanza dal territorio. Ha intenzione di esserci, il medico della famiglia Berlusconi. E ricorda che il suo primo tentativo – quello del 2010 – andò a vuoto anche per interventi che con la politica non dovrebbero avere nulla a che vedere: nel processo “Mammasantissima” – dice – «sono emerse intercettazioni e testimonianze che dimostrano la volontà delle cosche di ostacolare la mia candidatura a governatore della Calabria proposta da Silvio Berlusconi». Forza Italia preferì Giuseppe Scopelliti che, sempre stando alle captazioni dell’inchiesta della Dda, era vicino al sistema che comandava davvero a Reggio Calabria. La citazione di Berlusconi aiuta anche a introdurre, nell’intervento pubblicato dal settimanale, il mini pantheon calabrese di Misaggi. Che cita due magistrati e un ex giudice come «anticorpi» per eccellenza. Sono Gaetano Paci, procuratore aggiunto di Reggio Calabria «intervenuto nelle scuole di Milano per parlare di mafia ai giovani», il capo della Procura distrettuale di Catanzaro Nicola Gratteri e il giudice Romano De Grazia, che «con il suo centro studi Lazzati si è fatto promotore di un disegna di legge sul voto di scambio politico-mafioso all’esame della Camera per la definitiva approvazione». Legalità, antimafia, rapporti tra clan e politica. Sembra l’incipit di un programma elettorale.
Il resto è una critica puntuale dell’operato di Oliverio. Partendo dalle vacanze monstre del consiglio regionale, l’analisi di Misaggi mette nel mirino i ritardi del governatore nella formazione della giunta, «la scelta assurda di non nominare assessori nei settori chiave del Turismo e dell’Agricoltura». «Fin dall’inizio – scrive – la sua unica preoccupazione è stata quella di ottenere la nomina di commissario alla Sanità per mettere le mani su una torta di potere che rappresenta l’80 per cento del bilancio regionale, oltre che un enorme serbatoio clientelare». Parole da “leader” dell’opposizione. Opinioni che Misaggi appesantisce con un’altra considerazione: «Quello attuale, lo dico con rammarico, è il momento storico più buio della politica calabrese. Uno stallo che rappresenta una mancanza di rispetto per i calabresi e per una terra che vive grandi emergenze». In opposizione a questo panorama desolante, il chirurgo evidenza che «c’è una magistratura che lavora per portare alla luce le commistioni tra mafia, massoneria e politica». Di nuovo la legalità, contrapposta all’immobilismo addebitato a Oliverio e alla burocrazia. Un editoriale, un (quasi) manifesto per la candidatura che, secondo molti osservatori verrà. E anche un modo per dire a “nemici” e amici (in primis i vertici calabresi di Fi, che vedono come candidato il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto) che Misaggi c’è. Anzi, c’è sempre stato, anche se il “suo” partito non lo voleva. (ppp)
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